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'''Operazione Python''' era il [[nome in codice]] di un attacco scatenato nella notte tra l'8 e il 9 dicembre 1971 ad opera della [[Marina militare dell'India]] contro il porto [[pakistan]]o di [[Karachi]], nell'ambito dei più vasti eventi della [[guerra indo-pakistana del 1971]]. Dopo il primo, devastante attacco, lanciato con l'[[operazione Trident]] contro Karachi, il comando pakistano intensificò la sorveglianza aerea delle costa poiché la presenza in zona di grandi navi della Marina indiana dava l'impressione che fosse stato pianificato un altro attacco. Le navi da guerra pachistane ricevettero l'ordine di mescolarsi tra le navi mercantili presenti in porto. Per contrastare queste mosse, nella notte tre l'8 e il 9 dicembre 1971 fu lanciata l'operazione Python.
 
==Antefatti==
Dopo che nel novembre 1970 un [[ciclone]] aveva devastato il [[Bangladesh|Pakistan Orientale]] provocando 300.000 morti, la deficiente gestione delle operazioni di soccorso da parte del governo centrale di [[Islamabad]] diede vita a una rivolta popolare.<ref name=D4p87>{{Cita|Da Frè 2014|p. 87}}.</ref> Nel tentativo di prevenire lo scoppio di una guerra civile il 25 marzo 1971 il governo pakistano iniziò una dura repressione preventiva (Operazione Searchlight) che in poche settimane portò alla decimazione della classe dirigente bengalese.<ref name=D4p87/> Questo fatto diede iniziò a una rivolta armata, quella dei [[Mukhti Bahini]], a cui si unirono reparti regolari dell'[[esercito pakistano]] composti da uomini provenienti dal Pakistan Orientale che si erano [[Ammutinamento|ammutinati]].<ref name=D4p87/> In due mesi vi furono 20.000 morti, e la repressione pakistana portò ad un esodo di circa 10 milioni di persone verso l'India.<ref name=D4p87/> Questo fatto causò la messa in stato di allerta delle forze armate indiane che si prepararono allo scoppio di una [[guerra]].<ref name=D4p87/>
Nell'ottobre 1971 vi furono sanguinosi scontri tra le forze armate indiane e pakistane di frontiera, e il 23 novembre, dopo tre giorni di aperta battaglia tra i due eserciti nel saliente di Boyra, il governo pakistano dichiarò lo stato di emergenza e la [[mobilitazione]] generale.<ref name=D4p88>{{Cita|Da Frè 2014|p. 88}}.</ref> Subito dopo la marina indiana schierò tre motovedette missilistiche [[classe Vidyut]] nelle vicinanze di Okha, vicino a Karachi, al fine di effettuare missioni di pattugliamento. Poiché anche la flotta pakistana avrebbe operato nelle stesse acque, la marina indiana aveva stabilito una linea di demarcazione che le navi della sua [[flotta]] non avrebbero dovuto attraversare. Tale dispiegamento si rivelò utile per acquisire esperienza nella [[navigazione]] nelle acque di quella regione.<ref name="40 Years Since Operation Trident">{{cita web|autore=Gulab Mohanlal Hiranandani|data=9 Septembersettembre 2020|titletitolo=1971 War: The First Missile Attack on Karachi|url=http://www.indiandefencereview.com/interviews/1971-war-the-first-missile-attack-on-karachi/0/|url-statusurlmorto=live|archive-urlurlarchivio=https://web.archive.org/web/20170217084537/http://www.indiandefencereview.com/interviews/1971-war-the-first-missile-attack-on-karachi/0/|lingua=en|archive-date=17 February 2017|accessodata=20 March 2019|websitesito=Indian Defence Review|type=interview}}</ref> La guerra iniziò ufficialmente al tramonto del 3 dicembre, con l'[[operazione Gengis Khan]] lanciata preventivamente dall'aeronautica militare pakistana contro gli aeroporti indiani.<ref name=D4p88/>
 
