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Terminato il festival rimase la questione del rinnovo del contratto di [[Moritz de Hadeln]] e [[Ulrich Gregor]]: come già avvenuto nel 1983, la conferma di quest'ultimo alla guida del Forum non fu messa in discussione mentre quella di de Hadeln non fu altrettanto scontata. Ancora una volta si trattò di una questione politica, legata soprattutto alle forti obiezioni da parte della SPIO, l'organizzazione dell'industria cinematografica tedesca, al suo sostegno ai film di [[Reinhard Hauff]] e [[Herbert Achternbusch]], oltre che a ''[[Günter Wallraff - Ganz unten]]'' di [[Jörg Gfrörer]]. La SPIO propose la candidatura di Eberhard Hauff, direttore del Festival del cinema di [[Monaco di Baviera|Monaco]], ma stavolta de Hadeln poté contare sul sostegno della Berliner Arbeitskreis Film, del dipartimento per film e media dell'[[Akademie der Künste]] e del gruppo di lavoro dei nuovi produttori cinematografici tedeschi. Alla fine i contratti di Gregor e de Hadeln furono entrambi rinnovati per altri cinque anni.
* 1987
La ''Berlinale'' del 1987 fu fortemente influenzata dai cambiamenti che stavano avvenendo in [[Unione Sovietica]] e dalle politiche di [[Mikhail Gorbaciov]], che avevano portato ad allentare le tensioni Est-Ovest e a compiere importanti progressi anche nel settore cinematografico. Il riformatore Aleksandr Kamshalov era stato nominato presidente della commissione cinematografica di stato "[[Goskino]]" e la rinnovata Unione del cineasti era presieduta dal regista [[Ėlem Germanovič Klimov|Ėlem Klimov]], i cui film per lungo tempo erano stati soggetti al divieto di esportazione. Un comitato speciale che includeva il critico cinematografico Andrei Plakhov selezionò film e documentari per i quali fu consentita la proiezione dopo anni di censura, in modo che potessero essere conosciuti a livello internazionale. Il concorso fu perciò in grado di mostrare ''[[Tema (film)|Tema]]'' (1979) di [[Gleb Anatol'evič Panfilov|Gleb Panfilov]] e ''[[Dolorosa indifferenza]]'' (1983) di [[Aleksandr Sokurov]], mentre lo stesso Klimov fu presente fuori concorso con ''[[L'addio]]'', al quale era stata stata negata la proiezione nell'[[Festival di Berlino 1984|edizione del 1984]]. La stretta di mano tra il regista sovietico e il dirigente cinematografico statunitense [[Jack Valenti]] durante la premiazione con la [[Berlinale Kamera]] assunse perciò un significato fortemente simbolico, tanto che il festival di quest'anno venne definito la "[[Reykjavik]] del cinema", alludendo al [[Vertice di Reykjavík|vertice]] al quale pochi mesi prima avevano partecipato [[Ronald Reagan]] e Gorbaciov nella capitale islandese.
La giuria internazionale assegnò l'[[Orso d'oro]] al film di Sokurov, il resoconto dell'alienazione di uno scrittore di successo dalla società russa e da sé stesso che secondo la critica Karena Niehoff dimostrava «il grado di fiducia in sé stessi che l'[[Unione Sovietica]] è ora in grado di dimostrare, anche consentendo l'autocritica in un festival internazionale». Il premio non venne contestato artisticamente (anche se i giurati americani [[Kathleen Carroll]] e [[Paul Schrader]] avrebbero voluto assegnarlo a ''[[Platoon]]'' di [[Oliver Stone]]) ma fu visto soprattutto come un gesto politico, un segno di rispetto per le politiche riformiste dell'Unione Sovietica e per la sua "trasparenza" culturale. Tra gli altri film che riscossero maggior successo ci furono ''[[True Stories (film)|True Stories]]'' di [[David Byrne]], proiettato fuori concorso, ''[[L'anno delle luci]]'' di [[Fernando Trueba]] ([[Orso d'argento per il miglior contributo singolo]]), ''[[Rosso sangue (film 1986)|Rosso sangue]]'' di [[Leos Carax]] ([[Premio Alfred Bauer]]) e ''[[Il caso Moro]]'' di [[Giuseppe Ferrara]]. [[Gian Maria Volonté]], che ricevette l'[[Orso d'argento per il miglior attore]], dichiarò durante la conferenza stampa: «Siamo lieti di essere stati invitati al FilmFest e sappiamo che non è stato facile... Abbiamo avuto notizia che da alcune parti non si voleva che questo film rappresentasse l'[[Italia]] a Berlino».
