Vangelo secondo Matteo: differenze tra le versioni
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== Descrizione ==
La tradizione cristiana attribuisce la composizione del vangelo a Matteo, uno degli apostoli di Gesù. Similmente agli altri due vangeli sinottici e a differenza del Vangelo secondo Giovanni, in Matteo Gesù parla più del Regno dei Cieli che di se stesso, e insegna principalmente attraverso brevi parabole o detti piuttosto che con lunghi discorsi. Il racconto della nascita, con l'omaggio dei saggi, la fuga in Egitto e la strage degli innocenti, non ha paralleli negli altri vangeli ed è differente dal corrispondente racconto in Luca. Tra le peculiarità del Vangelo secondo Matteo c'è il racconto dell'incarico dato da Gesù a Pietro apostolo, che ha avuto una grossa influenza nei secoli successivi.
Include molto materiale sugli insegnamenti di Gesù, e si distingue per l'ampio uso di citazioni dell'Antico Testamento e per l'attenzione alla comunità giudeo-cristiana, ma anche per affermazioni considerate anti-ebraiche.
== Composizione ==
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=== Datazione ===
L'anno di composizione del vangelo non è noto con precisione. Sebbene sia di recente emersa una tendenza a datare il vangelo prima del [[70]]<ref name="Allison">Dal C. Allison Jr., ''Matthew'', in Muddiman e Barton, ''The Gospels - The Oxford Bible Commentary'', 2010.</ref>, la maggioranza degli studiosi data questo vangelo tra il [[70]] e la fine del [[I secolo]].<ref>Brown (1997), p. 172.</ref><ref group=Nota>Ehrman (2004), p. 110 e Harris (1985) indicano l'intervallo 80-85.</ref><ref group=Nota>Schnackenburg (2002) e Harrington (1991) propongono una datazione tra l'85 e il 90, Allison (2010) indica una preferenza della maggioranza per l'ultimo quarto del primo secolo.</ref> L'opera deve essere stata composta entro la fine del primo secolo<ref name="Allison"/>, perché le opere di [[Ignazio di Antiochia]], in particolare la [[Lettera di Ignazio agli Smirnesi|lettera agli Smirnesi]] ([[107]]-[[110]]), presuppongono la lettura del Vangelo di Matteo<ref>Gerd Theissen, ''Il Nuovo Testamento'', Carocci, 2003.</ref> e presentano forti indizi «per la sua conoscenza delle lettere paoline e del ''Vangelo di Marco''»<ref>P. Foster, ''The Epistles of Ignatius of Antioch and the Writings that later formed the NT'', in Gregory & Tuckett, (2005), ''The Reception of the NT in the Apostolic Fathers'' OUP, p. 186, ISBN 978-0-19-926782-8.</ref>. Lo stesso autore della [[Didaché]] (scritta intorno al [[100]]) mostra a sua volta di conoscere questo vangelo<ref name="ODCC self">"Matthew, Gospel acc. to St." Cross, F. L., ed. ''The Oxford dictionary of the Christian church'', New York, Oxford University Press, 2005.</ref>
<ref name="Allison"/>.
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Il testo è anonimo, in quanto non presenta il nome dell'autore.<ref name="Harrington">Daniel J. Harrington, ''The Gospel of Matthew'', 1991.</ref>
La tradizione cristiana antica attribuisce a [[Matteo apostolo ed evangelista|Matteo apostolo]] la composizione dell'omonimo vangelo, risalendo agli scritti di [[Papia di Ierapoli]], nella prima metà del II secolo, il quale affermò che Matteo raccolse i [[Fonte Q|detti di Gesù]] scrivendoli nella lingua degli Ebrei;<ref name="Ehrman44">Ehrman (2001), p. 44.</ref><ref name="Mills">Mills (2003)</ref> non risulta siano mai stati proposti altri autori.<ref name="France"/>
A partire dal XVIII secolo gli esegeti biblici hanno messo in discussione la possibilità che Matteo abbia scritto questo vangelo.<ref name="Bart92">Ehrman (2004), p. 92.</ref> Allo stato attuale non ci sono evidenze sufficienti per attribuire la redazione finale del testo a Matteo o a un altro autore<ref>White (2004).</ref>, ma la maggior parte degli studiosi moderni preferisce comunque attribuire ''Matteo'' a un anonimo cristiano che scrisse verso la fine del I secolo.<ref name="Amy">Levine (2001), p.372-373.</ref> Secondo [[Gerd Theissen]], ad esempio, il testo attuale non sarebbe opera di Matteo, ma ritiene possibile che una delle fonti utilizzate per la sua stesura, la [[fonte Q]], possa essere ricondotta all'apostolo.<ref name="Theissen">Gerd Theissen, ''Il Nuovo Testamento'', 2002.</ref> Gli esegeti della [[École biblique et archéologique française]] (i curatori della [[Bibbia di Gerusalemme]])<ref>Bibbia di Gerusalemme, EDB, 2011, p. 2300, ISBN 978-88-10-82031-5.</ref> ritengono comunque che la fonte Q, così come il vangelo attribuitogli, non sia identificabile con l'apostolo Matteo: "Alcuni hanno perfino proposto di identificare la fonte Q (raccolta soprattutto di «parole» di Gesù) con Matteo, del quale Papia dice che ha messo in ordine i «detti» del Signore. Ma Papia usa la stessa espressione per indicare Marco (cf anche il titolo della sua opera) e nulla permette di pensare che il Matteo di cui parla abbia contenuto solo dei logia [detti di Gesù]".
