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Come sappiamo, la guerra causa sofferenza, i problemi sono molteplici (fame, sete, paura) e la maggior parte dei soldati arrivavano alla follia. Essi avevano costantemente paura della morte (provavano anche molta ansia) e ciò portava a incubi terrificanti a ripetizione come se la mente fosse incantata. Tutto ciò durava anni ed era come una sorta di loop mentale, il trauma veniva rivissuto da svegli ma soprattutto da dormienti, non avendo così un momento di pace. Nella prima guerra mondiale, a causa di tutto ciò, iniziò anche il fenomeno dell'automutilazione. I soldati, piuttosto di continuare a vivere l'orrore della guerra, si sparavano in posti non vitali (come ad esempio mani o piedi) per uscire dalle trincee ed essere portati a farsi curare. Divenne una pratica così comune che i capitani degli eserciti approvarono la legge marziale: qualora ci fosse stato il sospetto di una persona che si fosse provocata una ferita da sola e non in guerra, veniva immediatamente fucilata. <ref name=":5"> {{cita libro | nome=Valerio | cognome=Castronovo| titolo=''Nel segno dei tempi, MilleDuemila'' | anno=2015 | editore=La Nuova Italia | città=Firenze|p=102-103}} </ref>
Tutto questo viene aggravato dal fatto che la prima guerra mondiale è stata una guerra di logoramento e le tecniche di combattimento utilizzate erano inefficaci. I soldati stavano all'interno delle trincee con il fango, sacchi, filo spinato aspettando il momento dell'attacco dettato dal capo. Quando era il momento di attaccare, uscivano tutti dalle trincee per cercare di arrivare a quelle nemiche ma senza alcun esito: i soldati venivano uccisi e decimati senza far accadere niente. In qualche modo non venivano mandati a combattere ma venivano mandati a morire sul campo da guerra, restandoci, la maggior parte, solamente qualche secondo. Inoltre, spesso i generali degli eserciti non erano persone sensibili. Basti pensare, ad esempio, a [[Luigi Cadorna|Luigi Cadorna]] con la [[Battaglia di Caporetto|disfatta di Caporetto]]. Cadorna è sempre stato disprezzato in quanto non è stato un buon generale, era molto crudele e rigido e non ha mai avuto a cuore i suoi soldati. Ad esempio le lettere che i soldati mandavano dovevano contenere solamente le informazioni che già si trovavano sui giornali italiani e dovevano trasmettere un forte entusiasmo per la guerra (chi non rispettava tali regole veniva incarcerato). Aumentarono le condanne a morte (dal 1915 al 1917 furono eseguite circa 140 esecuzioni capitali) a causa, inizialmente, di spionaggio. Successivamente invece anche cause meno gravi furono comunque punite con la condanna a morte (ad esempio se i soldati venivano sorpresi a spettegolare sulle scelte del generale).
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Una guerra conosciuta soprattutto per essere stata quella con più casi di depressione è la [[Guerra del Vietnam|guerra del Vietnam]]. Nei soldati, aumentò fortemente l'apatia e il senso di inutilità, per non esser stati in grado di aiutare i compagni in difficoltà. Oltre a ciò, si fecero più ricorrenti ricordi e incubi che facevano rivivere le esperienze più traumatiche del passato, influendo gravemente sulla memoria e la concentrazione dei sopravvissuti. I soldati, spesso, a fine guerra, decidevano di abbandonare le proprie famiglie per paura di compiere atti violenti nei loro confronti, concludendo la propria vita in isolamento, con i propri pensieri.
Molti veterani vietnamiti furono intervistati sulle loro esperienze di guerra in quanto gli psichiatri desideravano sapere perché alcuni furono in grado di superare tale trauma mentre altri si ritrovarono incatenati dai ricordi. Si notò che molti di essi riuscirono a guarire perché durante la loro esperienza furono accumunati dal pericolo condiviso scambiandosi fotografie e lettere, instaurando rapporti di amicizia. Questi legami affettivi, però, venivano spesso stroncati dalla morte immediata sul campo, creando così nei sopravvissuti un senso di inutilità per non essere stati in grado di proteggere i compagni caduti. Infatti, secondo molte esperienze riportate nel testo "The Traumatic Nevrosis of War" di Abram Kardiner, psicanalista statunitense, i veterani rispondevano a tali avvenimenti con atti di vendetta, in quanto accecati dalla frustrazione. Molti di essi si recavano di notte nei villaggi nemici uccidendo così bambini innocenti, stuprando le donne e sfogando la loro rabbia su di essi e questi soggetti, al rientro in patria, avevano grosse difficoltà nelle relazioni interpersonali in quanto sommersi dalla vergogna per gli atti commessi. <ref name=":6"> {{cita libro | nome=Bessel | cognome=Van der Kolk| titolo=''Il corpo accusa il colpo: mente, corpo e cervello nell'elaborazione delle memorie traumatiche'' | anno=2014 | editore=Raffaello Cortina Editore | città=Milano|p=13-21}} </ref>
Alla fine della guerra gli ambulatori psichiatrici furono invasi dai veterani che desideravano risolvere i propri traumi per poter ritornare alle proprie vite. Ciò però non ebbe gli esiti sperati in quanto i medici, non qualificati, provocavano un vero e proprio flashback senza portare una reale guarigione. Inoltre, i farmaci prescritti funzionavano a malapena e anche per questo motivo furono costretti ad abbandonare il trattamento rifugiandosi nell'alcolismo, in abuso di sostanze, depressione e persino schizofrenia.
Oggi però è stato ipotizzato, secondo uno studio pubblicato su [[The Lancet|Lancet Neurology]], che questi traumi sono in realtà causati da lesioni fisiche al cervello derivate dal rumore incessante delle esplosioni (aumentò di conseguenza l'insonnia; vivere costantemente con i rumori delle mitragliatrici, bombardamenti aerei, bombe esplosive, ha completamente alterato la fase dormiente). Per effettuare la ricerca è stato esaminato il cervello di 8 ex soldati deceduti, dopo qualche anno dalle esplosioni, dimostrando così lesioni, non visibili alla risonanza magnetica e alla TAC, nelle zone del cervello che interessano la memoria, le abilità cognitive e il sonno. <ref name=":7"> https://www.focus.it/cultura/storia/i-traumi-di-guerra-nel-cervello-non-nella-mente, Chiara Palmerini, ''I traumi di guerra nel cervello, non nella mente'', 15 giugno 2016, 29 dicembre 2020 </ref>
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