Teoria dell'identità: differenze tra le versioni
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I teorici dell'identità, al contrario, pensano di superare questo pseudo-problema affermando che gli stati mentali non sono altro che stati cerebrali e quindi tutte le proprietà della mente sono in realtà possedute dal cervello.
Questo poneva i teorici dell'identità nella particolare situazione di negare l'esistenza dell'[[introspezione]] soggettiva e delle qualità esperite "fenomenologicamente" dal soggetto (i cosiddetti ''[[qualia]]'', ovvero qualità delle esperienze appartenenti al mondo essenzialmente privato del [[Soggetto (filosofia)|soggetto]], come i [[colore|colori]] o i [[sapore|sapori]]). In tal senso, gli stati mentali non erano altro che disposizioni a fare azioni peculiari determinati dagli stati cerebrali. Questo significava che lo stato mentale di un individuo si riduce allo stato cerebrale e al comportamento che questo stato determina.
La teoria dell'identità accolse anche la sfida dei ''qualia'' e cercò di darne una soluzione compatibile con la propria epistemologia. Così, lo stato mentale del dolore ''è'' uno stato cerebrale che può consistere, per esempio, nella scarica di specifiche fibre nervose (fibre-C). Da questo punto di vista avvertire del dolore ''è'' avere le fibre-C che scaricano o vedere il rosso ''è'' avere certe cellule della [[corteccia cerebrale]] in uno stato specifico ([[teoria dell'identità tipo-tipo]]).
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