Dante Alighieri: differenze tra le versioni

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== Biografia ==
[[Immagine:Dante alighieri, Palazzo dei Giudici.jpg|thumb|200px|Il più antico ritratto documentato di Dante Alghieri conosciuto, [[Palazzo dell'Arte dei Giudici e Notai]], [[Firenze]]]]
La data di nascita di Dante è sconosciuta, anche se viene in genere indicata attorno al 1260[[1265]], da alcune allusioni [[autobiografia|autobiografiche]] fatte nella [[Vita Nuova|Vita Nova]], nell'importante[[Inferno]] famiglia(''Nel fiorentinamezzo deglidel cammin Alighieridi nostra vita'',suo padresecondo eraaltri unpassi Guelfodi sue opere viene indicato con i 35 anni, maed nonessendo patìil vendetteviaggio dopoimmaginario chenel i1300 Ghibellinisi vinserorisalirebbe laal 1265) e nel [[battagliaPurgatorio]]. diAlcuni Montapertiversi del [[Paradiso]]. Questoci perchédicono lapoi suache famigliaegli nonnacque godevasotto diil una[[zodiaco|segno]] particolaredei popolarità[[Gemelli da(astrologia)|Gemelli]], considerarsiquindi unain minacciaun periodo compreso fra il [[21 maggio]] e il [[21 giugno]].
{{quote|L'aiuola che ci fa tanto feroci,<br />volgendom' io con li etterni Gemelli,<br />tutta m'apparve dà colli a le foci;<br />poscia rivolsi li occhi a li occhi belli.|''[[Paradiso - Canto ventiduesimo|Paradiso, Canto XXII, 151-154]]''}}
 
Nacque comunque nell'importante famiglia fiorentina degli [[Alighieri]], legata alla corrente dei [[Guelfi e Ghibellini|Guelfi]], un'alleanza politica coinvolta in una complessa opposizione ai [[Guelfi e Ghibellini|Ghibellini]]; gli stessi Guelfi si divisero poi in [[Cerchi e Donati|"Guelfi bianchi" e "Guelfi neri"]].
 
Dante diceva che la sua famiglia discendesse dagli [[Impero Romano|antichi Romani]] ([[Inferno - Canto quindicesimo|Inferno Canto XV]], 76), ma il parente più lontano di cui egli fa nome è il trisavolo [[Cacciaguida degli Elisei]] ([[Paradiso - Canto quindicesimo|Paradiso Canto XV]], 135), vissuto intorno al [[1100]].
 
Suo padre, Aleghiero o [[Alaghiero di Bellincione]], era un Guelfo, ma non patì vendette dopo che i [[Ghibellini]] vinsero la [[battaglia di Montaperti]]. Questo perché la sua famiglia non godeva di una particolare popolarità da considerarsi una minaccia.
[[Immagine:Dante Luca.jpg|thumb|left|200px|Dante in un [[affresco]] di [[Luca Signorelli]]]]
La madre di Dante era [[Donna Bella degli Abati]]; "Bella" corrisponde a Gabriella, ma significa anche "bella d'aspetto" mentre [[Abati]] era il nome di un'importante famiglia. Ella morì quando Dante aveva 5 o 6 anni ed Alighiero presto si risposò con [[Lapa di Chiarissimo Cialuffi]]. (È incerto se realmente l'abbia sposata, poiché i vedovi avevano limitazioni sociali in materia). La donna mise al mondo due bambini: il fratello di Dante, [[Francesco Alighieri|Francesco]] e sua sorella [[Gaetana Alighieri|Tana (Gaetana)]].
 
