Alarico I: differenze tra le versioni

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=== Seconda invasione dell'Italia, sacco di Roma e morte ===
BenPrima prestodi siprocedere presentaronoall'invasione al cospetto didell’Italia, Alarico dueinviò ambasciatoririchiesta inviatial dalcognato senato[[Ataulfo]], romanocomandanteøùúúúúúúúšššši per aprire le negoziazioni: essi erano Basiliocombatterlo e Giovanni, quest'ultimo ex ''primicerius notariorum'' e conoscente del re gotosconfiggerlo.<ref name="ZosV40">Zosimo, V,40.</ref> I due ambasciatori rammentarono ad Alarico che i Romani erano pronti ad uscire dalla città armati per combatterlo e sconfiggerlo.<ref name=ZosV40/> Alarico rispose che non aveva paura delle loro minacce, affermando sprezzantemente che «l'erba folta è più facile da tagliare rispetto all'erba rada».<ref name="ZosV40" /> Il re goto, inoltre, ribadì che non avrebbe levato l'assedio fintanto non avesse ricevuto tutto l'oro, l'argento, le suppellettili e gli schiavi della città.<ref name="ZosV40" /> Quando gli ambasciatori gli chiesero cosa sarebbe rimasto agli abitanti di Roma, si tramanda che Alarico avesse risposto «le vostre vite».<ref name="ZosV40" /> Dopo altri incontri, Alarico stabilì che la città avrebbe dovuto pagargli {{formatnum:5000}} libbre d'oro, {{formatnum:30000}} libbre d'argento, {{formatnum:4000}} vestiti di seta, {{formatnum:3000}} pelli scarlatte, e {{formatnum:3000}} libbre di pepe.<ref>Zosimo, V,42.</ref> Nel frattempo il senato aveva inviato un'ambasceria presso Onorio per comunicargli le proposte di Alarico in cambio della pace: il re goto, in cambio di una modesta somma di denaro e della cessione in ostaggio di alcuni figli di persone di rango illustre, offriva non solo la sospensione delle ostilità ma anche un'alleanza militare contro qualunque nemico dello stato romano.<ref name="ZosV43">Zosimo, V,43.</ref> Dopo il pagamento del tributo, Alarico tolse momentaneamente il blocco alla città, concedendo per tre giorni agli abitanti di Roma la possibilità di uscire liberamente dalle mura per acquistare al Porto le provviste necessarie e portarle dentro la città.<ref name="ZosV43" /> Tuttavia, alcuni soldati visigoti, disobbedendo agli ordini del loro re, aggredirono alcuni cittadini romani usciti dalle mura per fare acquisti al porto.<ref name="ZosV43" /> Quando Alarico ne venne informato, volle punire gli autori dell'aggressione, per rendere chiaro e tondo che quell'atto era stato commesso contro la sua volontà.<ref name="ZosV43" /> I Visigoti si allontanarono momentaneamente dall'Urbe, spostandosi in [[Tuscia]].<ref name="ZosV43" /> Nel frattempo, numerosi schiavi fuggirono da Roma, e si arruolarono nell'esercito di Alarico, portandolo ad annoverare {{formatnum:40000}} soldati.<ref name="ZosV43" /> Tutti questi avvenimenti avvennero negli ultimi mesi dell'anno 408.[[File:John William Waterhouse - The Favorites of the Emperor Honorius - 1883.jpg|miniatura|upright=1.4|''The Favorites of the Emperor Honorius'', [[John William Waterhouse]], 1883.]]