Gli esegeti della [[Bibbia CEI]] (nella sua versione del 2008) ritengono possibile che un primo nucleo del Vangelo di Matteo (forse la fonte del Vangelo di Marco o la fonte Q) sia stato scritto in aramaico tra il 40 ed il 50, ma che la versione giunta a noi sia una redazione greca, scritta attingendo dal Vangelo di Marco.<ref>{{Cita libro|cognome=Edb|titolo=La Sacra Bibbia. UELCI. Versione ufficiale della Cei|url=https://books.google.com/books?id=PFGWLAAACAAJ&newbks=0&hl=it|accesso=2021-05-21|data=2008|editore=EDB|lingua=it|ISBN=978-88-10-82036-0}}</ref>
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Il primo riferimento a un testo scritto dal discepolo Matteo proviene da [[Papia di Ierapoli|Papia]], vescovo di [[Hierapolis]] in [[Anatolia]], negli [[anni 120]]. Papia, la cui testimonianza è tramandata da [[Eusebio di Cesarea]] (IV secolo),<ref>Eusebio di Cesarea, ''Storia ecclesiastica'', 3,39.</ref> scrisse: «Matteo ordinò in lingua ebraica (o: ''aramaica'') i detti, e ciascuno lo tradusse (o: ''interpretò'') come meglio poté».<ref>Allison and Davies 2004, p. xi.</ref> La notizia che Matteo scrisse il testo in ebraico è confermata da altri autori antichi, tra i quali [[Ireneo di Lione|Ireneo]], [[Origene di Alessandria]], [[Eusebio di Cesarea|Eusebio]] e [[San Girolamo|Girolamo]], che parlano di lingua "ebraica" o "paterna".<ref name="Ricciotti"/> Tra i vangeli sinottici, quello di Matteo è peraltro quello che concede il maggiore spazio alle parole di Gesù, che occupano circa tre quinti del testo: non stupisce, quindi, che possa essere stato indicato da Papia come una [[Fonte Q|raccolta di detti]] (''logia'').<ref name="Ricciotti"/> Poiché secondo la costante attestazione dei documenti antichi Matteo fu il primo evangelista canonico e poiché Luca accenna a "molti" che hanno scritto i fatti relativi alla vita di Gesù, è stato ipotizzato che il testo in ebraico (o aramaico) di Matteo possa risalire al [[50]]-[[55]]<ref name="Ricciotti">Giuseppe Ricciotti, ''[[Vita di Gesù Cristo]]'', 1962.</ref>.