==La guerra==
Nel 1971 il [[porto]] di Karachi ospitava il [[quartier generale]] della [[Fi'saia Pakistana|Marina pakistana]] e quasi tutte le unità militari della sua flotta navale, ed era anche il fulcro del [[commercio]] marittimo nazionale.<ref name=K6p69>{{Cita|Karim 1996|p. 69}}.</ref> Gli aerei di base a terra dell'[[Pak Bahr'ya|aeronautica pakistana]] avevano il compito di fornire una copertura ininterrotta al porto al fine di prevenire qualsiasi possibile attacco aereo nemico. Inoltre all'[[epoca]] il porto di Karachi aveva acquisito grande importanza strategica in quanto era l'unico porto marittimo del Pakistan occidentale.<ref name=H0p118>{{Cita|Hiranandani 2000|p. 118}}.</ref><ref name=H0p125>{{Cita|Hiranandani 2000|p. 125}}.</ref>
 
Dopo l'inizio delle ostilità il [[viceammiraglio]] [[Sourendra Nath Kohli]], comandante della Western Fleet dell'[[Marina militare dell'India|Indian Navy]] pianificò di impiegare il nuovo 25<sup>th</sup>25th Missile Boat Squadron,<ref name="Indian Navy’s War Hero passes away Cmde Babru Yadav led the Missile Boat Attack on Karachi in 1971">{{citecita web |author1autore1=Cmde Ranjit B. Rai |titletitolo=Indian Navy's War Hero passes away Cmde Babru Yadav led the Missile Boat Attack on Karachi in 1971 |url=https://www.indiastrategic.in/topstories548.htm |websitesito=India Strategic |access-dateaccesso=20 Marchmarzo 2019 |datedata=Aprilaprile 2010}}</ref> al comando del [[captain]] [[Babru Bhan Yadav]], per bloccare il [[porto]] di [[Karachi]], principale base navale della Pakistan Navy.<ref name=D4p88/>
Il 25<sup>th</sup>25th Missile Boat Squadron era formato da 8 moderne [[Motovedetta|motovedette lanciamissili]] [[classe Vidyut]], armate con [[Missile antinave|missili antinave]] [[P-15|SS-N-2 Styx]], per il cui utilizzo il comandante del reparto [[captain]] [[Babru Bhan Yadav]] aveva teorizzato un nuovo tipo di impiego.<ref name=D4p89>{{Cita|Da Frè 2014|p. 89}}.</ref> Questo reparto era reduce da un intensissimo ciclo addestrativo svoltosi presso la [[base navale]] [[Unione Sovietica|sovietica]] [[Vladivostok]] in occasione della consegna delle [[Nave|navi]], avvenuta tra il gennaio e l'aprile 1971.<ref name=D4p89/> In questa occasione Yadav aveva elaborato una nuova tattica di impiego dei missili SS-N-2 Styx che consisteva nell'avvicinarsi all'obiettivo in formazione serrati ad alta velocità e con i radar spenti.<ref name=D4p89/> Arrivati al limite della portata dei missili venivano accesi i [[radar]] di acquisizione dei bersagli, i quali appena inquadrati venivano fatti oggetto del lancio dei missili.<ref name=D4p89/> Tale tattica, testata in esercitazione il 2 dicembre 1970, aveva attirato l'attenzione del comandante in capo della flotta sovietica ammiraglio Gorskov.<ref name=D4p89/>
 
