Giuseppe Garibaldi: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m - ripet. e spazi superflui
Varie e ridotto overlinking
Riga 50:
|Didascalia = Garibaldi nel 1866
|Soprannome = ''L'eroe dei due mondi''
|Data_di_nascita = 4 luglio [[1807]]
|Nato_a = [[Nizza]]
|Data_di_morte = {{Calcola età3|1882|6|2|1807|7|4}}
Riga 57:
|Forza_armata = {{simbolo|Military flag of the Roman Republic (19th century).svg}} Guardia Civica [[Repubblica Romana (1849)|Romana]]<br/>{{simbolo|Flag of the Kingdom of Sardinia (1848-1851).svg}} [[Regia Armata Sarda]]<br />{{simbolo|Flag of Italy (1860).svg}} [[Regio Esercito Italiano]]
|Grado = [[Generale]]
|Anni_di_servizio = [[1835]]-[[1871]]
|Religione = [[Deismo]]<ref name="Bonanni2008">«Come è noto Garibaldi maturò un forte anticlericalismo, per quanto non fosse ateo, ma anzi profondamente religioso e, una volta iniziato alla massoneria, "appassionatamente credente nel suo Ente deistico"» in ''Garibaldi: cultura e ideali'' Atti del LXIII congresso di storia del Risorgimento italiano (a cura di Stefania Bonanni). Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 2008, p.511</ref><ref>Citato in ''Revue de deux mondes'' dal 15 marzo al 1 maggio 1861; citato in [[Maxime Du Camp]], ''La spedizione delle due Sicilie'', Cappelli, Bologna, 1963 (ed. originale Bourdilliat, Parigi, 1861), pp. 374-375.</ref><ref>«L’ateismo, lo spiritismo, il deismo, un vago cristianesimo liberale» (in [[Massimo Introvigne]], ''Risorgimento e massoneria: camicie rosse & grembiulini'', ''Avvenire'', 29 ottobre 2010)</ref>
|Guerre = [[Guerra dei Farrapos]]<br />[[Guerra civile uruguaiana]]<br />[[Guerre d'indipendenza italiane]]<br />[[Spedizione dei Mille]]<br />[[Guerra franco-prussiana]]
Riga 84:
|Nazionalità = italiano
}}
Figura rilevante del [[Risorgimento]], fu uno dei personaggi storici più celebrati della sua epoca. È noto anche con l'appellativo di «eroe dei due mondi» per le imprese militari compiute sia in [[Europa]], sia in [[America Meridionalemeridionale]].
 
Considerato dalla [[storiografia]] e nella [[Cultura di massa|cultura popolare]] del [[XX secolo]] il principale [[eroe nazionale]] italiano,<ref>{{cita libro|autore=AA.VV.|titolo=La fabrique des héros|editore=Maison des Sciences de l'Homme|anno=1999|isbn=2-7351-0819-8|p=11}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.150anni.it/webi/index.php?s=20&wid=22#sott151|titolo=La scuola per i 150 anni dell'Unità I protagonisti: Garibald|urlmorto=no|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141027121014/http://www.150anni.it/webi/index.php?s=20&wid=22#sott151}}</ref> iniziò i suoi spostamenti per il mondo come [[ufficiale (forze armate)|ufficiale]] di [[nave mercantile|navi mercantili]], per poi diventare capitano di lungo corso. La sua impresa più nota fu la vittoriosa [[spedizione dei Mille]] che portò all'annessione del [[Regno delle Due Sicilie]] al nascente [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], episodio centrale nel processo di unificazione della nuova nazione. [[Massoneria|Massone]] di 33º grado del [[Rito scozzese antico ed accettato]], favorevole all'ingresso delle donne in massoneria<ref>Giuseppe Garibaldi, ''Documento autografo'', Archivi del Grande Oriente d'Italia, in Emanuela Locci, ''Storia della Massoneria femminile: dalle corporazioni medievali alla Obbedienze'', BastogiLibri, 2017, {{ISBN|9788894894080}}.</ref> (tanto da iniziare sua figlia Teresita<ref>{{Cita libro|autore=Emanuela Locci|titolo=Storia della Massoneria femminile: dalle corporazioni medievali alla Obbedienze|anno=2017|editore=BastogiLibri|ISBN=9788894894080.}}</ref>), ricoprì anche brevemente la carica di [[Gran Maestro]] del [[Grande Oriente d'Italia]]; dichiaratamente [[Repubblica|repubblicano e]] [[anticlericale]], fu autore di numerosi scritti, prevalentemente di [[Memorialistica garibaldina|memorialistica]] e [[politica]], ma pubblicò anche [[romanzi]] e [[poesie]].<ref>{{Cita pubblicazione |url = http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/padri/D_Alfonso.html |autore = Alberto D'Alfonso |titolo = Garibaldi: il lessico infiammato |editore = Treccani |urlmorto = no |urlarchivio = https://web.archive.org/web/20141028174321/http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/padri/D_Alfonso.html }}</ref>
Riga 91:
=== Giovinezza ===
[[File:Loano-Maria Rosa Nicoletta Raimondi.jpg|thumb|left|Targa presso la casa natale di Maria Rosa Nicoletta Raimondi, madre di Garibaldi, a [[Loano]]]]
Giuseppe Garibaldi nacque a [[Nizza]] da una famiglia di origini genovesi il 4 luglio 1807, nell'attuale Quai Papacino, in un periodo in cui la [[Contea di Nizza|relativa contea]] era sotto sovranità [[Francia|francese]], poiché, in quegli anni, erano stati annessi da [[Napoleone Bonaparte|Bonaparte]] all'[[Primo Impero francese|Impero]] tutti i territori continentali sabaudi.<ref>Nizza annessa alla Francia durante l'epopea [[Napoleone Bonaparte|napoleonica]] tornò ai [[Casa Savoia|Savoia]] nel [[1814]]. Nel [[1860]] fu definitivamente annessa alla Francia in seguito alla firma degli [[Accordi di Plombières]] (1858) e del [[Trattato di Torino (1860)]], come compenso territoriale, assieme alla [[Savoia (regione storica)|Savoia]], per l'aiuto militare dato dalla [[Francia]] alla [[Risorgimento|unificazione italiana]].</ref> A Nizza fu battezzato il 19 luglio 1807 nella chiesa dei S.S. Martino e Agostino, situata nel quartiere attuale della Vecchia Nizza, e registrato come Joseph Marie Garibaldi, cittadino francese<ref>{{Cita |Carcassi|pag. 11}}.</ref><ref>{{Cita|Possieri|p. 53}}.</ref><ref>Estratto del registro dei battesimi della chiesta di Saint-Martin-Saint-Augustin a Nizza (1807) : «L'an mil huit cent sept le jour dix neuf du mois de juillet a été baptisé par moi soussigné Joseph Marie né le quattre du courant fils du Sr Jean Dominique Garibaldi, négociant et de Mad. Rose Raymondo, mariés en face de l'église, de cette succursale. Le Parrain a été le Sr Joseph Garibaldi négotiant, la Marraine Madlle Julie Marie Garibaldi sa sœur mes paroissiens, le parrain a signé, la marraine déclare ne savoir. Le père présent qui a signé. Mess. Félix Gustavin et Michel Gustavin témoins qui a signé. Pie Papacin, recteur de Saint Martin. »</ref>. La sua famiglia si era trasferita a Nizza nel 1770; il padre Domenico Garibaldi (1766-1841), originario di [[Chiavari]],<ref>{{cita libro|Francesco |Pappalardo|Il mito di Garibaldi: vita, morte e miracoli dell'uomo che conquistò l'Italia, pag 31|2002|Piemme||isbn=978-88-384-6494-2}}</ref> era proprietario di una [[tartana]] chiamata Santa Reparata.<ref name="sciro4">{{Cita|Scirocco|p. 4}}.</ref> La madre Maria Rosa Nicoletta Raimondi (22 gennaio 1776 - 20 marzo 1852) era una figlia di pescatori originaria di [[Loano]], nel 1807 territorio francese (sino al 1805 [[Repubblica Ligure]]), e morì a Nizza.<ref>{{en}}{{cita libro |autore = Anthony Valerio|titolo = Anita Garibaldi: a biography|editore=[[Greenwood Publishing Group|Praeger]]|anno = 2001}} ([http://books.google.it/books?id=gfwNAQAAMAAJ&q=%22Rosa+Nicoletta+Raimondi+%22&dq=%22Rosa+Nicoletta+Raimondi+%22&hl=en&sa=X&ei=qcHKUZTuHcjHPKrbgOgI&redir_esc=y consultabile anche online] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131005053403/http://books.google.it/books?id=gfwNAQAAMAAJ&q=%22Rosa+Nicoletta+Raimondi+%22&dq=%22Rosa+Nicoletta+Raimondi+%22&hl=en&sa=X&ei=qcHKUZTuHcjHPKrbgOgI&redir_esc=y |data=5 ottobre 2013 }})</ref><ref>{{cita libro |autore = Franca Guelfi|titolo = Dir bene di Garibaldi|editore=[[Il melangolo]]|anno = 2003|ISBN = 978-88-7018-473-0}} ([http://books.google.it/books?id=slJmAAAAMAAJ&q=%22Rosa+Nicoletta+Raimondi+%22&dq=%22Rosa+Nicoletta+Raimondi+%22&hl=en&sa=X&ei=qcHKUZTuHcjHPKrbgOgI&redir_esc=y consultabile anche online] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131005061242/http://books.google.it/books?id=slJmAAAAMAAJ&q=%22Rosa+Nicoletta+Raimondi+%22&dq=%22Rosa+Nicoletta+Raimondi+%22&hl=en&sa=X&ei=qcHKUZTuHcjHPKrbgOgI&redir_esc=y |data=5 ottobre 2013 }})</ref>
 
