Change management: differenze tra le versioni
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=== Modello di Kurt Lewin ===
Il modello sviluppato da [[Kurt Lewin]], uno dei primi modelli di ''Change Management'' che ne ha interpretato il punto di vista individuale, descriveva la transizione come un processo a tre stadi<ref>{{Cita libro |cognome=Lewin|nome= K. |wkautore=Kurt Lewin |titolo= Field Theory in Social Science|url=https://archive.org/details/dli.ernet.503983|anno= 1951 |editore= Harper and Row|città= New York }}</ref>.
Il primo stadio, lo “''scongelamento''” (“''unfreezing''”), comporta il superamento dell'inerzia e lo smantellamento della mentalità e delle abitudini esistenti. La naturale resistenza innescata dai meccanismi di difesa deve essere superata.
Il secondo stadio, quello in cui si attua/manifesta il cambiamento, è contraddistinto da uno stato di confusione e di provvisorietà legata alla transizione. Si è consapevoli che il quadro precedente è stato messo in discussione ma non si ha ancora una chiara percezione di come sostituirlo.
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* '''R''' = ''Resistance'' – misura la ''resistenza'' incontrata dal cambiamento
La formula <ref>{{Cita libro |cognome=Beckhard|nome=R. |wkautore=Richard Beckhard |titolo=Organization Development: Strategies and Models|url=https://archive.org/details/organizationdeve0000beck|anno=1969 |editore= Addison-Wesley |città= }}</ref> e [[David Gleicher]], esprime il concetto fondamentale che il cambiamento è realizzabile soltanto se il prodotto delle forze che ''producono'' il cambiamento è superiore alla resistenza che vi si oppone.
Da un altro punto di vista riesce a cambiare soltanto chi è sufficientemente consapevole delle energie necessarie a farlo ed è disposto a sostenere il proprio cambiamento con una forte volontà (o un forte mandato), piuttosto chi è costretto a farlo travolto dalle proprie difficoltà.
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=== I laboratori del cambiamento: tecniche di analisi per la ricerca di proposte e soluzioni ===
A prescindere dai modelli utilizzati per costruire percorsi di trasformazione, esistono diverse tecniche di analisi utilizzate per la ricerca di proposte e soluzioni a fronte di criticità e/o opportunità presenti in un determinato contesto. Tra queste si possono citare:
* il ''[[brainstorming]]'' tecnica introdotta negli anni trenta da [[Alex Faickney Osborn]]<ref>{{Cita libro |cognome=Osborn |nome=A.F. |wkautore=Alex Faickney Osborn |titolo=Applied imagination: Principles and procedures of creative problem solving |url=https://archive.org/details/appliedimaginati0000osbo |anno=1963 |editore=Charles Scribner's Sons. |città= }}</ref>, concepita per facilitare l'individuazione di risposte efficaci ai problemi posti all'attenzione di un gruppo di persone selezionate e guidate all'interno di una sessione di lavoro strutturata;
* il ''[[dialogo di Bohm]]''<ref>{{Cita libro |cognome=Bohm |nome=D. |wkautore=David Bohm |titolo=On Dialogue |anno= 1996 |editore=Lee Nichol |città= London |isbn=0-415-14912-6 }}</ref>, ([https://web.archive.org/web/20071013174506/http://thinkg.net/TT/david_bohm_on_dialogue_1.htm On Dialogue]) introdotto negli anni ottanta dal fisico [[David Bohm]], che ha proposto una forma alternativa di brainstorming aperta e non strutturata, diretta a sollecitare risposte non convenzionali ai problemi affrontati; la tecnica suggerisce la sospensione di giudizio a fronte della affermazioni non condivise fatte dagli altri partecipanti, incentivando lo sviluppo (senza alcun obiettivo predeterminato) delle idee innovative che rivelano una maggiore fertilità;
* l'approccio della ''[[Learning Organization]]'' messo a punto negli anni novanta da [[Peter Senge]]<ref>{{Cita libro |cognome=Senge |nome=P. |wkautore=Peter Senge |titolo=[[La quinta disciplina]] |anno= 1995 |editore= Sperling & Kupfer |città= }}</ref> che ha ricollocato le idee di Bohm all'interno di un concetto più vasto basato sull'idea di un'organizzazione flessibile in grado di recepire i segnali provenienti dall'ambiente circostante e adattarsi di conseguenza;
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