Secondo altri studiosi, però, il passo di Papia non è un riferimento al vangelo, in quanto esso fu composto in greco e non in ebraico.<ref name="Ehrman43">Ehrman (2001), p. 43.</ref> L'interpretazione della precedente citazione di Papia dipende dal significato del termine ''logia'', che letteralmente significa "oracoli", ma il cui uso da parte di Papia è controverso. Tradizionalmente lo si è assunto come un riferimento al ''Vangelo secondo Matteo''; alternativamente si è notato come gli scrittori del cristianesimo delle origini si riferiscano alle parole dell'[[Antico Testamento]] come ad "oracoli" per sostenere che si tratti di una lista di profezie dell'Antico Testamento compilata da Matteo; infine, questi ''logia'' sono stati interpretati come un elenco di detti (qualcosa di simile all'ipotetica [[fonte Q]]). In quest'ultimo caso non si tratterebbe del ''Vangelo secondo Matteo'' così come si è conservato, in quanto questo presenta molto materiale oltre ai detti.<ref name="Ehrman43"/><ref>G. W. Bromiley, ''The International Standard Bible Encyclopedia'', Wm. B. Eerdmans Publishing Publisher, p. 281.</ref>: Allison ricorda, a questo proposito, come fosse peraltro abbastanza comune assegnare a un testo il nome dell'autore di una delle sue fonti<ref name="Allison"/>
L'ipotesi di un precedente Matteo in aramaico non è ritenuta valida da molti studiosi - anche considerando, come precisato nella sezione [[Vangelo secondo Matteo#Autore|Autore]], che la quasi unanimità degli studiosi attuali, inclusi quelli cristiani, ritiene che l'autore del Vangelo di Matteo non fosse l'apostolo e neppure un testimone oculare - e gli esegeti dell'interconfessionale [[Bibbia TOB]]<ref>Bibbia TOB, Nuovo Testamento Vol.3, Elle Di Ci Leumann, pp. 40-41, 1976. (Cfr anche: Bart Ehrman, ''Il Nuovo Testamento'', Carocci Editore, 2015, pp. 120-121, 143-145, ISBN 978-88-430-7821-9; Raymond E. Brown, Joseph A. Fitzmyer, Roland E. Murphy, ''Nuovo Grande Commentario Biblico'', Queriniana, 2002, p. 821, ISBN 88-399-0054-3; John Dominic Crossan, ''Who killed Jesus?'', HarperOne, 1995, pp. 16-26, ISBN 978-0-06-061480-5; Raymond E. Brown, ''Questions and Answers on the Bible'', Paulist Press, 2003, p. 57, ISBN 978-08-091-4251-4.; Alfred Wikenhauser, ''Introduzione al Nuovo Testamento'', Padeia, 1981, p. 274, ISBN 978-88-394-0195-3.).</ref> sottolineano come il Vangelo secondo Matteo "non sembra essere una semplice traduzione di un originale aramaico, ma riflette una redazione greca" e quindi l'esame del vangelo in greco non sembra convalidare l'ipotesi che derivi da una precedente versione in aramaico. Anche [[Raymond Edward Brown|Raymond Brown]] - nel precisare come "la critica biblica è nuova sulla scena cattolica e ancora molto sospetta tra i cattolici di prospettiva più conservatrice" - sottolinea che "i cattolici romani furono tra gli ultimi a rinunciare alla difesa ufficiale della visione secondo cui il Vangelo è stato scritto da Matteo, uno dei Dodici - un cambiamento mostrato nel 1955 quando il segretario della Pontificia Commissione Biblica romana diede ai cattolici "piena libertà" in riferimento ai precedenti decreti della Commissione Biblica, tra cui uno che stabiliva che il greco Matteo era identico in sostanza con un Vangelo scritto dall'apostolo in aramaico o in ebraico"; tale teologo rileva in merito come la quasi totalità dei versetti del Matteo greco - 606 su 661 - sia in realtà una copia molto fedele di quelli del Vangelo secondo Marco, che usò come sua fonte principale.<ref>Raymond E. Brown, ''The Birth of the Messiah'', Doubleday, 1993, pp. 45-46, 27, 562, 573, ISBN 0-385-47202-1; Raymond E. Brown, ''An Introduction to the New Testament'', Doubleday, 1997, p. 204, ISBN 0385247672.</ref>
==== Matteo evangelista ====
Come ricordato, a partire dal II secolo, la tradizione cristiana attribuisce questo vangelo a [[Matteo apostolo ed evangelista|Matteo apostolo]].<ref name="Mills1">Watson E. Mills, Richard F. Wilson, Roger Aubrey Bullard (2003), p. 942.</ref>
I sostenitori dell'attribuzione a Matteo dell'omonimo vangelo notano come il testo rifletta la professione dell'autore, che era un esattore delle tasse: il ''Vangelo secondo Matteo'', infatti, fa riferimento al denaro molto più spesso degli altri, e lo fa utilizzando termini monetari specializzati.<ref>Werner G. Marx, ''Money Matters in Matthew'', ''Bibliotheca Sacra'' 136:542 (April-June 1979), pp. 148-157.</ref> Un esattore delle tasse romano come Matteo, inoltre, sarebbe stato in grado di riportare registrazioni accurate e dettagliate. Se fu Matteo a scrivere il vangelo, lo fece con umiltà, se descrive la festa che diede per Gesù come una cena,<ref>{{Cita passo biblico|Mt|9,9-10}}.</ref> quando l'autore del ''[[Vangelo secondo Luca]]'' parla di un grande banchetto.<ref>{{Cita passo biblico|Lc|5,29}}.</ref> Invece di tentare di nascondere la professione di Matteo, cosa che sarebbe stata segno di inaffidabilità, viene ammesso che egli era un esattore delle tasse, professione molto impopolare tra gli ebrei del I secolo, che spesso consideravano gli esattori traditori e sgherri dell'[[Impero romano]].<ref>Thomas L. Constable, ''Notes on Matthew 3-5''.</ref> Tono e contenuto sarebbero quindi in linea con la figura dell'apostolo<ref name="France"/>.
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