Quando Dante aveva 12 anni, nel [[1277]], fu concordato il suo [[matrimonio]] con Gemma Donati, figlia di Messer [[Manetto Donati]], che successivamente sposò all'età di 20 anni.
Quando Dante aveva 12 anni, nel [[1277]], fu concordato il suo [[matrimonio]] con [[Gemma Donati|Gemma]], figlia di Messer [[Manetto Donati]], che successivamente sposò all'età di 20 anni. Contrarre matrimoni in età così precoce era abbastanza comune ed era una cerimonia importante, che richiedeva atti formali sottoscritti davanti ad un notaio. La famiglia a cui essa apparteneva (i [[Donati]]) era una delle più importanti nella Firenze tardo-medievale, che in seguito divenne il punto di riferimento per lo schieramento politico opposto a quello del poeta, i [[guelfi neri]]. Politicamente Dante apparteneva alla fazione dei [[guelfi bianchi]], pur trovandosi nella [[lotta per le investiture]] schierati col Papa, i bianchi erano contrari ad un eccessivo aumento del potere temporale papale, Dante in particolare nel [[De Monarchia]] auspicava l'indipendenza del potere imperiale dal Papa, pur riconoscendogli una superiore autorità morale.
Dante da Gemma ebbe tre figli: Jacopo, Pietro e Antonia; ma molti bambini finsero di essere suoi figli naturali. Antonia divenne suora con il nome di Sorella Beatrice.
 
Dante da Gemma ebbe tre figli: Jacopo, Pietro e Antonia; ma molti bambini finsero di essere suoi figli naturali. Antonia divenne suora con il nome di Sorella Beatrice. Si dice fosse figlio suo anche un certo Iohannes filius Dantis Aligherii de Florentia, che compare come testimone in un atto del 21 ottobre del 1308 a Lucca.
 
A Firenze ebbe una carriera politica di discreta importanza: dopo l'entrata in vigore dei regolamenti di [[Giano della Bella]] ([[1295]]), che escludevano l'antica nobiltà dalla politica, permettendo ai ceti intermedi di ottenere ruoli nella [[Repubblica fiorentina|Repubblica]], purché iscritti a un'[[Corporazioni delle arti e mestieri (Firenze)|Arte]], egli si immatricolò all'[[Arte dei Medici e Speziali]].
 
L'esatta serie dei suoi incarichi politici non è conosciuta, perché i verbali delle assemblee sono andati perduti, comunque attraverso altre fonti si è potuta ricostruire buona parte della sua attività: fu nel Consiglio del popolo dal novembre [[1295]] all'aprile [[1296]]; fu nel gruppo dei "Savi", che nel dicembre [[1296]] rinnovarono le norme per l'elezione dei Priori, cioè dei massimi rappresentanti di ciascuna Arte; dal maggio al settembre del [[1296]] fece parte del [[Consiglio dei Cento]]. Fu inviato talvolta come ambasciatore, come nel maggio del [[1300]] a [[San Gimignano]]. Lo stesso anno fu priore dal 15 giugno al 15 agosto.
 
Nonostante l'appartenenza al partito guelfo, egli cercò sempre di osteggiare le ingerenze del suo acerrimo nemico [[Papa Bonifacio VIII]]. Con l'arrivo del [[cardinale]] [[Matteo d'Acquasparta]], inviato come paciere, almeno nominale (in realtà spedito dal papa per ridimensionare la potenza della parte dei guelfi bianchi, in quel periodo in piena ascesa sui neri), Dante cercò, con successo, di ostacolare il suo operato ed era in carica durante il difficile momento quando il cardinale mosse un esercito da [[Lucca]] contro Firenze, venendo però bloccato ai confini dello stato fiorentino.
[[Immagine:Dante Doré.jpg|thumb|left|200px|Dante in un ritratto di [[Gustave Doré]]]]
Quale membro del [[Consiglio dei Cento]], fu tra i promotori del discusso provvedimento che spedì ai due estremi della Toscana, i capi e le "teste calde" delle due fazioni. Questo non solo fu una disposizione inutile (presto essi tornarono alla spicciolata), ma fece rischiare un colpo di stato da parte dei Neri che stavano per approfittarsi della situazione quando i Bianchi erano senza leader, ritardando oltre misura l'inizio del loro esilio. Inoltre il provvedimento attirò sui responsabili, compreso Dante, sia l'odio della parte nemica, che la diffidenza degli "amici", e da lui stesso fu definito come l'inizio della sua rovina.
 
Con l'invio di [[Carlo di Valois]] a Firenze, mandato dal papa come teorico "paciere" (ma conquistatore di fatto), la Repubblica spedì a Roma un'ambasceria con Dante stesso, accompagnato da [[Maso Minerbetti]] e il [[Corazza da Signa]].
 
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Morì il [[14 settembre]] del [[1321]] a [[Ravenna]], di ritorno da un'ambasceria a [[Venezia]], allora in attrito con Ravenna ed in alleanza con [[Forlì]]: gli storici pensano che sia stato scelto Dante per quella missione, in quanto amico degli [[Ordelaffi]], signori di [[Forlì]], e quindi in grado di trovare meglio una via per comporre le divergenze.
 