L'edizione di quest'anno rappresentò il primo palcoscenico anche per altri film sovietici fino ad allora banditi che trovarono posto nelle varie sezioni della rassegna. Nel Forum internazionale del giovane cinema vennero proiettati ''[[Varatz lapter]]'' di [[Agasi Ajwasjan]], lungometraggio [[Armenia|armeno]] sul pittore Vano Khodzhabenko, e ''[[La leggenda della fortezza di Suram]]'' dei [[Georgia|georgiani]] [[Sergej Iosifovič Paradžanov|Sergej Paradžanov]] e [[Dodo Abashidze]], la storia di una fortezza su cui è stato lanciato un incantesimo. La sezione Panorama vide la presenza di lungometraggi e documentari sui problemi della distruzione ambientale, primo fra tutti ''[[Tschernobyl]]'' di [[Rolan Sergeenko]] che fu atteso con grande interesse anche se per qualche tempo non fu chiaro se sarebbe stato effettivamente mostrato. L'arrivo a Berlino del documentario sul [[disastro di Černobyl']] fu posticipato senza informazioni sul motivo, anche se il sospetto era che l'argomento delicato avesse indotto i sovietici a bloccarne la distribuzione. La copia arrivò finalmente il 1º marzo 1987 e fu proiettata per la prima volta in un paese straniero un giorno prima della fine del festival. «Assemblato convenzionalmente con interviste agli abitanti dell'area intorno a [[Černobyl']] e ad esperti e con riprese dettagliate del sito del reattore, il film ha sorpreso il pubblico soprattutto per il suo tono», scrisse Thomas Rothschild il 7 marzo sul ''[[Frankfurter Allgemeine Zeitung]]'', «intriso di una tristezza rispettosa e sicuramente scevro da un vacuo pathos. Anche l'obbligatoria devozione al governo, che avrebbe affrontato tutti i problemi, è stata ridotta al minimo».
Un altro film molto apprezzato nel Forum fu ''[[Resan]]'' del regista e sceneggiatore britannico [[Peter Watkins]], un viaggio nella condizione del mondo in un'era di minaccia nucleare globale di oltre quattordici ore, attraverso cinque continenti, dodici Paesi e otto lingue. Come scrisse il critico Michael Kötz sul ''Deutsches Allgemeines Sonntagsblatt'', «Watkins non solo dirige un dialogo globale sovraccarico di informazioni sulla follia della vera prospettiva della guerra, ma rivela anche di considerare la creazione del film stesso come un viaggio di agitazione, come uno strumento di dibattito».
Anche il Kinderfilmfest, giunto alla sua decima edizione, mostrò i frutti della [[perestrojka]] con ''[[Naerata ometi]]'' di [[Arvo Iho]] e [[Leida Laius]], produzione ambientata in un orfanotrofio sovietico degli anni ottanta che ricevette il premio [[UNICEF]]. «Ciò che si tende a dimenticare nelle analisi odierne della storia del cinema», commentò il delegato della ''Berlinale'' per i film dell'[[Europa orientale]] Hans-Joachim Schlegel, «è il fatto che un impulso essenziale per la rappresentazione genuina dei problemi nella società sovietica... viene dai film per bambini e ragazzi».
=== Gli anni novanta ===
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