Discussione:Islam: differenze tra le versioni
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::Un punto da approfondire è però quello della lingua scritta, poichè la versione che propongo è molto comune solo nella lingua parlata, mentre su giornali ed altri scritti (a parte i suddetti libri della grande Oriana) essa non compare.
::Ritengo però che fratture tra il parlato e lo scritto vadano evitate e dovrebbe essere lo scritto a piegarsi al parlato per una evidente differenza di dimensioni (si parla e si ascolta di più di quello che si scrive e si legge).
::Dici, 17 novembre 2006{{nf|16:54, 17 nov 2006|87.2.205.205}}
:::Cara/o Dici (ancora non registrato/a), la mia intenzione non era di mettere supponentemente alla berlina la tua tesi ma solo, innocentemente, di scherzarci un po' su, ben sapendo che rischiavo, visto che su Wiki scrivono molti giovani e giovanissimi che spesso non hanno ancora maturato il ''sense of humour/humor'' (scegli tu, ''ad libitum'', se è meglio la forma inglese o americana). A parte il mio ''divertissement'' - del quale mi scuso se ha urtato la suscettibilità di qualcuno (spero non la tua) - si tratta della solita ''vexata quaestio'': deve prevalere subito e senza discussione la forma del parlato o è bene difendere quelle che un tempo erano chiamate le "belle lettere"? Io propendo per la seconda ipotesi, anche se so che la lingua è una cosa viva e che non la si può bloccare storicamente. So però anche che "la moneta cattiva caccia quella buona" e che assistiamo (grazie anche all'enorme, pur se in linea di massima benefico, sviluppo dei moderni strumenti di comunicazione di massa) a un degrado scarsamente contrastato della lingua e della cultura nazionale, a favore di una certo qual involgarimento (che, in effetti, ha a che fare con la maggioranza della gente, sia pur nell'accezione semanticamente negativa del "volgo"). A favore del dilagare nell'indifferenza di un "pidgin english" pseudo-modernizzante e dell'appiattimento culturale. Difetti della scuola dell'obbligo e della televisione, affermava Pasolini, parlando dell'Italia reale (e contadina) a fronte dell'Italia da rotocalco (allora) e da ''reality?'' (oggi).<br />
:::Io ho la sindrome da "ultimo giapponese" e, finché posso, metto gli accenti giusti, evito di scrivere "qual è" con l'apostrofo e uso un lessico affermatosi grazie ai "buoni modelli letterari contemporanei incarnati, da Lampedusa, Sciascia, Pasolini, Pratolini, Gadda ecc. Contrasto finché posso (nota l'accento!) quelle che a mio parere sono le sciatterie lessicali e sintattiche. Pur sapendo che perderò, con ogni probabilità. Ma ho sempre pensato (e agito) che vale comunque la pena tentare di svuotare il mare col ditale.<br />
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