===Gli studi===
Poco si sa circa gli studi di Dante; si presume che egli abbia studiato in casa. Alcuni ritengono che abbia frequentato l'[[Università di Bologna]], ma non vi sono prove certe di questo. In un verso della divina commedia (Par.,X, 133-138) ''Che, leggendo nel vico de li Strami, silogizzò invidïosi veri'', Dante allude a ''Rue Fouarre'', dove si svolgevano le lezioni della ''[[Sorbona]]''; questo ha fatto pensare a qualche commentatore, in modo puramente congetturale, che anche Dante vi si sia recato. Quasi sicuramente studiò la poesia toscana di [[Guittone d'Arezzo]] e di [[Bonagiunta Orbicciani]] (cfr. [[Purgatorio - Canto ventiquattresimo|Purgatorio, Canto XXIV, 52-62]]) e, probabilmente con l'influenza di [[Guido Guinizelli]], anche la [[Scuola siciliana|Scuola poetica siciliana]], una corrente letteraria attiva alla corte di [[Federico II del Sacro Romano Impero|Federico II]] che si esprimeva in [[lingua volgare|volgare]], la quale proprio allora stava cominciando ad essere conosciuta in Toscana e che aveva in [[Giacomo da Lentini]] (il famoso "Notaro" di cui alla citazione precedente) il suo maggior esponente. Certamente, oltre al volgare italiano e al [[lingua latina|latino]] (la [[lingua franca]] di quell'epoca), padroneggiava il [[lingua provenzale|provenzale]], infatti inserì alcuni versi in questa lingua nel [[Purgatorio (Divina Commedia)|Purgatorio]] ([[Purgatorio - Canto ventiseiesimo|XXVI]], 140-147).
 
Alla scelta di Dante di utilizzare la lingua volgare per scrivere alcune sue opere, possono avere influito notevolmente le opere di [[Andrea da Grosseto]], letterato del [[XIII secolo|Duecento]] che utilizzava la [[lingua volgare]] da lui parlata, il [[dialetto grossetano]] dell'epoca, per la traduzione di opere prosaiche in [[lingua latina|Latino]], come i trattati di [[Albertano da Brescia]].
 
Grazie ai suoi interessi, Dante scoprì i menestrelli ed i poeti provenzali e la cultura latina, professando una devozione particolare per [[Publio Virgilio Marone|Virgilio]]:
{{quote|Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore;<br/>tu se' solo colui da cu'io tolsi<br/>lo bello stilo che m'ha fatto onore|[[Inferno (Divina Commedia)|Inferno]] [[Inferno - Canto primo|I]], 85-87}}
 
Dovrebbe essere sottolineato che durante il [[medioevo]] le rovine dell'[[Impero Romano]] decaddero definitivamente, lasciando dozzine di piccoli stati, così la [[Sicilia]] era tanto lontana (culturalmente e politicamente) dalla [[Toscana]] quanto lo era la [[Provenza]]: le regioni non condividevano una lingua, una cultura, o collegamenti facili.
È possibile supporre che Dante fosse per il suo periodo un intellettuale aggiornato, acuto e con interessi, come si direbbe oggi, internazionali.
 
=== Lo "Stilnovo" e Beatrice ===
{{Stilnovo}}
A 18 anni, incontrò [[Guido Cavalcanti]], [[Lapo Gianni]], [[Cino da Pistoia]] e subito dopo [[Brunetto Latini]]; insieme essi divennero i capiscuola del [[Dolce Stil Novo]]. [[Brunetto Latini]] successivamente fu ricordato nella [[Divina Commedia]] ([[Inferno]], XV, 82), per quello che aveva insegnato a Dante: non come un semplice maestro, ma uno dei più grandi luminari che segnò profondamente la sua carriera letteraria e filosofica: maestro di retorica, abile compilatore di trattati enciclopedici, dovette iniziarlo alla letteratura cortese [[provenzale]] e francese, scrivendo il [[Tresor]] proprio in Francia. Brunetto mette in evidenza il rapporto tra gli studi di grammatica (latino) e di [[retorica]] e la [[amor cortese|filosofia amorosa cortese]], gettando le basi degli interessi speculativi del futuro Dante.
 
