Giuseppe Garibaldi: differenze tra le versioni

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== Personalità ==
=== Il pensiero politico ===
Garibaldi non può definirsi propriamente un politico professante una precisa [[ideologia]]; in un'epoca in cui fiorivano molti ideali politici egli non aderì apertamente a nessuno di essi., Garibaldima attaccò il [[clericalismo]], il [[conservatorismo]], l'[[assolutismo]], qualsiasi ordinamento sociale che fosse basato sull'ingiustizia e la violenza. Il suo non era un atteggiamento rigido, quando si trattava di combattere per il bene dell'Italia; pragmaticamente disse {{Citazione|Pio IX e Carlo Alberto mi rappresentano Iddio, e non avrò ribrezzo ad adorarli se faranno il dover loro.<ref>A.M.Ghisalberti, Figure rappresentative del Risorgimento, Torino 1954, pp. 53</ref>}} e più tardi dichiarò che per l'Italia sarebbe stato disposto a seguire anche il diavolo. Del 1865 sono le sue parole:" {{Citazione|Ma avete mai inteso che io appartenga a qualche partito? Io ho sempre inteso di appartenere alla nazione italiana"<ref>A.M.Ghisalberti, op.cit.,p. 50</ref>}} e nel 1867, in un congresso a Ginevra, chiariva: "Noi non vogliamo abbattere le monarchie per fondare repubbliche, ma vogliamo distruggere l'assolutismo per fondare sulle sue rovine la libertà e il diritto".<ref>A.M.Ghisalberti, Figure rappresentative del Risorgimentoop.cit., Torino 1954, ppp. 50-51</ref> Egli proclamò una protesta ideale sociale che tuttavia non gli fu riconosciuta dal filosofo anarchico [[Pierre-Joseph Proudhon]] che lo accusava di aver intrapreso, assieme a Mazzini, un'unificazione italiana sotto il segno della monarchia sabauda e quindi un'opera di [[centralizzazione]] dello Stato a scapito del [[federalismo]] rispettoso delle libertà locali delle diverse popolazioni italiane.<ref>[https://www.corriere.it/unita-italia-150/10_dicembre_31/proudhon-libro-salvatori_3d371780-14f3-11e0-8d15-00144f02aabc.shtml?refresh_ce-cp ''Corriere.it'']</ref>
 
I maggiori protagonisti della storia risorgimentale italiana non lo riconobbero come un sostenitore dei loro programmi politici. Per [[Mazzini]], Garibaldi, dopo l'[[impresa dei Mille]], con la cessione delle sue conquiste al re era da considerarsi come un traditore<ref>Giacomo Emilio Curàtulo, ''Il dissidio tra Mazzini e Garibaldi: la storia senza veli. Documenti inediti'', A. Mondadori, 1928</ref> e a sua volta Garibaldi nel suo ''Memoriale'' giudica duramente Mazzini: