Nel settembre 1996 i Talebani presero Kabul. Il presidente Rabbani, con altre cariche politiche e militari, riuscì a fuggire nelle province settentrionali, mentre Najibullah non fece in tempo, sicuro tuttavia che i talebani non avrebbero osato entrare nel palazzo dell'ONU per prelevarlo e lo avrebbero lasciato lì in pace, mentre, come auspicato dal [[mullā]] [[Mohammed Omar]] (leader dei [[Talebani]]), venne subito [[Pena di morte|condannato a morte]]. L'esecuzione di Najibullah fu il primo brutale atto simbolico dei talebani a Kabul. Fu un omicidio premeditato, compiuto allo scopo di terrorizzare la popolazione: i talebani arrivano all'alloggio di Najibullah intorno all'una di notte, tramortirono lui e il fratello, li caricarono su una camionetta portandoli nel palazzo presidenziale oscurato. Qui evirarono Najibullah, lo legarono dietro una jeep trascinandolo per varie volte intorno al palazzo, poi lo finirono con una pallottola. Suo fratello venne torturato allo stesso modo e poi strangolato. I due cadaveri vennero appesi a una garitta di cemento davanti al palazzo a pochi isolati dal complesso dell'ONU<ref>{{Cita news|url=http://archiviostorico.corriere.it/1996/settembre/28/Ora_Kabul_comanda_solo_Corano_co_0_96092812568.shtml|titolo="Ora a Kabul comanda solo il Corano"|pubblicazione=Corriere della Sera|data=28 settembre 1996|accesso=17 dicembre 2009|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100913013252/http://archiviostorico.corriere.it/1996/settembre/28/Ora_Kabul_comanda_solo_Corano_co_0_96092812568.shtml|dataarchivio=13 settembre 2010}}</ref>.
Il mullah Omar, nuovo capo della shura di Kabul, dichiarò che Najibullah era un comunista e un assassino e che era stato condannato a morte dai talebani; venne fatto notare che la mutilazione del corpo era inammissibile in base a ogni legge islamica, mentre l'assenza di un processo equo e l'esposizione pubblica del cadavere suscitarono l'avversione di molti kabuliani. Il suo corpo venne trasportato nelle province di [[Gardez]] e [[Paktia]] per poi essere seppellito accanto agli altri membri della sua tribù.