Castagna: differenze tra le versioni

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=== Novecento ===
Nel Novecento la castanicoltura italiana si evolve in maniera travagliata: nella prima metà del secolo, con le sue produzioni diversificate, la castanicoltura continua a mantenere un ruolo strategico per la sopravvivenza di una larga fascia di popolazione della montagna italiana. Le produzioni rimangono importanti soprattutto rispetto agli altri scomparti frutticoli (la castagna copre il 45% della produzione frutticola italiana); oltre a soddisfare un consistente consumo nazionale, la castagna diventa oggetto di una vivace commercializzazione sia sui mercati europei che di Oltreoceano. Negli anni 1951-52 si registrò una produzione record con una media di ql. {{m|9,38|ul=q}} per [[ettaro]] ed una raccolta nazionale stimata intorno a ql. 1.692.000{{m|1692000|u=q}} di castagne raccolte, dati eccezionali che si registrarono soprattutto grazie ad una delle piovosità estive più alte della seconda metà del Novecento: 217,6 mm dei quali ben 121,6 ad agosto, mese in cui il frutto ha più bisogno di acqua per prendere consistenza.
 
Dopo questo prosperoso periodo, nella seconda metà del Novecento la castanicoltura ha manifestato una notevole crisi determinata da molteplici fattori; in modo particolare ha inciso l'ulteriore sviluppo [[Terza rivoluzione industriale|dell'industria]], che ha spinto la popolazione di montagna ad abbandonare le campagne e le colture più disagevoli, diminuendo, quindi, le cure e le attenzioni verso i castagneti.