Altri studi sono segnalati, o sono dedotti dalla [[Vita Nuova]] o dalla [[Divina Commedia]], per ciò che riguarda la [[pittura]] e la [[musica]]. Quando aveva 9 anni incontrò [[Beatrice Portinari]], la figlia di [[Folco Portinari]]. Si è detto che Dante la vide soltanto una volta e mai le parlò (ma altre versioni sono da ritenersi ugualmente valide). Più interessante è però, al di là degli scarni dati biografici che ci sono rimasti, è la Beatrice divinizzata, e dunque sublimata della '' Vita Nuova '': l'angelo che opera la conversione spirituale di Dante, lo studio psicologico che compie il poeta sul proprio innamoramento. L'[[introspezione]] [[psicologia|psicologica]], l'[[autobiografia|autobiografismo]], ignoto al medioevo, guardano già al [[Petrarca]] e più lontano ancora, al [[Rinascimento]]. Il Nome [[Beatrice]], assumerà soprattutto nella [[Divina Commedia]] la sua reale importanza, in quanto, etimologicamente parlando significa "Portatrice di Beatitudine", tanto che solo questa figura potrà condurre Dante lungo il percorso del [[Paradiso]].
 
È difficile riuscire a capire in cosa sia consistito questo [[amore]], ma qualcosa di estremamente importante stava accadendo per la cultura italiana: è nel nome di questo amore che Dante ha dato la sua impronta al [[Dolce stil novo]] e condurrà i poeti e gli scrittori a scoprire i temi dell'amore, in un modo mai così enfatizzato prima.
 
L'amore per Beatrice (come in modo differente [[Francesco Petrarca]] mostrerà per la sua [[Laura (Petrarca)|Laura]]) sarà il punto di partenza per la formulazione della sua concezione del dolce stil novo, nuova concezione dell'amor cortese sublimata dalla sua intensa sensibilità religiosa (il culto [[Madonna|mariano]] con le [[lauda|laudi]] arrivato a Dante attraverso le correnti pauperistiche del Duecento, dai [[Francescani]] in poi), per poi approdare alla filosofia dopo la morte dell'amata, che segna simbolicamente il distacco dalla tematica amorosa e l'ascesa del Sommo Poeta verso la sapienza, luce abbacinante e impenetrabile che avvolge Dio nel [[Paradiso]] della [[Divina Commedia]].
 
=== Filosofia e politica ===
Quando Beatrice morì nel [[1290]], Dante cercò di trovare un rifugio nella [[letteratura latina]]. Dal ''[[Convivio]]'' sappiamo che aveva letto il ''[[De consolatione philosophiae]]'' di [[Anicio Manlio Torquato Severino Boezio|Boezio]] e il ''[[De amicitia]]'' di [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]]. Egli allora si dedicò agli [[filosofia|studi filosofici]] presso le scuole religiose come quella Domenicana in [[Santa Maria Novella]]. Prese parte alle dispute che i due principali ordini monastici ([[Ordine francescano|Francescani]] e [[Ordine domenicano|Domenicani]]) pubblicamente o indirettamente tennero in [[Firenze]], gli uni spiegando la dottrina dei mistici e di [[San Bonaventura]], gli altri presentando le teorie di [[San Tommaso D'Aquino]]. La sua "eccessiva" passione per la filosofia gli sarebbe stata successivamente rimproverata da Beatrice nel [[Purgatorio]].
 
Dante fu anche soldato, e l'[[11 giugno]] [[1289]] combatté nella [[battaglia di Campaldino]] che vide contrapposti i cavalieri fiorentini ad [[Arezzo]]; successivamente, nel [[1294]], avrebbe fatto parte della delegazione di cavalieri che scortò [[Carlo Martello d'Angiò]] (figlio di [[Carlo II d'Angiò]]) quando questi si trovava a [[Firenze]]. Dante stesso cita [[Carlo Martello d'Angiò]] nella [[Divina Commedia]] ([[Paradiso (Divina Commedia)|Paradiso]], Ct. VIII, 31 e Ct. IX, 1 - [http://www.soc-dante-alighieri.it/10-pubblicazioni/hochfeiler/paradiso/person/carlomar.htm vedi])
 
== Opere ==