San Vincenzo (Genova): differenze tra le versioni

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=== L'Ottocento ===
Pur inglobato entro la cerchia muraria, il quartiere fino al [[XIX secolo]] non ebbe a subire cambiamenti significativi. Il principale insediamento abitativo rimase quello lungo la via principale, mentre il resto della piana ebbe una destinazione soprattutto agricola, con poche modeste abitazioni che si estendevano fino al colle di Carignano. L'unico edificio di qualche rilevanza nella zona detta "Abrara"<ref>Toponimo derivato da un termine [[longobardi|longobardo]] che indicava un terreno suburbano coltivato a prato ({{collegamento interrotto|1=[http://www.treccani.it/vocabolario/braida/). Braida in Vocabolario – Treccani] |datedata=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref><ref>{{citazione|''I genovesi a indicar questi luoghi usavano ed usano dire ''in a brea'' (nella braida), e male italianizzarono i moderni scrivendola contrada di ''Abrara''.''|[[Federico Alizeri]], "Guida artistica per la città di Genova", 1846}}</ref> (attuale via Cesarea e strade limitrofe) era l'antica chiesa di “S. Martino de via“, in seguito S. Maria della Pace, che sarebbe stata poi demolita per fare spazio all'ampliamento urbanistico di fine secolo.
 
Il [[Genova (ampliamento urbanistico del 1825)|piano urbanistico]] predisposto dall'architetto [[Carlo Barabino]] nel 1825, volto ad estendere la città verso levante superando i limiti della città medioevale trovò, pur tra varie difficoltà, una prima parziale applicazione solo tra gli [[anni 1830|anni trenta]] e [[anni 1840|quaranta]], sotto la direzione di [[Giovanni Battista Resasco|G.B. Resasco]], che dopo la morte del Barabino, nel 1835, gli era succeduto nel ruolo di architetto civico.
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==== Teatro Margherita ====
{{vedi anche|Teatro Margherita (Genova)}}
Il [[Teatro Margherita (Genova)|Teatro Margherita]], costruito originariamente nel 1854 su disegno dell'architetto Orsolini,<ref name=grondona>[https://books.google.it/books?id=NaEN6idUMuYC Guida di Genova], Grondona, 1866</ref> e inaugurato nel 1855. Descritto come "magnifico" già nella sua prima edificazione,<ref name=grondona/> si trovava appena fuori dalla Porta degli Archi, nei pressi dell'attuale Ponte Monumentale. Chiamato in origine "Teatro [[Andrea Doria]]", capace di duemila spettatori, nell'ultimo decennio dell'Ottocento fu ribattezzato "Politeama [[Margherita di Savoia|Regina Margherita]]", in onore della consorte del re [[Umberto I di Savoia|Umberto I]]. Il teatro, a cui si accedeva da via XX Settembre attraverso un portale aperto al civ. 18 della via, fu rimodernato nel 1938; distrutto da un bombardamento nel 1943, fu ricostruito tra il 1954 e il 1957.<ref name="padovano">Aldo Padovano, ''Il giro di Genova in 501 luoghi'', 2016, Newton Compton. ISBN 978-88-541-9955-2</ref> Inaugurato nuovamente nel 1957, era destinato alla [[prosa]] e alla [[Teatro di rivista|rivista]] ma in attesa della ricostruzione del [[Teatro Carlo Felice]], anch'esso distrutto dai bombardamenti della [[seconda guerra mondiale]], per trent'anni ospitò anche i [[Concerto (evento musicale)|concerti]] e gli [[opera lirica|spettacoli lirici]] del Teatro Comunale dell'Opera.<ref name=padovano /><ref>{{collegamento interrotto|1=[http://www.bcr.puglia.it/apulia/documenti/materiali/quaderni-cut/Quaderni%20CUT%20-%20n.%2006%20-%201968%20-%20Teatri%20in%20Italia.pdf Quaderni del Centro Universitario Teatrale di Bari, Quaderno n. 06 - 1968, Teatri in Italia] |datedata=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>
 
Nel 1991, con l'inaugurazione del ricostruito Teatro Carlo Felice, e venuta quindi meno la stagione della lirica, il teatro ospitò soprattutto spettacoli di prosa, commedie, teatro moderno e concerti. Continuò le rappresentazioni fino alla metà del 1993, quando la proprietà decise di vendere la struttura. L'ultima rappresentazione fu ''Pop a rebelot'' di [[Paolo Rossi (attore)|Paolo Rossi]], spettacolo messo in scena appositamente "ad oltranza", per tentare di salvare le sorti del teatro, con [[Enzo Jannacci]] e [[Dario Vergassola]].<ref name=padovano /> Tramontata fra le polemiche l'ipotesi di una ristrutturazione, la struttura fu modificata e adattata per ospitare un centro commerciale della catena [[Coin]], inaugurato nel 1998.<ref>[[Corriere della Sera]], ''All'ultimo respiro (del teatro)'', Daniela Grondona, 7 giugno 1993, pag 25</ref>
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[http://books.google.it/books?id=w0FFAAAAYAAJ&pg=PR5&lpg=PR5&dq=%22Bernardo+Laviosa%22&source=bl&ots=TVmVNya3kU&sig=amcqfpmD2E0zNj1lufrobi5zjXc&hl=it&sa=X&ei=x6y_T5i-Jo_64QTF_LX0CQ&ved=0CFgQ6AEwCQ#v=onepage&q=%22Bernardo%20Laviosa%22&f=false C. Solari, Biografia di P. Bernardo Laviosa, in Memorie dell'Accademia delle scienze, lettere ed arti di Genova, Volume 3, Genova, 1814]</ref>
[[File:Genova S_Spirito abside.jpg|thumb|left|upright=0.7|L'ex chiesa di Santo Spirito, vista da via Tollot]]Nel 1771 in alcuni locali attigui al convento la nobildonna Argentina Imperiale aveva fondato la “Casa delle Addolorate“, in cui erano ospitate ex [[prostituta|prostitute]] che intendevano cambiare vita.<ref name="Alizeri"/><ref name="itinerari_portoria"/><ref>
{{collegamento interrotto|1=[http://www.provincia.genova.it/servlets/resources?contentId=111990&resourceName=Allegato-pdf F. Martini, “Perché i diritti abbiano cittadinanza”, a cura dell'Ufficio Pari Opportunità e Politiche Sociali della Provincia di Genova, Genova, 2008] |datedata=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>
 
Dopo la soppressione del convento l'edificio, oggi corrispondente al civico n. 53 di via San Vincenzo, mutò varie destinazioni d'uso: divenne prima Scuola di Carità, destinata all'istruzione dei fanciulli del quartiere<ref name="Alizeri"/>, poi sede di istituti scolastici e più recentemente sede di varie attività commerciali.<ref name="itinerari_portoria"/>