Giuseppe era il secondogenito di sei figli: Angelo (1804-1853), il fratello maggiore, divenne console negli Stati Uniti d'America; Michele (1810-1866) fu capitano di marina; Felice (1813-1855) fu rappresentante di una compagnia di navigazione e produttore di olio d’oliva pugliese; Maria Elisabetta (1798-1799)<ref>[https://www.geni.com/people/Maria-Elisabetta-Garibaldi/6000000017098713645 ''Geni''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20180313155351/https://www.geni.com/people/Maria-Elisabetta-Garibaldi/6000000017098713645 |data=13 marzo 2018 }}</ref> e Teresa (1817-1820)<ref>[https://www.geni.com/search?search_type=people&names=Teresa+Garibaldi ''Geni'']</ref> morirono in tenera età. Per diverso tempo, gli storici dettero credito a una versione,<ref>Si veda, fra gli altri, il dettaglio elaborato in {{Cita|Sacerdote|pp. 26-31}}</ref> dimostratasi poi falsa, secondo la quale Garibaldi avrebbe avuto origini tedesche.<ref>Il punto debole della teoria, che lo vedeva imparentato, in qualità di illustre avo, con il barone Teodoro Von Neuhof e trovava spunto dal termine garo, «pronto alla battaglia» e da bald, «audace», era la mancanza di documentazione sul matrimonio fra Joseph Baptist Maria Garibaldi e Katharina Amalie Von Neuhof</ref> La famiglia divideva con alcuni parenti, i Gustavin, una casa sul mare.<ref>{{cita libro|Gian Luigi|Alzona |Gli antenati liguri di Giuseppe Garibaldi: genealogie e notizie biografiche alla luce di documenti inediti, pag 156 (seconda edizione)|2007|Genesi||isbn = 978-88-7414-172-2}}</ref> Dell'infanzia di Giuseppe si hanno poche notizie, per lo più agiografiche.<ref>si veda anche: {{Cita|Possieri|pp. 47-48}}</ref><ref>«all'età di sette anni strappò le ali ad un grillo, pentendosi poi piangendo» {{cita libro|Giuseppe|Guerzoni|Garibaldi, pag 11|1882|Barbera|Firenze}}</ref> Risulta invece certa la notizia che a 8 anni salvò una lavandaia caduta in acqua<ref>{{Cita|Dumas|p. 14}}.</ref> e che il soccorso a persone in procinto di annegare fu una costante, tanto che ne salvò almeno 12.<ref name="smith7">{{Cita|Smith|p. 7}}.</ref>
Riga 98:
Nel 1814 la casa dei Garibaldi fu demolita per ampliare il porto e la famiglia traslocò. Nizza fu restituita al Regno di Sardegna per decisione del [[Congresso di Vienna]] e restò sotto il governo dei Savoia fino al 1860. I genitori avrebbero voluto avviarlo alla carriera di avvocato, medico o sacerdote, ma Giuseppe non amava gli studi, prediligendo gli esercizi fisici e la vita di mare. Egli stesso ebbe a dire che era più amico del divertimento che dello studio.<ref>«Essendo io più disposto a giuocare ed a vagabondare che a lavorare», si veda {{Cita|Dumas|p. 15}}</ref> Vedendosi ostacolato dal padre nella sua vocazione marinara, durante le vacanze tentò di fuggire per mare verso [[Genova]] con tre suoi compagni: Cesare Parodi, Celestino Bernord e Raffaello de Andrè.<ref>{{Cita|Dumas|p. 5}}.</ref> Scoperto da un sacerdote che avvisò la famiglia della fuga,<ref>{{Cita|Possieri|p. 48}}.</ref> fu fermato appena giunto alle alture di Monaco e ricondotto a casa; è forse da ricondursi a questo episodio l'inizio della sua antipatia verso il clero.<ref>{{Cita|Dumas|p. 15}}.</ref>
 
