Vincenzo Monti: differenze tra le versioni

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Dopo la sconfitta di Napoleone, Monti non si fece scrupoli nel dedicare pari lodi al nuovo sovrano, l'imperatore d'[[Impero Austriaco|Austria]] e Re del [[Regno Lombardo-Veneto|Lombardo-Veneto]] [[Francesco I d'Austria|Francesco I]], e ne fu ricompensato conservando il ruolo di poeta di corte, anche se gli zecchini annui si ridussero a 1200. Ci fu tuttavia minore entusiasmo, e tutto ciò che partorì furono due azioni drammatiche rappresentate alla [[Teatro alla Scala|Scala]], rispettivamente il 15 maggio [[1815]] e il 6 gennaio [[1816]], intitolate ''Il mistico omaggio'' e ''Il ritorno di Astrea''.
 
Il Monti di questi anni rivendica il merito di una "Riformariforma" letteraria intervenuta nella letteratura nel ventennio tra la ''Bassvilliana'' e la sua traduzione dell'''Iliade'', passando per la ''Mascheroniana''; una ripresa dello studio dei classici, e di [[Dante]]. Lo afferma in una lettera del [[1815]], rispondendo all'invito di scrivere lui una prefazione alla ''[[Biblioteca Italiana]]'', periodico voluto dall'[[Austria]].
[[File:00 Busto e teca con il cuore di Vincenzo Monti, con dedica. Biblioteca Ariostea, Ferrara.jpg|thumb|Busto e teca con il cuore di Vincenzo Monti conservati nella [[Biblioteca comunale Ariostea|Biblioteca Ariostea]], accanto al [[Tomba di Ludovico Ariosto|mausoleo di Ludovico Ariosto]], a Ferrara.]]
Nella lettera dice anche che due ostacoli lo disturbano: la parte scientifica, per la quale ha bisogno che "altri gli forniscano il materiale", e il suo riconoscersi come personaggio fondamentale per la letteratura di allora, e quindi la prospettiva di ritrovarsi a parlare di sé stesso nella prefazione (non volendosi dare meriti altrui ma nemmeno omettere ciò di cui si crede meritevole). Importante è la parola "Riforma", che veniva utilizzata in origine per il [[Neoclassicismo]]; ma Monti fa partire questa riforma dal 1793 (il Neoclassicismo nasce secondo [[Giosuè Carducci|Carducci]] con la [[Trattato di Aquisgrana (1748)|pace di Aquisgrana]] nel [[1748]] e per gli studiosi più recenti con le scoperte di [[Pompei]] e gli scritti di [[Winckelmann]]) e la fa concludere al più tardi nel 1812; la descrive come riforma esclusivamente letteraria e quindi in niente debitrice a Winckelmann, alle arti, all'[[archeologia]].
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Quattro anni più tardi compose un inno a lode di Francesco, ''Invito a Pallade''.
 
Nel [[1822]] morì il genero Giulio Perticari, che il poeta considerava come un figlio nonostante un precedente litigio, e a questo dolore si unì la diffamazione cui la figlia Costanza andò incontro, accusata di aver trascurato il marito o addirittura di averlo ucciso. Alcune voci pretesero addirittura l'esistenza di una complicità del padre nel presunto complotto. Addolorata, Costanza tornò a vivere con i genitori.
 
Nel [[1825]] la "tenera amica"<ref>Lettera di V.M. ad [[Antonio Papadopoli]] del 30 agosto 1825</ref> [[Antonietta Costa]], marchesa genovese, chiese a Monti un componimento in occasione delle nozze del figlio Bartolomeo con la marchesa Maria Francesca Durazzo. Da ciò nacque il ''Sermone sulla mitologia'', poemetto in sciolti, feroce invettiva contro le manifestazioni orride e macabre del [[romanticismo]] nordico, colpevole di aver scalzato gli dèi dalla poesia. In particolare depreca la traduzione della ''[[Lenore]]'' di [[Gottfried August Bürger]] fatta da [[Giovanni Berchet]] e il ritorno in auge dei temi [[Ossian|ossianico]]-[[Poesia cimiteriale|cimiteriali]] di gusto lugubre [[Preromanticismo|preromantico]]. Evidenti paiono i richiami ad alcune opere critiche di [[Voltaire]]<ref>Così Melchiorre Missirini, in un articolo apparso sulla ''Biblioteca Italiana'' nel 1834, e più recentemente, nel 1905, Bertana, in op.cit.</ref> ma anche all'ode ''Gli Dèi della Grecia'' che [[Friedrich Schiller]] aveva pubblicato nel [[1788]]. Ad avvalorare tale tesi è il poeta stesso, definendo Schiller secondo solo a Shakespeare nella gerarchia delle sue preferenze letterarie.<ref>Lettera a Carlo Tedaldi Fores del 1825</ref> Vanno ravvisati anche rimandi all'inno ''Alla Primavera'' di Leopardi (1824).<ref>Bertoldi, p.125</ref> Monti prende così posizione [[Classicismo (letteratura)|classicista]] nella polemica anti-romantica suscitata da [[Madame de Staël]].
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[[File:Filippo Agricola - Constance Monti Perticari.jpg|thumb|upright=0.7|Il ritratto di Costanza Monti Perticari dipinto da Filippo Agricola]]
Contemporaneamente, Monti scriveva anche canzoni più intime e familiari, come il dolcissimo sonetto ''Per un dipinto dell'Agricola'', dedicato alla figlia Costanza, che era stata ritratta dal [[Filippo Agricola|pittore]], o come la [[Canzone leopardiana|canzone libera]] ''Pel giorno onomastico della mia donna Teresa Pikler'', composta tra il settembre e l'ottobre del 1826. Qui, la moglie e la figlia vengono definite solo conforto alla vecchiaia del poeta, e solo motivo di dispiacere per il prossimo abbandono di un mondo che riserva solo sofferenze. Era come se "la vecchiezza, non che inaridisse la vena dell'affetto, anzi le fece più abbondante. Così, negli ultimi anni del suo vivere, egli era l'aquila che, stanca di tanti arditissimi voli, stanca di alzar le penne fino al sole o di mescersi coi nembi e le procelle, ritornava al nido per riposarvisi, chiudendo le grandi ali sul capo dei suoi cari". Nell'opera Monti ripercorre anche la propria vicenda letteraria e umana.<ref>Zumbini, p.250</ref>
 
Si schierò quindi in difesa dell'uso in letteratura della mitologia e della tradizione classica, ma al tempo stesso mantenne buoni rapporti con gli esponenti delle nuove tendenze romantiche e nel [[1827]] espresse giudizi entusiastici sulla lettura dei ''[[Promessi Sposi]]''. Si inserì nella disputa sulla questione della lingua, ponendosi su posizioni fortemente avverse al padre [[Antonio Cesari]] e ai [[Purismo (letteratura)|puristi]], sminuendo il [[XIV secolo|Trecento]] per passare in rassegna tutti gli uomini di cultura del [[XVIII secolo|Settecento]].<ref>Muscetta, p.XLV-I</ref> In questa linea si situano i sette volumi di ''Proposte di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca'', in cui, variando con maestria i toni del discorso, attacca i cruscanti mostrando molti errori da loro commessi in merito a singoli vocaboli.