Fossò: differenze tra le versioni
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| Abitanti = 7023
| Note abitanti = [http://demo.istat.it/
| Aggiornamento abitanti = 30-11-2020
| Sottodivisioni = [[Sandon]]
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Estraneo alle principali direttrici di marcia del tempo, fu appena sfiorato dalle continue guerre che allora Padova ebbe a sostenere; solo nel 1380 fu teatro di uno scontro che portò all'affondamento in un ramo minore del Brenta (probabilmente il fiume Cornio), di nove barche cariche di rifornimenti per le truppe veneziane impegnate contro le padovane milizie dei Carraresi. Passato nel XV secolo sotto il dominio della Repubblica di Venezia, Fossò visse l'esistenza relativamente tranquilla dei piccoli centri agricoli.
Caduta la Repubblica di Venezia per mano di Napoleone, nel 1806 furono creati i comuni di Fossò e di Sandon che furono assegnati al Dipartimento del Brenta, per essere poi trasferiti l'anno successivo al Dipartimento dell'Adriatico.
Con la sconfitta di Napoleone e la conseguente pace di Vienna, neI 1815 il Veneto passò sotto l'Austria e il comune di Sandon fu unito a Fossò, divenendone sua frazione.
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Nel secolo successivo, con lo scoppio della Prima guerra mondiale, furono numerosi i cittadini di Fossò e Sandon destinati al fronte. Scampati alla disfatta di Caporetto, molti soldati degli eserciti in rotta, giunsero nel territorio comunale. ''“Sono affamati e privi di ogni cosa''– scrisse nella Cronistoria parrocchiale il sacerdote don Giovanni Roncaglia- ''e si fa a gara tra la popolazione per soccorrerli”.'' Il lieto evento della fine della guerra trova in don Roncaglia un attento testimone: ''“Giunse nel pomeriggio improvvisa la notizia che è cessata la guerra e che il 4 novembre 1918 si sarebbe firmato l’armistizio. Con il permesso dell’autorità militare alle ore 2, fra il delirio di tutto il popolo, vengono solennemente suonate le campane che, da tanto tempo, tacevano.”''
Il secondo conflitto mondiale, iniziato nel 1940 con la dichiarazione di guerra di Mussolini, coinvolse significativamente i paesi di Fossò e Sandon: la strada provinciale era frequentemente percorsa da mezzi bellici e truppe in spostamento; il ponte sul fiume Brenta fu più volte oggetto di bombardamenti.
Dal secondo dopoguerra il comune di Fossò ha avuto un discreto sviluppo economico, legato soprattutto alla produzione di calzature; ciò ha favorito l'espansione urbanistica e l'incremento della popolazione del capoluogo. L'attuale sviluppo ha trasformato il comune, un tempo basato essenzialmente sulle coltivazioni agricole, in un'area prettamente industriale, artigianale e commerciale che convive con un'agricoltura moderna e razionale. Grazie alla presenza di una manodopera di alta specializzazione, le più grandi ''griffe'' della moda internazionale hanno scelto le aziende di Fossò per realizzare le calzature legate al loro marchio.
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== Le opere d'arte conservate nell'antica chiesa di san Bartolomeo ==
Nell'antica chiesa si conservano alcune importanti opere d'arte: Il dipinto raffigurante "Il Sacro Cuore di Gesù tra San Filippo Neri
e San Luigi Gonzaga" datato e firmato da Alessandro Longhi e documentato come sua ultima opera prima della morte. Riscoperto
da Diego Mazzetto in un magazzino della parrocchia, il dipinto fu restaurato da Sara Grinzato e Giorgia Busetto nel 2014.
Di importante valore storico-artistico è il Crocifisso "gotico doloroso" risalente alla fine del Trecento e attribuito alla famiglia di
artisti veneziani Moranzone. La preziosa opera è stata valorizzata attraverso un attento restauro eseguito da Giorgia Busetto
e Sara Grinzato sotto il diretto controllo della Soprintendenza. Concluso nel 2019, il restauro ha messo in evidenza splendidi
dettagli originali nascosti dal tempo e da interventi precedenti. Il recupero del Crocifisso è stato coordinato da Diego Mazzetto
che ha raccolto i fondi da sponsor privati, tra cui il Rotary club Venezia Riviera del Brenta, l'associazione Cavalieri al Merito
[[File:Dipinto Longhi .jpg|miniatura|Il dipinto di Alessandro Longhi documentato come ultima opera dell'artista prima della sua morte]]
della Repubblica Italiana della Riviera del Brenta, il Comune di Fossò, aziende e privati. All'inaugurazione dell'opera,
avvenuta il 7 aprile 2019, hanno partecipato oltre 500 persone.
