Ornette Coleman: differenze tra le versioni

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|anno inizio attività = 1958
|anno fine attività = 2015
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{{Bio
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Durante il 1959 Coleman stava vivendo un periodo di ferventi attività. Il suo ultimo disco uscito per la Contemporary era stato ''[[Tomorrow Is the Question!]]'', che per la prima volta vedeva escluso il suono del pianoforte dalla musica suonata. La mossa seguente di Coleman fu quella di ingaggiare il contrabbassista [[Charlie Haden]] – che si rivelerà nel tempo uno dei suoi più importanti collaboratori – in un gruppo con Haden, Cherry, e Higgins. (Tutti e quattro avevano suonato con Paul Bley l'anno precedente.) Poi, firmò un contratto con la [[Atlantic Records]] e pubblicò il seminale ''[[The Shape of Jazz to Come]]''. L'album, secondo il critico Steve Huey, è "un evento epocale nella genesi del jazz d'avanguardia, un profondo cambiamento di percorso musicale da parte di Coleman, e un guanto di sfida gettato nell'ambiente jazz che alcuni ancora non sono venuti a raccogliere".<ref>{{Cita web| cognome =Huey| nome =Steve| titolo=The Shape of Jazz To Come|url = http://www.allmusic.com/cg/amg.dll?p=amg&sql=Artkxikbhbb39}}</ref> Anche se per certi versi, il materiale presente nel disco è ancora basato sugli stilemi del [[blues]] e spesso abbastanza melodico, all'epoca le composizioni crearono sconcerto e vennero criticate per l'inusuale struttura armonica e temporale. Alcuni musicisti e parte della critica videro Coleman solo come un provocatore iconoclasta; altri invece, compreso [[Leonard Bernstein]] ed il compositore [[Virgil Thomson]], lo proclamarono un genio e un vero innovatore.<ref>{{Cita web| titolo=Ornette Coleman biography on Europe Jazz Network| url=http://www.ejn.it/mus/coleman.htm| urlmorto=sì| urlarchivio=https://web.archive.org/web/20101124200347/http://www.ejn.it/mus/coleman.htm| dataarchivio=24 novembre 2010}}</ref>
 
Le opinioni comunque, erano le più disparate: [[Miles Davis]] dichiarò che Coleman era solo "uno svitato" (anche se poi ritrattò il suo giudizio in seguito), [[Dizzy Gillespie]] una sera in un locale si piazzò davanti al quartetto con le braccia conserte e disse: ''«Ma state facendo sul serio??»'',<ref>Boccadoro, Carlo. ''Jazz!'', Einaudi, 2005, pag. 121, ISBN 978-88-06-17911-3</ref> e [[Roy Eldridge]] affermò: ''«L'ho ascoltato in tutte le maniere. L'ho ascoltato mentre ero ubriaco e quando ero completamente sobrio. Ho persino suonato con lui. Penso che ci stia solo prendendo in giro tutti».''<ref>{{Cita news | nome=Juan | cognome=Rodriguez | titolo=Ornette Coleman, jazz's free spirit | data=20 giugno 2009 | editore=The Montreal Gazette | pubblicazione =The Montreal Gazette}} </ref>
 
Parte dell'unicità del sound iniziale di Coleman è da attribuirsi al suo utilizzo di un sassofono in plastica. Aveva comprato il sassofono in plastica a Los Angeles nel 1954 perché non poteva permettersene uno in metallo, sebbene inizialmente non gli piacesse il suono che aveva lo strumento, presto ci si adattò.<ref>Litweiler p.31</ref> Coleman affermò in seguito che essendo di plastica, il sax aveva un suono più "secco", senza il caratteristico suono tintinnante del metallo.