Strada degli Alpini: differenze tra le versioni

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Storia della via: siccome era austroung.
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Questi due ottimi rocciatori erano stati incaricati dalla sezione Cadorina del Cai di individuare un passaggio logico che permettesse il collegamento fra i due grandi valloni del Popèra, quello occidentale e quello orientale. I due specialisti individuarono la via giusta e aprirono così all'escursionismo di alto livello uno dei percorsi più celebrati delle Dolomiti. Il famoso percorso in croda fu poi attrezzato con corde metalliche e scalette a cura della sezione di Padova del CAI e inaugurato sei anni dopo, esattamente il 18 settembre 1932.
 
Servì anche, e soprattutto, per unire, attraverso il passo della Sentinella, il rifugio Zsigmondy in alta val Fiscalìna (allora chiamato rifugio Mussolini e in seguito [[rifugio Zsigmondy-Comici]]) al rifugio Olivo Sala al Popèra passando dalla provincia di Bolzano a quella di Belluno attraverso il vecchio confine di Stato fra il Regno d'Italia e l'Impero austro-ungarico.<ref>Italo Zandonella Callegher, ''La valanga di Selvapiana'', Corbaccio 2008</ref> Fu decisa la costruzione di questa via, in quanto le truppe italiane non riuscivano a penetrare nel territorio austriaco dal [[passo di Monte Croce di Comelico]].<ref name=pareti>[http://www.paretiverticali.it/FERRATE%20HTML/FERRATA%20SENTIERO%20ATTREZZATO%20STRADA%20DEGLI%20ALPINI.htm Descrizione via ferrata e storia] su ParetiVerticali.it</ref>
 
La strada degli Alpini fu resa militarmente praticabile dai soldati italiani, guidati dal maggiore [[Italo Lunelli]] (al quale le autorità Italiane diedero il falso nome di Raffaele Da Basso, essendo un irredentista), sul versante ovest di [[Cresta Zsigmondy]] e di [[Cima Undici]]; intagliata per lunghi tratti nella roccia a forza di braccia, la [[cengia]] servì per raggiungere e fortificare le postazioni sulla cresta di Cima Undici durante la preparazione dell'attacco al passo della Sentinella, posto tra la [[croda Rossa di Sesto]] e [[cima Undici]], che segnava all'epoca il confine italo-austriaco.<ref name=pareti/><ref name=grande>Zandonella Callegher Italo, ''La valanga di Selvapiana. La Grande Guerra: l'eroismo degli Alpini nelle Dolomiti del Comélico.,'' 2008, 314 p., Editore Corbaccio.</ref>
 
Nell'agosto e nel settembre [[1915]] ci furono i primi vaghi tentativi di prendere il passo, ma fallirono tutti. Nella primavera fu deciso di utilizzare il piano Venturi, che prevedeva la conquista del passo con una manovra a sorpresa dall'alto. Per l'esecuzione del piano furono costruite due basi, sulla forcella Giralba e sul [[Gruppo del Popera|Creston Popera]]. A marzo si procedette con l'occupazione di Cima Undici, posizionandovi anche un pezzo da 65&nbsp;mm, una mitragliatrice e un lanciabombe. Il 13 aprile il generale Venturi emanò l'ordine definitivo, e l'attacco fu fissato per il 16 del mese, che effettivamente iniziò alle 5.30 del mattino, e finì con la resa degli austriaci. L'attacco fu portato a termine da soldati appartenenti a diversi corpi, tra cui i [[Mascabroni]] del capitano Giovanni Sala.<ref name=grande/>