Giancarlo Rittmeyer: differenze tra le versioni
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Nel 1958, sotto la direzione di Pancini, aveva seguito con altri tecnici la costruzione della [[diga del Vajont]] e delle opere annesse. Terminata la costruzione della diga, nel 1960 venne trasferito presso la direzione del servizio costruzioni idrauliche a [[Venezia]], con incarichi specialistici, che a volte lo facevano salire anche al Vajont. Pur lavorando, riusciva a frequentare la vicina [[Università Ca' Foscari Venezia|università di Ca' Foscari]] e stava per laurearsi in [[architettura]].<ref name=rivis>Luigi Rivis, ''Vajont. Quello che conosco perché allora ero un addetto ai lavori e quello raccontato da altri'', Belluno, Momenti AICS, 2018, pp. 55-57.</ref>
Nel 1963, come dipendente dell'[[Enel]]-Sade, era capocantiere alla Digonera, a [[Caprile]].<ref>{{cita web|url=http://caprilenelledolomiti.com/2016/02/26/lo-stop-ai-lavori-della-diga-di-digonera/|titolo=Lo stop ai lavori della diga di Digonera|data=26 febbraio 2016|accesso=18 maggio 2020}}</ref> Da qualche settimana, era ritornato al Vajont con un suo collega, il geometra Giuseppe Pesavento.
Insieme ai colleghi Gianfranco Baccichetto, Pesavento, Valentino Bruno Rossi e Angelo De Pra, si era sempre sentito spiegare da Pancini, come da Biadene, che la frana sarebbe scesa a fette, a blocchi, e quando si fosse appoggiata dall'altra parte non vi sarebbe stato più nulla da temere. Così continuava a lavorare, anche se faceva certo impressione notare ormai a vista d'occhio il movimento del terreno, il dilatarsi delle fessure, l'inclinarsi degli alberi.<ref>Mario Passi, ''Vajont senza fine'', Baldini Castoldi Dalai, 2003, p. 160.</ref>
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