Nella notte tra il 3 e il 4 dicembre 1971 il captain Yadav aveva condotto un primo attacco ([[operazione Trident]])contro il porto di Karachi con tre motovedette, ''Veer'', ''Nirghat'' e ''Nipat'' (sua [[nave ammiraglia|nave di bandiera]]) rivelatosi devastante.<ref name="Commander BB YADAV Gallantry Awards GOV">{{citecita web |titletitolo=Commander BB YADAV |url=http://gallantryawards.gov.in/Awardee/bb-yadav |websitesito=Gallantry Awards |publishereditore=Ministry of Defence, Government of India |access-dateaccesso=20 Marchmarzo 2019}}</ref> In questa occasione furono affondati un cacciatorpediniere pakistano, il ''Khaibar'' da 3.300 tonnellate, la nave trasporto munizioni MV ''Venus Challenger'' letteralmente saltata in aria, e la cui esplosione aveva pesantemente danneggiato il cacciatorpediniere ''Shah Jahan'' da 2.250 tonnellate, il [[dragamine]] ''Muhafiz''. Giunto a 14 miglia da Karachi con sola la Nipat, Yadav lanciò gli ultimi due missili contro i depositi carburante della base centrandoli e provocando notevoli danni. Successive valutazioni sull'attacco rivelarono che solo uno dei due missili avevano colpito i depositi di carburante, e che essi erano ancora parzialmente operativi.<ref name="GlobalSecurity">{{citecita web|url=http://www.globalsecurity.org/military/world/war/indo-pak_1971.htm|titletitolo=Indo-Pakistani War of 1971|websitesito=Global Security|archive-urlurlarchivio=https://web.archive.org/web/20161126094736/http://www.globalsecurity.org/military/world/war/indo-pak_1971.htm|archive-dateurlmorto=26 November 2016|url-status=live|access-dateaccesso=21 Novembernovembre 2016}}</ref> Nonostante i problemi all'apparato propulsivo emersi sulle tre OSA l'attacco era stato coronato da pieno successo e il viceammiraglio Kholi decise di effettuare un nuovo attacco contro i depositi carburante per distruggerli definitivamente.<ref name=D4p89/> Tuttavia l'aviazione pakistana lanciò un attacco aereo contro il porto di Okha, base di partenza delle OSA, mettendo a segno colpi diretti sugli impianti di rifornimento, su un deposito di munizioni e sul molo di ormeggio delle navi.<ref name=D4p91>{{Cita|Da Frè 2014|p. 91}}.</ref> Il comando della marina indiana aveva previsto questa eventualità e spostato preventivamente le unità lanciamissili in altre località. La distruzione degli [[Okha Port|impianti di rifornimento di Okha]] impedì ulteriori missioni operative fino a quando non venne eseguita l'Operazione Python tre giorni dopo.<ref name="GlobalSecurity"/>
 
==L'Operazione Python==
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==Conseguenze==
Senza nessuna perdita da parte indiana, il successo delle Operazioni Trident e Python portato la marina pakistana ad adottare misure estreme per prevenire ulteriori danni. Le operazioni di salvataggio immediatamente coordinate dal contrammiraglio [[Patrick Simpson]] contribuirono a mantenere alto il morale tra gli ufficiali della marina pakistana. Per questo fatto Simpson fu insignito del Sitara-e-Jurat.<ref name="GlobalSecurity"/> Il [[tenente comandante]] Vijai Jerath, comandante della motomissilistica ''Vinash'', per questa operazione ricevette il Vir Chakra.<ref name=H0p398>{{Cita|Hiranandani 2000|p. 398}}.</ref> L'Alto Comando pakistano ordinò alle navi della flotta di ridurre il munizionamento presente di bordo in modo da ridurre i danni causati da eventuali esplosioni se colpite.<ref name="Trident, Grandslam and Python: Attacks on Karachi" /> Alle navi fu anche ordinato di non manovrare in mare, specialmente durante la notte, a meno che non fosse stato lo espressamente ordinato di farlo. Queste due misure demoralizzarono gravemente gli equipaggi della navi pakistane. Con le distruzioni causate dalla marina militare indiana, le navi mercantili neutrali iniziarono presto a cercare un passaggio sicuro presso le autorità indiane prima di dirigersi verso Karachi. Gradualmente, le navi neutrali cessarono di navigare per Karachi e venne così attuato "de facto" un blocco navale.<ref name=H0p204>{{Cita|Hiranandani 2000|p. 204}}.</ref> Le vittime civili dell'attacco includevano almeno sette morti e sei feriti sulla nave mercantile britannica ''Harmattan''.<ref>{{cite Hansard |jurisdiction=United Kingdom |title=Harmattan" (British Seamen) |url=https://api.parliament.uk/historic-hansard/commons/1971/dec/10/harmattan-british-seamen |house=House of Commons |date=10 December 1971 |column_start=1683 |column_end=1686 |speaker= |position=}}</ref>
 
 
==Note==