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Negli Stati Uniti del secondo dopoguerra, la musica assunse un ruolo cruciale nelle proteste contro il [[Segregazione razziale negli Stati Uniti d'America|segregazionismo]] e a favore del [[Movimento per i diritti civili degli afroamericani|movimento per i diritti civili degli afroamericani.]] Pete Seeger riprese il brano ''“I’ll Overcome Some Day”,'' modificando alcune parti del testo, e il titolo in ''"We Shall Overcome"''. Il brano originale era stato scritto nel 1901 dal pastore afroamericano Charles Albert Tindley. La versione di Seeger divenne, ed è ancora oggi, sfruttata da più movimenti di protesta, anche a causa della sua melodia facile da replicare e delle ripetizioni presenti nella struttura del brano. Il brano assunse presto una grande rilevanza, tanto che [[Martin Luther King Jr.|Martin Luther King]] ne citò alcune parole in un discorso del febbraio 1965. Nello stesso anno, anche il presidente americano [[Lyndon B. Johnson]] citò i primi versi del brano quando firmò il [[Voting Rights Act]].<ref>{{Cita web|url=https://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2016/04/we-shall-overcome-lawsuit/478068/|titolo=Who Owns 'We Shall Overcome'?|autore=David A. Graham|sito=The Atlantic|data=2016-04-14|lingua=en-US|accesso=2020-12-06}}</ref>
Gli anni Sessanta furono un periodo fondamentale per la musica di protesta. Il già citato folk subì le influenze di altri generi come il [[gospel]] e il [[Rock|rock.]] A partire dal 1963, i brani di Bob Dylan, Joan Baez e [[Phil Ochs]] ispirarono un'intera generazione. <ref name=":1" /> Tali brani mostravano ancora il sostegno per la lotta per i diritti civili e contro le discriminazioni. Successivamente, con l'inizio della Guerra in Vietnam, iniziarono veicolare idee dichiaratamente pacifiste. Con l'evolversi dei movimenti di contestazione, le canzoni di protesta divennero sempre più popolari. Tra i brani di Bob Dylan che lo resero la figura più rilevante del genere ricordiamo, oltre alla già citata "''Blowin' in the Wind",'' anche ''[[The Times They Are a-Changin' (singolo)|"The Times They Are a-Changin' "]],'' la ballata [[The Lonesome Death of Hattie Carroll|''"The Lonesome Death of Hattie Carroll"'']] o ''"A Hard Rain's A-Gonna Fall",'' un avvertimento contro i pericoli del nucleare. Nel giro di pochi anni, le canzoni di protesta persero l'interesse del grande pubblico, i testi divennero sempre meno importanti e non più rivolti a una specifica questione, ma al malcontento generale. Nel 1965, inoltre, Dylan abbandonò la chitarra acustica in favore di un suono più moderno. Nacque così un nuovo genere, il [[folk rock]]. Scelse di non cantare più canzoni di protesta, rivendicando la propria indipendenza artistica dai problemi della nazione. Nella seconda metà del decennio, le canzoni di protesta avevano non erano più passate nelle maggiori radio. La guerra ancora in coro, però, portò altri autori a comporre brani in cui esternare sentimenti pacifisti. Tra gli altri, si ricoordano ''"Waist Deep in the Big Muddy"'' di Pete Seeger, ma anche ''"We Didn't Know"'' di Tom Paxton, brano del 1965 in cui la popolazione americana viene accusata di fingere di non essere consapevole delle atrocità commesse in Vietnam durante a guerra. <ref>{{Cita pubblicazione|nome=Jerome L.|cognome=Rodnitzky|data=2008-07-24|titolo=The sixties between the microgrooves: Using folk and protest music to understand American history, 1963–1973|rivista=Popular Music & Society|lingua=en|accesso=2020-12-06|doi=10.1080/03007769908591755|url=https://www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/03007769908591755?needAccess=true&}}</ref>
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