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Don Giovanni Roncaglia, originario di Centrale di Zugliano (Vicenza), nel giorno del suo ingresso a Fossò, avvenuto nel 1909, notò come in chiesa la gente fosse stipata per mancanza di spazio e subito pensò all’esigenza di un nuovo edificio sacro. Le condizioni del paese, privo allora di industrie e commerci, con il terreno spezzettato in piccole ''“chiusure”'' appena bastanti a dare da vivere, lo consigliarono però di attendere.
Giunse intanto la Prima guerra mondiale con le conseguenti difficoltà. Nel 1928 a don Roncaglia sembrò propizio il momento per tentare l’avvio dell’impresa e incaricò l’ingegnere Ferruccio Chemello di Vicenza di preparare il progetto che fu approvato dalla commissione d’arte sacra diocesana il 4 febbraio 1929. Esso contemplava la conservazione provvisoria della vecchia chiesa, costruendo la nuova all’intorno. Terminati i lavori, la vecchia chiesa sarebbe stata demolita.
Ma i mezzi economici don Roncaglia non li aveva, non sapeva come reperirli e, soprattutto, non voleva contrarre debiti. Così l’ardito progetto non ebbe seguito.
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Molto interessanti anche il Crocifisso, la Via Crucis e il ciclo delle Opere di Misericordia di Orlando Tisato, realizzati negli anni Ottanta del secolo scorso su commissione del parroco don Giancarlo Broetto.
Di grande intensità e realismo, nella navata destra, si può ammirare il capolavoro del pittore locale Germano Cabbia raffigurante alcuni giovani di Fossò con Sant’Antonio di Padova.
Da segnalare anche la presenza di interessanti formelle presso l’altare maggiore eseguite dall’artista trevigiano Carlo Balljana.
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Il racconto di questo episodio di fede, molto documentato, può essere utile per la comprensione dell’usanza da parte delle famiglie nobili, o possidenti, di donare dei beni alla chiesa (nel nostro caso fabbricati e fondi agricoli), attraverso la cui rendita il ''mansionario'', (in questo frangente il cappellano di Fossò), otteneva il necessario sostentamento in cambio del quale era tenuto a celebrare una messa quotidiana perpetua (nella chiesa parrocchiale di Fossò nei giorni festivi, e nell’oratorio di Campoverardo nei giorni feriali), in suffragio dell’anima del testatore e dei suoi famigliari defunti. Tali ''mansionari,'' regolate da atto notarile, hanno rappresentato in molti casi una fonte di preoccupazione per le famiglie, incapaci di soddisfare un impegno (cui era impossibile sottrarsi) e che, stando alle volontà del testatore, si protraeva con effetto giuridico di padre in figlio, ''per l’eternità.''
[[File:Interno oratorio.jpg|miniatura|L'interno dell'oratorio]]
In occasione di un documento redatto per l’esecuzione di urgenti lavori di restauro dell’oratorio di Campoverardo avvenuti nei primi decenni del secolo scorso, il parroco di Fossò don Roncaglia ricostruiva la vicenda testamentaria di Francesco Mescalchin con le seguenti parole: ''“Attraverso il testamento datato primo febbraio 1831, pubblicato dalla I.R. Pretura di Dolo il 23 marzo 1840, Francesco Mescalchin detto Maretto istituiva una Mansioneria perpetua per la celebrazione di una messa quotidiana nei giorni festivi nella chiesa parrocchiale di Fossò e nei giorni feriali nel suo oratorio di Campoverardo. La mansioneria fu fondata sopra alcuni immobili e possedimenti agricoli situati a Fossò e Camponogara”.'' In sostanza, nei modi di pensare del tempo, pochi campi di terra e qualche casa sarebbero bastati, per i secoli a venire, al
sostentamento del cappellano di Fossò obbligato a celebrare ''“in perpetuo”'' le messe in suffragio dell’anima del pio testatore.
Per la sua splendida doppia facciata (una rivolta a ovest verso la villa e l’altra a nord verso la strada), l’oratorio è sicuramente tra i più preziosi del territorio.
È all’interno che si coglie pienamente il fascino di questo piccolo scrigno di fede, dove il tempo sembra davvero essersi fermato. Suggestioni
che prendono vita dallo scialbo dei muri dai quali emergono figure di santi affrescati, dalla raccolta sagrestia che conduce a un piccolo vano protetto
da grate, dove i padroni di casa giungevano attraverso il giardino della villa per assistere alla messa in raccolta meditazione. Tutto ciò narra vicende
lontane e, per certi versi, misteriose.
