Linguistica: differenze tra le versioni
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{{vedi anche|Storia della linguistica}}
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L’inizio della ‘linguistica moderna’ si colloca nei primi decenni del XIX secolo, dopo la scoperta di alcune lingue che presentavano delle somiglianze notevoli nonostante fossero molto distanti geograficamente, temporalmente e culturalmente. Per spiegare ciò si pensò che in passato esistesse una lingua madre da cui tutte queste lingue derivarono. Le lingue prese in esame erano il sanscrito, il greco, il latino, e altre ancora, appartenenti alla famiglia indoeuropea; in seguito, si scoprì che la stessa situazione si presentava per altre lingue del mondo e si individuarono altre famiglie linguistiche: sino-tibetana, austronesiana, afroasiatica, niger-congo, dravidica. Attraverso lo studio delle singole lingue di una stessa famiglia nel tempo, si scoprì il carattere ‘naturale’ del linguaggio che comporta due aspetti: il primo è che il mutamento linguistico è un fenomeno universale, ogni lingua cambia nel tempo sia a livello sintattico che fonologico che lessicale; il secondo aspetto è che le lingue mutano in modo regolare, tanto che fu possibile descrivere il mutamento linguistico, specialmente quello fonologico, in termini di ‘leggi’, ossia generalizzazioni esplicite, un po’ come si fa per il mondo fisico. Pertanto, la riflessione linguistica entrò nell’ambito “scientifico”, e perciò divenne soggetto al criterio di verificabilità empirica. Questa corrente linguistica, denominata ‘Grammatica comparata’, fu dominante per tutto il XIX secolo e per gran parte della prima metà del XX. Tra gli esponenti più significativi di questo periodo emergono [[Rasmus Christian Rask|Rasmus Rask]] e [[Franz Bopp|Franz Bopp.]]
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Negli anni ’30 del Novecento, [[Ferdinand de Saussure]] dimostrò che bisognava studiare le lingue anche dal punto di vista ‘sincronico’ e cioè come sistemi esistenti in un dato momento, dando importanza allo studio delle lingue non soltanto come riflesso storico. Egli influenzò notevolmente la grammatica del tempo, denominata ‘strutturalista’, dimostrando che la grammatica tradizionale, modellata sul latino, non era in grado di spiegare le categorie morfo-sintattiche che presentavano lingue esotiche e gli elementi con gli ordini di frase inediti. Perciò i linguisti iniziarono a sperare di ottenere l’elaborazione di metodi descrittivi per trasformare i dati in grammatiche. Questa corrente di studi non produsse risultati significativi nello studio della sintassi ad eccezione della ‘[[Grammatica valenziale]]’ di [[Lucien Tesnière]]. La novità è che il verbo sia il centro della frase, in quanto ogni verbo seleziona un numero di partecipanti a ciascuno dei quali assegna un ruolo diverso nell’azione che esprime. Da qui la distinzione tra elementi necessari per dare a una frase ‘un senso compiuto’ e cioè gli attori selezionati dal verbo, e gli elementi accessori, indipendenti dal verbo e facoltativi, che hanno la funzione di modificare un altro elemento della frase. Va aggiunto, però, che Tesnière concepiva la sua grammatica come olistica, ritenendo che si potesse fare a meno di tutte le altre categorie sintattiche, come le funzioni grammaticali di soggetto o oggetto.
Nel 1957
# nella prima fase la sintassi generativa produsse delle descrizioni molto dettagliate delle regole sintattiche di varie lingue, a cominciare dall’inglese;
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