Tuttavia, si appassionò alle materie insegnategli dai suoi primi precettori, padre Giaume e il "signor Arena". Quest'ultimo, reduce delle campagne napoleoniche, gli impartì lezioni d'[[Lingua italiana|italiano]] e di [[storia antica]] (rimase affascinato soprattutto dalla [[Roma antica]]). Alla fine riuscì a persuadere il padre a lasciargli intraprendere la vita di mare e venne iscritto nel registro dei mozzi a Genova il 12 novembre [[1821]].<ref>{{cita libro|Antonella |Grignola|Paolo Ceccoli|Garibaldi, pag 10|2004|Giunti||isbn=978-88-440-2848-0}}</ref> Dall'iscrizione in quel registro, si rileva che l'altezza del quattordicenne Garibaldi era di 39 once e 3/4<ref>Romano Ugolini, ''Garibaldi: genesi di un mito'', Istituto per la storia del Risorgimento italiano. Comitato di Roma, Edizioni dell'Ateneo, Roma, 1982</ref>, pari a circa 170&nbsp;cm<ref>Tavole di ragguaglio dei pesi e delle misure già in uso nelle varie province del Regno con il sistema metrico decimale. Approvate con decreto 20 maggio 1877, n. 3846, Roma, Stamperia Reale, 1877</ref>, considerevole in rapporto all'età e all'altezza media dell'epoca.
 
Anche se la datazione del primo imbarco è incerta,<ref>Si ipotizzano precedenti imbarchi come passeggero. {{Cita|Possieri|pag 57-58 e 75}}</ref> risulta che il 13 gennaio [[1824]]<ref name="sciro7">{{Cita|Scirocco|p. 7}}.</ref> si imbarcò sedicenne sulla ''Costanza'', comandata da Angelo Pesante di [[Sanremo]], che Garibaldi avrebbe in seguito descritto come ''il migliore capitano di mare''.<ref>«il migliore capitano che io abbia conosciuto» In {{cita libro|Albano|Comeli|Comitato pro Casa di Garibaldi in Montevideo|Giuseppe Garibaldi nell'Uruguay: e la sua casa, in Montevideo, Museo Garibaldino d'America . Note storiche e cronaca, pag 14|1951|Comitato pro Casa di Garibaldi in Montevideo|}}</ref> Nel suo primo viaggio, su un [[brigantino]] con bandiera russa,<ref name="smith7"/> si spinse fino a [[Odessa]] nel [[mar Nero]] e a [[Taganrog]] nel [[mar d'Azov]] (entrambe ex colonie [[Repubblica di Genova|genovesi]]). Vi si recherà nuovamente nel [[1833]], incontrando un patriota [[Mazzinianesimo|mazziniano]] che lo sensibilizzerà alla causa dell'[[Risorgimento|unità d'Italia]]. Rientrò a Nizza in luglio.<ref name="sciro7" />
 
L'11 novembre partì per un breve viaggio come mozzo di rinforzo sulla Santa Reparata, costeggiando la Francia in un equipaggio di cinque uomini.<ref name="sciro7"/> Con il padre, tra aprile e maggio del [[1825]], partì alla volta di [[Roma]] con tappe a [[Livorno]], [[Porto Azzurro|Porto Longone]] e [[Fiumicino]] con un carico di [[vino]],<ref>{{Cita|Sacerdote|p. 63}}.</ref> per l'approvvigionamento dei pellegrini venuti per il [[Giubileo universale della Chiesa Cattolica|Giubileo]] indetto da [[papa Leone XII]]. L'equipaggio era composto da 8 uomini, ed ebbe la sua prima paga.<ref name="sciro8">{{Cita|Scirocco|p. 8}}.</ref>
 
=== Navigazione ===
[[File:Garibaldi som ung.jpg|thumb|left|Giuseppe Garibaldi da giovane]]
Iniziarono i numerosi viaggi marittimi di Garibaldi; fra quelli che rimasero più impressi al condottiero vi fu quello sul brigantino ''Enea'', al cui comando vi era il capitano [[Giuseppe Gervino]], durante il quale, in una tempesta, vide una [[Feluca (imbarcazione)|feluca]] catalana, a cui non poterono prestare soccorso, sprofondare travolta dalle onde.<ref>{{Cita|Dumas|p. 19}}.</ref> Nel [[1827]], navigando con la ''Coromandel'', raggiunse le [[Isole Canarie]] e nello stesso anno, a settembre, salpò da [[Nizza]] con la ''Cortese'', comandata dal capitano [[Carlo Semeria]], per il [[mar Nero]]: durante questo viaggio il bastimento fu assalito per tre volte dai [[Corsaro|corsari]] [[greci]],<ref>Era il tempo dell'insurrezione dei greci contro il potere turco ed erano frequenti gli avvistamenti dei pirati in quelle acque, da {{Cita|Scirocco|p. 8}}</ref> che depredarono la nave, rubando persino i vestiti dei marinai, mentre il comandante non opponeva la minima resistenza.<ref name="sciro8" /> In questo viaggio subì la sua prima lieve ferita in battaglia,<ref name="smith8" /> evento forse ingigantito dalle fonti con il tempo.<ref>{{Cita|Possieri|p. 60}}.</ref>
 
Il viaggio comunque continuò e nell'agosto del [[1828]] Garibaldi sbarcò dalla ''Cortese'' a [[Costantinopoli]], dove, ammalato, rimase per circa tre anni: in quel periodo per sostenersi economicamente fece l'istitutore,<ref name="smith8">{{Cita|Smith|p. 8}}.</ref> insegnando [[Lingua italiana|italiano]], [[Lingua francese|francese]] e [[matematica]]. Fra i motivi che lo fecero indugiare vi fu la [[Guerra russo-turca (1828-1829)|guerra turco-russa]], che chiuse le vie commerciali marittime; nel frattempo si integrò nella comunità italiana, grazie anche alla presenza di una sua concittadina, la signora Luisa Sauvaigo.<ref>{{Cita|Dumas|p. 20}}.</ref> Garibaldi probabilmente frequentò la casa di Calosso&nbsp;– comandante della cavalleria del [[Sultano]] con il nome di Rustem Bey&nbsp;– e l'ambiente dei genovesi, che storicamente erano insediati nei quartieri di [[Galata (Istanbul)|Galata]] e [[Beyoğlu|Pera]]. Ritornò a Nizza nella primavera del 1831.<ref name="sciro8" /> Appena giunto in città ripartì subito, imbarcandosi sulla ''Nostra Signora delle Grazie'' comandata dal capitano [[Antonio Casabona]], prima come secondo: poi l'anziano capitano gli cedette il comando.<ref>{{cita libro|Giuseppe |Guerzoni |Garibaldi, pag 11|2010|BiblioLife||isbn = 978-1-149-38210-3}}</ref> Il 20 febbraio [[1832]]<ref>{{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione pag 10|1982|Mursia|}}</ref> gli fu rilasciata la patente di capitano di mare di seconda classe.
 
Nello stesso mese si reimbarcò con la ''Clorinda'' per il mar Nero; si contavano venti uomini a bordo e la paga di Giuseppe fu di 50 lire piemontesi al mese<ref>{{Cita|Scirocco|p. 9}}.</ref> mentre 100 toccarono al comandante, [[Simone Clary]]. Ancora una volta la nave fu presa di mira dai corsari ma questa volta l'equipaggio accolse gli aggressori a fucilate. Garibaldi fu ferito alla mano destra: avrebbe poi ricordato l'accaduto come il suo primo combattimento.<ref name="sciro8" /> Proprio sulla ''Clorinda'' conobbe [[Edoardo Mutru]], suo compagno d'armi in futuro.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 10}}.</ref> Nel 1833 si contarono sui registri navali 72 mesi di navigazione effettiva.<ref name="sciro8" /> L'importanza dello ''spirito marinaro'' in Garibaldi è stata più volte sottolineata, gli scritti di [[Augusto Vittorio Vecchi]], più noto con il nome di [[Jack la Bolina]], influenzarono i successivi studiosi sull'argomento, egli che definiva il [[Mar Mediterraneo]] un ottimo insegnante, vedeva nell'eroe l'ingenuità degli uomini di mare in contrasto con la furbizia degli uomini di terra.<ref>Si veda: A. V. Vecchi, Memorie di un luogo tenente di vascello, Roma, Voghera, 1896 pag 163, riportato anche in: {{Cita|Possieri|pp. 61-62}}</ref> Di parere simile era [[Pino Fortini]], il quale affermò che il mare lo aveva formato ed educato moralmente.<ref>{{cita libro|Pino|Fortini|Giuseppe Garibaldi marinaio mercantile pp. 31-32|1950|C. Corvo|Roma}}</ref>
 
Dopo 13 mesi di navigazione ritornò a Nizza, ma già nel marzo [[1833]] ripartì per Costantinopoli. All'equipaggio si aggiunsero tredici passeggeri francesi seguaci di [[Henri de Saint-Simon]], imbarcati di notte e controllati dalla polizia affinché andassero in esilio nella capitale [[Impero Ottomano|ottomana]]. Il loro capo era [[Emile Barrault]], professore di [[retorica]] che espose le idee [[Sansimonismo|sansimoniane]] a un attento Garibaldi.<ref>La prima infarinatura politica ricevuta dal condottiero, si veda: {{Cita|Possieri|p. 60}}</ref> Garibaldi, allora ventiseienne, fu molto influenzato dalle sue parole, ma Annita Garibaldi ipotizza che probabilmente quelle idee non gli giungessero del tutto nuove, essendogli note fin da quando aveva soggiornato nell'[[Impero Ottomano]], luogo prescelto da tanti profughi politici dell'Europa e percorso esso stesso da fremiti di autonomia e di libertà.<ref>Alcune sue province, come l'Egitto, s'erano di fatto già rese autonome fin dal 1805, con [[Mehmet Ali]], mentre altre, come la Grecia, ambivano alla più totale indipendenza.</ref> Tutto ciò contribuì a convincerlo che il mondo era percorso da un grande bisogno di libertà. Lo colpì in particolare Emile Barrault quando affermò: {{Citazione|Un uomo, che, facendosi cosmopolita, adotta l'umanità come patria e va ad offrire la spada ed il sangue a ogni popolo che lotta contro la tirannia, è più di un soldato: è un eroe|[[Emile Barrault]], frase riportata da Garibaldi ad Alexandre Dumas in ''Memorie di Giuseppe Garibaldi''}}
 
Il bastimento sbarcò i francesi a Costantinopoli e procedette per [[Taganrog]], importante porto russo sul [[Mar d'Azov]]. Qui in una locanda, incontrò un uomo detto il ''Credente'',<ref>Non è però del tutto escluso che tale definizione potesse avere a che fare anche con gli ideali della Massoneria che, del resto, Garibaldi abbracciò più tardi con forte convinzione.</ref> che espose a Garibaldi le idee [[Mazzinianesimo|mazziniane]].<ref>Si pensa che il ''Credente'' fosse il giornalista e scrittore [[Giovanni Battista Cuneo]], ma difficilmente poteva esserlo in quanto all'epoca era inquisito e non poteva percorrere certe rotte liberamente, l'incontro fra i due in ogni caso è documentato in seguito al tempo in cui Garibaldi si trovava in America, si veda fra gli altri: {{Cita|Scirocco|p. 20}}</ref> Le tesi di [[Giuseppe Mazzini]] sembrarono a Garibaldi la diretta conseguenza delle idee di Barrault ed egli vide nella lotta per l'Unità d'Italia il momento iniziale della redenzione di tutti i popoli oppressi. Quel viaggio cambiò la vita di Garibaldi; nelle sue ''Memorie'' scrisse: «Certo non provò [[Cristoforo Colombo|Colombo]] tanta soddisfazione nella [[scoperta dell'America]], come ne provai io al ritrovare chi s'occupasse della redenzione patria».<ref>Riportato in {{Cita|Scirocco|p. 18}}</ref>
Riga 124:
Frequentò l'osteria della Colomba, la cui proprietaria Caterina Boscovich, insieme alla cameriera Teresina Cassamiglia, gli saranno d'aiuto in seguito. Fece sfoggio della sua attività, offrendo da bere a sconosciuti con l'intento di arruolare nella causa nuovi elementi,<ref>Alcune delle persone che cerca di arruolare sono militari che riferiscono il tutto ai superiori. Si veda {{Cita|Scirocco|pp. 22-23}}</ref> e fu visto in pubblico, al caffè di Londra, usare parole dispregiative verso il Re. Per tale comportamento venne sorvegliato dalla polizia. Il 3 febbraio 1834 fu poi imbarcato, insieme a Mutru, sulla Conte De Geneys, che stava per partire per il [[Brasile]].<ref>I biografi ipotizzano in questa decisione il voler isolare i due uomini, ma valida è anche l'ipotesi più semplice, di una richiesta di uomini con esperienza in vista di un viaggio impegnativo: si veda {{Cita|Scirocco|p. 23}}</ref> Vi restò solo un giorno in quanto il 4 febbraio,<ref name="pos69">{{Cita|Possieri|p. 69}}.</ref> fingendosi malato, scese a terra, dopo aver dormito all'Insegna della Marina con Mutru.
 
Nel frattempo si era stabilito che l'11 febbraio [[1834]] ci sarebbe stata un'insurrezione popolare in [[Piemonte]]. Garibaldi scese a terra per mettersi in contatto con i mazziniani; ma il fallimento della [[Invasione della Savoia del 3 febbraio 1834|rivolta in Savoia]] e l'allerta di esercito e polizia fecero fallire tutto. Garibaldi credeva che l'insurrezione si sarebbe comunque avviata; non tornò sulla nave per parteciparvi, venendo siglato il termine A.S.L. (Assentatosi Senza Licenza) sulla sua matricola,<ref name="pos69"/> e divenendo in pratica un [[Diserzione|disertore]]; tale [[latitanza]] venne considerata come ammissione di colpa. Attese un'ora in piazza prima di andarsene,<ref>{{Cita|Dumas|p. 28}}.</ref> trovando riparo prima a casa della fruttivendola<ref>{{Cita|Dumas|p. 29}}.</ref> Natalina Pozzo e successivamente all'osteria e alla casa della padrona, Caterina Boscovich. Intanto vengono arrestati il quasi omonimo Giuseppe Garibaldi (l'8 febbraio) e poi lo stesso Mutru, il 13 febbraio. Prima di allora, il 9<ref>{{cita libro|Mino | Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 20|1982 |Mursia|}}</ref> o l'11,<ref>Le fonti non trovano accordo sulla data, si veda anche {{Cita|Scirocco|p. 24}}</ref> lascia Genova.
 
Più volte nel corso della fuga sfuggì a eventuali catture, dopo aver superato il [[Varo (fiume)|fiume Varo]]: la prima quando al confine venne condotto momentaneamente a [[Draguignan]],<ref>Prima venne portato a [[Grasse]] e poi condotto a Draguignan in attesa di ordini da Parigi Garibaldi fuggì nell'attesa da una finestra, si veda {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni |Garibaldi, pag 22|2010|BiblioLife||isbn = 978-1-149-38210-3}}</ref> poi in un'osteria dove cantò per sfuggire agli sguardi dell'oste che minacciò di farlo arrestare.<ref>Cantò [[il Dio della gente onesta]] di [[Pierre-Jean de Béranger]] (1780-1857), si veda {{Cita|Dumas|pp. 31-32}}</ref> Giunse infine a Marsiglia. Intanto venne indicato come uno dei capi della cospirazione, fu condannato ''alla pena di morte ignominiosa'' in [[contumacia]] in quanto nemico della Patria e dello Stato.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 25}}.</ref> Garibaldi divenne così un [[ricercato]] e in quel tempo visse per un breve periodo dal suo amico [[Giuseppe Pares]].<ref>{{cita libro|Mino |Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 22|1982 |Mursia|}}</ref> Continuò sotto falso nome, assunta l'identità dell'inglese ''Joseph Pane'', a viaggiare: il 25 luglio salpò verso il mar Nero sul brigantino francese ''Union'' raccontando di essere un ventisettenne nato a [[Napoli]].<ref>{{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 23|1982|Mursia|}}</ref>
 
Doveva svolgere l'attività di marinaio ma in realtà diventò secondo.<ref>Il motivo per cui ufficialmente non poteva farsi assumere come secondo era la documentazione necessaria che non poteva esibire, si veda {{Cita|Scirocco|p. 26}}</ref> Sbarcò il 2 marzo 1835, e in maggio fu in [[Tunisia]]. Quando tornò a Marsiglia trovò la città devastata da una grave [[epidemia]] di [[colera]]; offertosi come [[Volontariato|volontario]], lavorò in un ospedale,<ref>{{Cita|Smith|p. 13}}.</ref> in qualità di ''benevolo'', e ci rimase per quindici giorni.<ref>{{Cita|Dumas|p. 34}}.</ref> In quel periodo conobbe [[Antonio Ghiglione]]<ref>Si ipotizza che fu lui a iniziarlo alla ''[[Giovine Europa]]''; esiste la testimonianza di [[Agostino Ruffini]] della presenza di Ghiglione in un porto di mare francese, probabilmente Marsiglia, intorno al 7 giugno, mentre in una successiva lettera di Garibaldi, scritta in Brasile, indirizzata a Mazzini afferma di conoscere Ghiglione, si veda {{Cita|Scirocco|p. 27}}</ref> e [[Luigi Canessa]]. Poiché le rotte erano chiuse in parte per via del colera, Garibaldi decise di partire alla volta del [[America Meridionale|Sud America]] con l'intenzione di propagandare gli ideali mazziniani. L'8 settembre [[1835]] partì da Marsiglia sul [[brigantino]] ''Nautonnier'', nave comandata da Beauregard,<ref>{{cita libro|Luigi |Palomba |Vita di Giuseppe Garibaldi, pag 12|1882|E. Perino|}}</ref> assumendo la falsa identità di Giuseppe Pane e affermando di essere nato a [[Livorno]]; data la sua paga di 85 franchi, si presuppone che non svolse in mare gli incarichi di marinaio la cui paga era inferiore.
 
=== Esilio in Sud America ===
[[File:Poncho e camicia rossa di Garibaldi - Museo del Risorgimento di Milano.JPG|thumb|[[Poncho|Poncio]] e camicia rossa di Garibaldi ([[Museo del Risorgimento (Milano)|Museo del Risorgimento di Milano]]).]]
Giunto a [[Rio de Janeiro]] nella fine del 1835 o nel gennaio del 1836, venne accolto dalla piccola comunità di italiani aderenti alla [[Giovine Italia]], avvisati da Canessa poco prima; avviò quindi un piccolo commercio di paste alimentari nei porti vicini. La sua prima lettera venne spedita il 25 gennaio [[1836]].<ref>{{cita libro|Giuseppe |Garibaldi |Edizione nazionale degli scritti di Giuseppe Garibaldi: Epistolario, vol. 1, 1834-1848, pag 6|1932|L. Cappelli|}}</ref> Cercò di instaurare un rapporto con [[Giuseppe Stefano Grondona]], il «genio quasi infernale» come lo definirà lui stesso,<ref>{{Cita|Sacerdote|p. 118}}.</ref> senza però riuscirci, anche cedendogli la presidenza dell'associazione locale della Giovine Italia. Fondò una società con l'amico [[Luigi Rossetti]],<ref>Luigi Rossetti, esule che dal 1827 si trovava a Rio divenne amico di Garibaldi al primo sguardo, quasi un fratello. Come lui stesso ricorda citato in {{Cita|Dumas|p. 38}}</ref> chiamato Olgiati.
 
Scrisse direttamente a Mazzini il 27 gennaio, in una lettera mai giunta a destinazione, chiedendo che rilasciasse «[[Lettera di marca|lettere di marca]]», un'autorizzazione ad avviare una guerra corsara contro i nemici austriaci e piemontesi, una richiesta impossibile da esaudire,<ref>Si trattava di una richiesta impossibile in quanto potevano rilasciarla solo gli Stati di diritto, si veda anche {{cita libro|Mino |Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 125|1982 |Mursia|}}</ref> ma senza le quali le sue azioni sarebbero state solo atti di [[pirateria]].<ref>Corsaro era chi al servizio del governo cedeva parte del ''bottino'' conquistato, ufficialmente riconosciuto dalle leggi internazionali, tale figura venne poi abolita dal [[congresso di Parigi]] del 1956, si veda: {{Cita|Possieri|p. 113}}</ref> Parlò apertamente contro Carlo Alberto sul [[Paquete du Rio]],<ref>{{cita libro|Domus |mazziniana|Bollettino della Domus mazziniana, Volumi 14-15, pag 10|1968 |Domus Mazziniana|}}</ref> curò le stampe della lettera mazziniana a Carlo Alberto e gli furono aperte le porte della [[loggia massonica]] irregolare Asilo di Vertud.<ref>Asil della Vertud, irregolare in quanto non era riconosciuta da quelle principali, si veda {{cita libro|Lauro |Rossi|Garibaldi: vita, pensiero, interpretazioni: dizionario critico, pag 193|2008 |Gangemi||isbn = 978-88-492-1481-9}}</ref>
Riga 138:
==== Nella Repubblica del Rio Grande del Sud ====
{{vedi anche|Repubblica Riograndense|guerra dei Farrapos}}
Nel febbraio del 1837 parlò con [[Livio Zambeccari]], detenuto nella prigione Santa Cruz in quanto segretario di [[Bento Gonçalves da Silva|Bento Gonçalves]],<ref>Anche lui al momento si trovava in prigione, nella fortezza do Mar a Bahia, i due poi usciranno entrambi di prigione. Si veda {{Cita|Dumas|pp. 38-39}}</ref> presidente della [[Repubblica Riograndense]], stato secessionista del Brasile. Sarà l'inizio di una collaborazione ufficiale. Il 4 maggio [[1837]], ottenne una ''[[Lettera di corsa]]'', la numero sei (avevano rilasciato un totale di 12 patenti), documento firmato dal generale João Manoel de Lima e Silva apparentemente firmata il 14 novembre 1836.<ref>Appare più probabile che sia stata firmata all'inizio del 1837, quando ferito si trovava a Montevideo per ristabilirsi, si veda {{Cita|Scirocco|p. 45}}</ref> Nell'atto si leggeva la lista dei 14 uomini autorizzati a utilizzare la lancia "Mazzini" di 20 tonnellate, il capitano designato era João Gavazzon (o Gavarron), mentre Garibaldi figurava come il primo tenente. A João risultava intestata anche un'altra nave, la "Farropilha", di 130 tonnellate,<ref>Alcuni biografi assegnano erroneamente la nave all'eroe, si veda {{cita libro|Salvatore|Candido|Giuseppe Garibaldi, vol. 1, 1834-1848, pag 62|1964|Istituto per la storia del Risorgimento italiano|}}</ref> ottenuta dal governo della Repubblica Riograndense (ora [[Rio Grande do Sul]]), ribelle all'autorità dell'[[Impero del Brasile]] guidato da [[Pietro II del Brasile|Pedro II]].
 
La nave comprata tempo prima grazie ai soldi di [[Giacomo Cris]] (vero nome di Giacomo Picasso<ref>A quei tempi sosterrà economicamente più volte Garibaldi. Si veda {{Cita|Sacerdote|pp. 116-117}}</ref> con il quale si fece conoscere), era stata battezzata ''Mazzini'', e con i soldi fruttati da una colletta, 800 lire<ref>{{Cita|Scirocco|p. 46}}.</ref> verranno effettuate delle migliorie. Salperanno il 7 maggio, a bordo si contavano 12-13 uomini in tutto,<ref>l'elenco varia a seconda dei resoconti, Le memorie ad esempio riportano 16 uomini, si veda {{Cita|Dumas|p. 40}}</ref> fra cui il nostromo Luigi Carniglia, il timoniere Giacomo Fiorentino, João Baptista e Miguel un brasiliano che doveva pensare alle armi. Sul giornale [[Jornal do comercio]] si dava come destinazione del viaggio Campos e come comandante Cipriano Alves (altro nome assunto da Garibaldi)<ref>{{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 33|1982|Mursia|}}</ref> La prima preda fu una lancia da cui prese lo schiavo nero Antonio, che affrancò rendendolo libero. L'11 maggio i corsari avvistarono un [[semalo]] di centoventi [[Tonnellata|tonnellate]] chiamato "Luisa" e lo abbordarono.
Riga 151:
Si organizzò un cantiere navale lungo il [[fiume Camacuã]]: il capo dei lavori era [[John Griggs]], di origini irlandesi, mentre Garibaldi divenne comandante della flotta. Due lancioni erano pronti al varo: il ''Rio Pardo'' (15-18 tonnellate), dove si imbarcò lo stesso Garibaldi,<ref>{{Cita|Sacerdote|p. 199}}.</ref> e l{{'}}''Independencia'', il cui equipaggio contava complessivamente circa 70 persone, tra cui Mutru e Carniglia. Partirono il 26 agosto 1838, e riuscirono a superare lo sbarramento posto dalle navi nemiche. Il 4 settembre avvistarono due navi nemiche: una di esse fuggì mentre l'altra, una sumaca chiamata ''La Miniera'', si arrese.<ref>Garibaldi scrisse nel suo resoconto dell'accaduto (22 settembre) che la nave venne distrutta, si veda {{Cita|Scirocco|p. 60}}</ref> Vi era il problema della spartizione della preda: da dividere in tre parti secondo quanto scritto nell'accordo redatto da Rossetti, 8 (di cui una a Garibaldi)<ref>{{cita libro|Ivan |Boris |Gli anni di Garibaldi in Sud America: 1836-1848, pag 65|1970|Longanesi|}}</ref> secondo quanto si decise alla fine, per decisione del ministro delle finanze Almeida. L'ammiraglio Greenfell, allarmato dall'accaduto, fece scortare ogni nave con quelle di guerra, mentre alla piccola flotta di Garibaldi si aggiunsero altre navi e altre erano in costruzione.
 
Il 17 aprile [[1839]],<ref>{{cita libro|Mino |Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), p. 55|1982 |Mursia|}}</ref> avvertiti dal grido «è sbarcato il ''Moringue''»<ref>{{Cita|Montanelli|p. 99 e successive per lo scontro}}.</ref> (così era chiamato il [[maggiore]] [[Francesco Pedro de Abreu]], a cui era stato dato l'ordine di eliminare Garibaldi), sventarono un tentativo di imboscata, nonostante i nemici fossero favoriti dalla nebbia. Affrontarono i circa 150 uomini inviati,<ref>{{Cita|Possieri|pp. 91-92}}.</ref> ferendo lo stesso Moringue e costringendoli alla ritirata: fu una vittoria che divenne celebre con il nome di ("Battaglia del Galpon de Xarqueada"). L'eco della vittoria venne ufficializzata dal rapporto del ministro della Guerra al parlamento brasiliano.<ref>Si tratta del primo riconoscimento ufficiale, dove Garibaldi venne chiamato «comandante delle forze navali repubblicane», il rapporto di Garibaldi venne poi pubblicato su [[O Povo]] il 24 aprile, si veda {{Cita|Scirocco|p. 62}}</ref> Partecipò, quindi, in qualità di capitano tenente, alla campagna che portò alla presa di [[Laguna (Brasile)|Laguna]], il cui comando venne affidato al colonnello [[David Canabarro]], della capitale dell'attigua provincia di [[Santa Catarina|Santa Caterina]].
 
La tattica utilizzata fu singolare: si risalì il fiume [[Capivari]], ingrossato dalle ultime piogge, facendo avanzare le navi per via terra, con l'aiuto di due carri preparati dentro alcune fosse, trainati fino a giungere alla laguna di Thomás José e scendere dal [[Tramandaí]]. Per tale progetto vennero scelti i due nuovi lancioni: ''Farroupilha'' (18 tonnellate, su cui dava gli ordini l'eroe) e il ''Seival'' (12 tonnellate, a cui comando si ritrova Griggs).<ref>{{Cita|Dumas|p. 81}}.</ref> Il 5 luglio inizia il trasporto via terra evitando al contempo l'attacco nemico che si stava preparando più avanti, terminerà l'11 luglio, tre giorni dopo il 14 luglio riprenderanno il mare.<ref>{{Cita|Scirocco|pp. 63-64}}.</ref> La nave di Garibaldi si rivela troppo pesante: il timone si spezza la nave si rovescia, è il 15 luglio 1839.<ref>{{Cita|Possieri|pp. 93-94}}.</ref> Durante la tempesta annegheranno fra gli altri Mutru, Carniglia e Procopio (uno schiavo reso libero che aveva ferito il Moringue).<ref>{{Cita|Dumas|p. 78, 84-88}}.</ref> L'assalto verrà condotto lo stesso con l'unico Lancione rimasto, il Seival, condotto da Garibaldi;<ref>{{Cita|Dumas|pp. 90-91}}.</ref> di fronte hanno un brigantino e quattro lancioni. Si diresse verso sud portando le inseguitrici, consistenti in due lancioni, il ''Lagunense'' e l{{'}}''Imperial Catarinense'', in una trappola. Dei soldati nascosti nella fitta vegetazione assaltarono le navi e le conquistarono; vennero poi utilizzate per distrarre gli altri due lancioni, ''Santa Ana'' e l{{'}}''Itaparica'' si arresero, il brigantino ''Cometà'' fuggì.
 
Il 25 luglio [[1839]] venne conquistata Laguna e con il suo nuovo nome, Juliana, venne proclamata la repubblica catarinense.<ref>Luigi Rossetti venne eletto segretario di Stato, si veda: {{Cita|Possieri|p. 94}}</ref> Gli imperiali inviarono il maresciallo [[Francisco José de Souza Suares de Andrea]] con una flotta di 12 navi e tre lancioni: nei primi scontri venne ucciso [[Zeferino Dutra]], uomo a cui Garibaldi aveva lasciato il comando del resto della flotta. L'eroe prese il comando della ''Libertadora'' rinominata ''Rio Pardo'',<ref>Da non confondere con la in precedenza costruita si veda {{Cita|Dumas|p. 96}}</ref> mentre il Seival fu affidato a [[Lorenzo Valerigini]]. Occorrevano arrembaggi, ma vicino alla laguna vi era un blocco navale creato dagli imperiali, e per superarlo, il 20 ottobre si inviò una sumaca per distrarre le navi che partirono all'inseguimento lasciando il resto della flotta libero di agire.
 
