Trivigno: differenze tra le versioni

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|Altitudine = 725
|Abitanti = 614
|Note abitanti = [http://demo.istat.it/bilmens2019genbilmens/index.htmlphp?anno=2019&lingua=ita Dato Istat] - Popolazione residente al 30 novembre 2019.
|Aggiornamento abitanti = 30-11-2019
|Sottodivisioni =
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=== Stemma ===
Al tempo della dominazione aragonese nel riordino delle province furono inventati gli stemmi per distinguersi. L'arma di Trivigno riproduceva in campo azzurro "tre monti: sul medio un abete, sugli altri due arboscelli". Tale stemma è presente nel fastigio posto alla sommità della cassa di risonanza dell'organo della Chiesa Madre, risalente al 1753 ed è riportato nell'Album offerto dalla Provincia di Basilicata al Re e alla Regina d'Italia in occasione della loro visita a Potenza nel 1882, sul monumento ai Caduti della I Guerra Mondiale sito nella IV Novembre e in un timbro custodito nell'archivio comunale. Mentre l'attuale stemma, così come è riprodotto anche sul gonfalone, ha disegnato un campo azzurro con "tre vigne o riti di verde, piantate su tre cime di un monte dello stesso, e fruttate d'oro". Tale Arma, definita agalmonica, è stata elaborata da Giuseppe Gattini all'inizio del XX secolo con l'intento di richiamare l'origine del nome del paese<ref>R. Brindisi Setari, ''Trivigno: dal Medioevo all'età contemporanea'', Lavello, Finiguerra, 2001, pp. 13 </ref>.
 
== Monumenti e luoghi d'interesse ==
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=== Lingua e dialetto ===
Nel periodo della dominazione normanna si ebbe una mescolanza tra il francese e il parlato presente allora e cambiarono addirittura nomi e cognomi di molte persone. Ci furono monte variazioni a partire dalla formazione dei cognomi con la trasformazione del "di" in "de" (es. di Marco in de Marco), con il diminutivo del nome del padre (es di Ciccio in Ciccariello, ecc.), oppure individuando i membri di una famiglia con il plurale del nome paterno (es. da Guarino, Guarini; da Volino, Volini, ecc.). I cognomi potevano anche essere matronimici: derivate da un antico soprannome della madre (la Pelosa in Peloso, Pelusi), o da un suffisso accrescitivo o diminutivo del nome materno (es. da Maria, Mariotta e Marotta, ecc.). Molto usati i cognomi derivati da nomi di persona (es. da Biase a Blasi, ecc.), dal mestiere di un antenato (es. Pellettieri, ecc.), da qualità o difetti fisici (Ciano, dagli occhi blu, ecc.), dal vestiario (Coppola, ecc.), da animali selvatici (Lence, ecc.), da uccelli (Jerinò, ecc.), da pesci (Raja, ecc.), da fiori (Gilio), da legumi (Cecere, ecc.), dal ceto sociale (Villano, ecc.), dai mesi dell'anno (Maggio, ecc.), dalle monete (Taccone, ecc.) e dai colori (Russo, da rosso dei capelli, ecc). Molti cognomi sono derivati da città o dai nomi di rispettivi luoghi (es. Brindisi, Vignola, ecc.), altri di origini straniere (es. Albanese, Musacchio; Catalana o Spagnola, Moles, ecc.), o derivano da nazioni (Grieco, ecc.) o da tradizioni religiose e cristiane (Prejte, ecc.). E infine altri cognomi derivanti dall'immigrazione piemontese, come Doto, Zito, ecc.)<ref>R. Brindisi Setari, ''Trivigno: dal Medioevo all'età contemporanea'', Lavello, Finiguerra, 2001, pp. 53 </ref>.
 
=== Tradizioni e folclore ===
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I costumi della popolazione trivignese si ispiravano molto ai colori e alle caratteristiche dell'oriente soprattutto della [[Grecia]] e dell'[[Albania]].
a) Il costume delle donne era molto ricco e decorato, costituito dalla gonna arricciata in vita e lunga fino al polpaccio di colore: viola, verde, rosso, grigio scuro. Le gonne invernali erano realizzati con tessuti come "scottino"(pannolana tessuto in casa), "filandina" (flanella) o di pesante damasco rosso (gippone). Mentre le gonne estive erano realizzate di "setiglia" (tessuto leggero colorato o a fiori). La gonna era un indumento che si portava al di sopra della sottana ed essa poteva essere dello stesso tessuto con due pettorali di "setiglia" rossa. Poi indossavano una camicia bianca di tela casereccia o fine, con scollatura talvolta orlata con "pizzi" (merletti) o "pinta" (ricamata). Al di sopra della camicia o solo esso, si portava un corpetto dello stesso tessuto della gonna o di seta, che copriva gran parte della spalla, mentre sul davanti era molto scollato e da esso uscivano i "pettorali" di seta "scarlattina". Le eventuali mezze maniche erano tenute ferme da fettucce o da nastri in modo da lasciare uscire lo sbuffo delle maniche. Completavano il costume il "vandesino" (grembiule), che poteva essere di lana, "scottino", soia, lino e di "taffittano" (taffettà), tutti colorati. Portavano in testa la legatura, cioè il fazzoletto di mussola, "orletta" o "orlettone", a volte guarnita di "pizzilli"; d'inverno si usava un panno di lana scarlettato. Gli indumenti venivano anche distinti da un ceto sociale all'altro perché le sottane, il panno per la testa e a volte le mezze maniche venivano guarnite con una fascia di seta per il ceto dei "mastri", con un gallone d'argento e per le donne dei "massari, notai, medici" o con un gallone d'oro per coloro che si ritenevano di nobiltà locale (luogotenenti e mastrodatti). Ovviamente non mancavano gli accessori come orecchini pendenti (sciaccaglie) o a cerchi (ghietti), anelli, spille e catene d'oro, mentre il collo era ornato da una girogola detta cannacchino, che poteva essere di granati, coralli o d'oro.<ref>R. Brindisi Setari, ''Trivigno: dal Medioevo all'età contemporanea'', Lavello, Finiguerra, 2001, pp. 58-60 </ref>
 
== Economia ==