Processo per stupro: differenze tra le versioni

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L'italiano standard usa difenditrice. Treccani riporta difensora solo come forma popolare quindi meno indicata per un'enciclopedia.
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ho cambiato avvocatessa con avvocata, che ormai è italiano corrente per il femminile di avvocato
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Il [[documentario]] ''Processo per stupro'' fu mandato in onda per la prima volta alle 22:00 il 26 aprile [[1979]] e fu seguito da circa tre milioni di telespettatori; a seguito di richieste di replica, fu ritrasmesso in prima serata nell'ottobre dello stesso anno e fu seguito da nove milioni di telespettatori. Fu quindi insignito del [[Prix Italia]] e presentato a svariati festival del cinema, fra cui il [[Festival di Berlino]], la settimana del cinema europeo a [[Nuova Delhi]], ottiene una nomination nella terna finale dell'[[International Emmy Award]]; se ne conserva oggi una copia negli archivi del [[MOMA]] di New York<ref>{{collegamento interrotto|1=[http://www.laltravista.com/pdf/impararelamemoria.pdf Flaminia Cardini, ''8 marzo. La memoria ha un futuro'', Comune di Roma, Assessorato alle Politiche per le pari opportunità, 2007] |data=gennaio 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>
 
In un'intervista del [[2007]], l'[[avvocato|avvocatessaavvocata]] [[Tina Lagostena Bassi]], che nel processo era difenditrice di parte civile, sottolineò quanto la trasmissione in tv del documentario fosse stata sconvolgente per gli spettatori perché si rendeva visibile come gli avvocati che difendevano gli accusati di stupro potevano essere altrettanto violenti nei confronti delle donne: inquisendo sui dettagli della violenza e sulla vita privata della parte lesa, puntavano a screditarne la credibilità e finivano per trasformarla in imputata. L'atteggiamento mentale che emergeva in aula era che una donna «di buoni costumi» non poteva essere violentata; che se c'era stata una violenza, questa doveva evidentemente essere stata provocata da un atteggiamento sconveniente da parte della donna; che se non c'era una dimostrazione di avvenuta violenza fisica o di ribellione, la vittima doveva essere consenziente<ref>[http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/cerca.aspx?id_key=388 ''Storia del movimento femminista in Italia. La questione della violenza'', RAI, ''La storia siamo noi'', 2007]</ref>.
 
Nel dibattimento, il «disonore» si sposta gradualmente dal presunto aggressore alla presunta vittima, tanto che nella sua arringa, l'avvocatessa Lagostena Bassi sente la necessità di ricordare che lei non è il difensore della parte lesa, ma l'accusatore degli imputati.