=== La morte ===
La sera del 9 ottobre 1963 era nella sua casa a [[Mestre]], in viale Garibaldi 87 di Venezia, con la moglie incinta, ma Biadene, attraverso una telefonata ada un suo collega, il geometra Elio Tramontin, che abitavano in due appartamenti affiancati, lo fece rientrare subito al Vajont in vista della caduta della frana. Non cenò e partì subito in auto, arrivando al Vajont in oltre due ore, dopo le 21.00. Avendo sotto gli occhi la montagna che stava cedendo, circa alle 22.00, dalla cabina dei comandi centralizzati sul versante sinistro del bacino, chiamò Biadene a Venezia per chiedere istruzioni. Il 12 febbraio 1969, in un'udienza al processo di primo grado, Biadene dichiarò<ref>{{cita pubblicazione|autore=[[Archivio di Stato dell'Aquila]], Tribunale dell'Aquila|titolo=Archivio del processo penale del Vajont|città=[[Archivio di Stato di Belluno]]}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.sopravvissutivajont.org/jshow.asp?id=36|titolo="Il Gazzettino": Le ore che precedettero il disastro nel racconto dell'imputato Biadene|cognome=Zangrando|nome=Fiorello|data=13 febbraio 1969|accesso=12 marzo 2020}}</ref>:
{{citazione|L'ultima telefonata che ho avuto da lassù l'ho avuta da Rittmeyer [..] E ho chiesto a Rittmeyer, siccome lo conoscevo, intelligentissimo, e certamente era il migliore elemento, gli ho detto: come sono le cose? I fari sono funzionanti? I guardiani ci sono? Vedete venir giù qualcosa? Dalla frana che avete di fronte... perché, guardate dalla frana che avete di fronte... potrebbe darsi che cominci da lì, vedete qualche sasso che vien giù? Oppure verso monte vedete qualcosa? Lui mi disse: no ingegnere non vedo alcun segno, non vediamo niente ma stia tranquillo.|}}
Sul ritrovamento del suo corpo, adancora oggi ci sono fonti contrastanti, ma è più attendibile che non sia mai stato trovato, visto che la zona della diga era stata dilavata da due ondate di fango, acqua e detriti alte rispettivamente 200 e 150 metri.
== Vita privata ==
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