Di epoca incerta risultano i numerosi rosari incisi nel marmorino esterno dell’oratorio, probabili ex voto di fedeli devoti alla Madonna del Rosario, venerata in questo luogo da più di trecento anni dalla popolazione di Campoverardo e dei paesi limitrofi.
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Al di là dei ricordi e delle immagini, di tutto ciò non resta che il rimpianto per la perdita di un edificio monumentale: sicuramente tra i primi e più
antichi esempi di villa veneta edificati nella terraferma. Se le tristi vicende legate alla distruzione fossero andate diversamente, oggi la sua
presenza sarebbe sicuramente un vanto per i cittadini di Fossò e per gli appassionati di arte e di storia.
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'''<small><u>UN UOMO ILLUMINATO: GAETANO MUNERATTI</u></small>'''
Nato a Pionca nel 1802 e trasferitosi a Fossò con la madre Lucia Pomai poco più che ragazzo, Gaetano Muneratti ebbe un notevole rilievo per la storia del nostro paese. Deputato politico sotto il governo austriaco e sindaco di Fossò per numerosi anni dopo l’unità d’Italia, si rese protagonista della vita comunitaria del paese.
Nella gestione del lavoro dei campi, così come nella vita civile, controllava tutto di persona, ascoltava e dirimeva diatribe. Affrontava problemi non solo economici che sconfinavano talvolta dalla sua competenza facendosi assistere, in quei casi, da persone di fiducia in campo giuridico in modo che il suo operato risultasse senza ombre nei riguardi delle autorità superiori. Era radicato in lui il senso della giustizia, inseparabile dall’onestà e dall’operosità.
Questa è la strada che perseguì per tutta la sua vita, lo confermano non tanto le parole spese nei discorsi scritti e declamati alla sua morte, ma un fatto più semplice e significativo insieme: egli non si arricchì, né trasse vantaggi personali dal potere che gestiva. Nel suo testamento la sostanza fu divisa equamente tra i figli e l’eredità spettante risultò solo adeguata a mantenere quel ''“decoro”'' in cui erano nati.
[[File:Gaetano Muneratti.jpg|miniatura|Gaetano Muneratti (Pionca 1802- Fossò 1885).]]
Nel periodo in cui era Deputato politico sotto il governo austriaco, si trovò nella situazione scomoda di essere padre di tre figli patrioti fuggiti per raggiungere Garibaldi inseguendo il sogno dell’unità d’Italia. Alberto, Carlo e Gustavo sull’esempio dello zio Roberto Marin incarcerato allo Spielberg con Pier Fortunato Calvi, all’età di 20, 19 e 18 anni, avevano clandestinamente abbandonato il Veneto e sotto l’esteso e rigido controllo della polizia austriaca, raggiunto il Piemonte per arruolarsi nell’esercito regolare che avrebbe unificato l’Italia. Alberto e Gustavo fra i sergenti dei Granatieri, Carlo fra i Garibaldini. Roberto Marin, era fratello della loro mamma Anna, la quale favorì la presenza a Fossò dei celebri patrioti Nino Bixio e Pier Francesco Calvi ricercati dalla polizia austriaca.
Il prestigio e la considerazione goduti a Fossò e nei paesi limitrofi da Gaetano Muneratti sono testimoniati anche dalla profonda amicizia con il marchese Federico Manfredini, già primo ministro del Granducato di Toscana ed educatore dei figli del granduca Pietro Leopoldo, ritiratosi nella vecchiaia in un grande palazzo, già della famiglia Canal, a Campoverardo. Nel momento in cui sentì vicina la morte, avvenuta nel settembre del 1829, il marchese Manfredini volle presente anche Gaetano Muneratti tra i testimoni esecutori delle sue ultime volontà. Assistito dall'amorevole conforto dei figli, Gaetano Muneratti morì a Fossò il 28 gennaio 1885.
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<small>'''<u>PADRE RAFFAELLO FAVRETTO, L’ANGELO DEI BAMBINI ABBANDONATI</u>'''</small>
Nato a Fossò l’8 luglio 1920, Padre Raffaello Maria Favretto era figlio di Attilio, commerciante originario di Dolo, e di Epifania Michieli, maestra elementare nata a Fossò.
Dai ricordi di alcuni anziani del paese, la famiglia Favretto abitava nei locali del Municipio e, più precisamente, dal lato che ora ospita l’ufficio anagrafe.
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