Prima di procedere all'invasione dell’Italia, Alarico inviò richiesta al cognato [[Ataulfo]], comandante di un gruppo di [[Goti]] e [[Unni]] insediatosi in Pannonia, di raggiungerlo in Italia.<ref name=ZosV37>Zosimo, V,37.</ref> Prima tuttavia di attendere il suo arrivo, Alarico oltrepassò le Alpi, e invase la Penisola.<ref name=ZosV37/> Passò per Aquileia e per le città di [[Concordia Sagittaria|Concordia]], [[Altino (città romana)|Altino]] e [[Cremona]], poi attraversò il [[Po]], e si diresse verso ''[[Bononia]]'' (Bologna).<ref name=ZosV37/> Dopo aver attraversato la provincia di Emilia, seguì il percorso della [[Via Flaminia]] passando per Rimini e procedendo poi attraverso il Piceno.<ref name=ZosV37/> A questo puntò cambiò direzione verso Roma, devastando tutte le città lungo il tragitto.<ref name=ZosV37/> Giunto nei pressi della città, ne occupò il porto e il corso del fiume Tevere, per impedire l'introduzione di rifornimenti nell'Urbe, per ridurla agli stremi.<ref name=ZosV39>Zosimo, V,39.</ref> La carestia conseguentemente si diffuse in città, mietendo molte vittime.<ref name=ZosV39/>
 
Ben presto si presentarono al cospetto di Alarico due ambasciatori inviati dal senato romano per aprire le negoziazioni: essi erano Basilio e Giovanni, quest'ultimo ex ''primicerius notariorum'' e conoscente del re goto.<ref name=ZosV40>Zosimo, V,40.</ref> I due ambasciatori rammentarono ad Alarico che i Romani erano pronti ad uscire dalla città armati per combatterlo e sconfiggerlo.<ref name=ZosV40/> Alarico rispose che non aveva paura delle loro minacce, affermando sprezzantemente che «l'erba folta è più facile da tagliare rispetto all'erba rada».<ref name=ZosV40/> Il re goto, inoltre, ribadì che non avrebbe levato l'assedio fintanto non avesse ricevuto tutto l'oro, l'argento, le suppellettili e gli schiavi della città.<ref name=ZosV40/> Quando gli ambasciatori gli chiesero cosa sarebbe rimasto agli abitanti di Roma, si tramanda che Alarico avesse risposto «le vostre vite».<ref name=ZosV40/> Dopo altri incontri, Alarico stabilì che la città avrebbe dovuto pagargli {{formatnum:5000}} libbre d'oro, {{formatnum:30000}} libbre d'argento, {{formatnum:4000}} vestiti di seta, {{formatnum:3000}} pelli scarlatte, e {{formatnum:3000}} libbre di pepe.<ref>Zosimo, V,42.</ref> Nel frattempo il senato aveva inviato un'ambasceria presso Onorio per comunicargli le proposte di Alarico in cambio della pace: il re goto, in cambio di una modesta somma di denaro e della cessione in ostaggio di alcuni figli di persone di rango illustre, offriva non solo la sospensione delle ostilità ma anche un'alleanza militare contro qualunque nemico dello stato romano.<ref name=ZosV43>Zosimo, V,43.</ref> Dopo il pagamento del tributo, Alarico tolse momentaneamente il blocco alla città, concedendo per tre giorni agli abitanti di Roma la possibilità di uscire liberamente dalle mura per acquistare al Porto le provviste necessarie e portarle dentro la città.<ref name=ZosV43/> Tuttavia, alcuni soldati visigoti, disobbedendo agli ordini del loro re, aggredirono alcuni cittadini romani usciti dalle mura per fare acquisti al porto.<ref name=ZosV43/> Quando Alarico ne venne informato, volle punire gli autori dell'aggressione, per rendere chiaro e tondo che quell'atto era stato commesso contro la sua volontà.<ref name=ZosV43/> I Visigoti si allontanarono momentaneamente dall'Urbe, spostandosi in [[Tuscia]].<ref name=ZosV43/> Nel frattempo, numerosi schiavi fuggirono da Roma, e si arruolarono nell'esercito di Alarico, portandolo ad annoverare {{formatnum:40000}} soldati.<ref name=ZosV43/> Tutti questi avvenimenti avvennero negli ultimi mesi dell'anno 408.
[[File:John William Waterhouse - The Favorites of the Emperor Honorius - 1883.jpg|miniatura|upright=1.4|''The Favorites of the Emperor Honorius'', [[John William Waterhouse]], 1883.]]
Agli inizi del 409, il senato romano inviò un'ulteriore ambasceria presso Onorio, sollecitandolo a concludere la pace con il re goto, senza ottenere però risultati a causa dell'influenza esercitata sull'Imperatore dal ''magister officiorum'' Olimpio, contrario ad ogni negoziazione con i Barbari.<ref>Zosimo, V,44.</ref> Onorio decise tuttavia di munire Roma di una forte guarnigione, in modo che potesse resistere più agevolmente agli assalti di Alarico: ordinò quindi a {{formatnum:6000}} soldati provenienti dalla Dalmazia di marciare su Roma per presidiarla.<ref name=ZosV45>Zosimo, V,45.</ref> Poiché il loro comandante Valente, sprezzante del pericolo, aveva deciso di marciare sull'Urbe percorrendo strade sorvegliate dal nemico, Alarico si accorse del piano di Onorio e riuscì a sventarlo: attaccando con il suo esercito i {{formatnum:6000}} soldati dalmati di Valente, Alarico riuscì ad annientarli quasi completamente; solo 100 di essi, insieme al loro comandante Valente e a Prisco Attalo, riuscirono a riparare dentro le mura dell'Urbe.<ref name=ZosV45/> Alarico catturò inoltre uno degli ambasciatori presso Onorio, Massimiano, che fu poi riscattato dal genitore al prezzo di {{formatnum:30000}} aurei.<ref name=ZosV45/> Il re goto, contrariato non solo per il rifiuto da parte di Onorio di proseguire le trattative ma anche per la sortita delle legioni dalmate di Valente, ripristinò il blocco all'Urbe, privando di nuovo i suoi abitanti della libertà di uscire dalle mura.<ref name=ZosV45/>