In una di queste azioni si trovarono di fronte alla nave ''Regeneração'' che, con i suoi venti cannoni (le tre navi avevano un solo cannone ciascuno,<ref>La terza nave la ''Imperial Catarinense'' rinominata ''Cassapava'' era comandata da Griggs, si veda {{Cita|Scirocco|p. 66}}</ref>) mise in fuga le navi. Fuggirono per lo stesso motivo anche dalla ''Andorinha'', si attendeva di ritornare alla laguna.<ref>In seguito alla Andorinha (o Androgina) si aggiunsero la ''Bella Americana'' e ''Patagonia'', nel combattimento, respinto a fatica, elogiò la bravura di Manuele Rodriguez. {{Cita|Dumas|pp. 97-98}}</ref> Era il 2 novembre, il Rio Pardo tornò pochi giorni dopo. Guidò malvolentieri l'attacco alla cittadina [[Imaruí]] con l'intenzione di punirla del tradimento.<ref>{{Cita|Dumas|pp. 100-101}}.</ref>
 
Il 4 novembre<ref name="Duma102">{{Cita|Dumas|p. 102}}.</ref> l'esercito imperiale forte di 16 navi con 33 cannoni complessivi e 900 uomini,<ref name="Duma102" /> riconquistò la città e i repubblicani, dopo aver incendiato le navi senza che i soccorsi richiesti fossero giunti, ripararono sugli altopiani, Griggs venne ucciso. Sulla terraferma i combattimenti continuarono, e furono i primi per Garibaldi: il 14 dicembre [[1839]] a [[Santa Vitória do Palmar]]<ref>{{Cita|Dumas|p. 106}}.</ref> attaccò con i suoi marinai il nemico e costringendolo alla ritirata; successivamente il 12 gennaio [[1840]], nei pressi di [[Forquetinha]], Garibaldi, guidando la fanteria, soccorse con 150 uomini il colonnello Teixeira.<ref>I rapporti di questi scontri furono descritti su O Povo grazie ai resoconti del colonnello Teixeira, si veda {{Cita|Scirocco|pp. 68-69}}</ref> Garibaldi radunò i sopravvissuti, 73 uomini in tutto, salì su un'altura e solo di notte gli inseguitori smisero la caccia. Marciarono per quattro giorni fino nei pressi di [[Vacaria]]<ref>{{cita libro|Ivan |Boris |Gli anni di Garibaldi in Sud America: 1836-1848, pag 134|1970|Longanesi|}}</ref> e poi di nuovo al Rio Grande.
 
{{citazione|Garibaldi è un uomo capace di trionfare in qualsiasi impresa.|[[Alexandre Florian Joseph Colonna Walewski|Alessandro Walewski]] da J. Duprey, ''Un fils de Napoleón dans les pays de la Plata au temps de Rosas'', Parigi-Montevideo 1937, p. 164.}}
Nell'aprile del 1840 si radunarono i due eserciti nei pressi del fiume [[Taquari]]; {{formatnum:4300}} imperiali, al comando del generale [[Manuel Jorge Rodríguez]] che avrebbero affrontato 3.400 riograndesi,<ref>{{cita libro|Ivan|Boris|Gli anni di Garibaldi in Sud America: 1836-1848, pag 137|1970|Longanesi|}}</ref> ma non ci fu alcuna battaglia. Si decise di attaccare [[São José do Norte|San José do Norte]], punto strategico di rifornimento. Dei quattro fortini disposti a difesa tre vennero distrutti in poco tempo, l'azione era guidata da [[Bento Gonçalves da Silva|Gonçalves]] con Teixeira. L'ammiraglio Greenfell inviò i rinforzi, allorché Garibaldi suggerì di bruciare la città ma l'idea non venne accolta; una volta fuggiti, il nizzardo {{chiarire|si fermò su ordini dati a [[San Simón]]|quali?}};<ref>{{cita libro|Jasper Godwin|Ridley |Garibaldi (seconda edizione), pag 101|1976 |Viking Press||isbn = 978-0-670-33548-0}}</ref> poco dopo, il 24 settembre [[1840]], fu ucciso Rossetti. Giunto a [[São Gabriel (Rio Grande do Sul)|São Gabriel]], strinse amicizia con [[Francesco Anzani]]. Gli venne concesso di recarsi a [[Montevideo]] e di portarsi {{formatnum:1000}} buoi come bottino di conquista; riuscì a farne partire 900, ma negli oltre {{M|600|u=km}} che percorse perse la maggior parte dei capi, solo 300 infatti giunsero a destinazione nel giugno del 1841 a causa dei ripetuti furti dei [[Mandriano|mandriani]] infedeli.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 73}}.</ref>
 
==== Guerra civile uruguaiana ====
Riga 172:
La navigazione continuò nel Paraná dal 29 giugno e raggiunsero come da programma la ''Bajada'' il 18 luglio.<ref>Precisamente giunsero alla boca del Tiradero come in {{cita libro|Salvatore |Candido|Giuseppe Garibaldi nel Rio della Plata, 1841-1848 (volume I) pag 110|1972|Valmartina|Firenze}}</ref> Continuarono il viaggio superando il porticciolo di Cerrito. Le navi di Brown, a cui si aggiunsero quelle comandate dal maggiore [[Seguì]], raggiunsero le navi del nizzardo vicino alla Costa Brava: da una parte 3 brigantini e 4 golette, con un totale di circa 700 uomini e 53 cannoni, mentre Garibaldi poteva contare su due delle tre navi in quanto la Procida si distaccò precedendoli a Corrientes, 29 cannoni e circa 300 uomini, entrambi avevano anche imbarcazioni minori.<ref>Tali dati insieme alle varie manovre di guerra utilizzate si hanno anche grazie alle dichiarazioni di Gerónimo Quintana {{cita libro|Salvatore |Candido|Giuseppe Garibaldi nel Rio della Plata, 1841-1848 (volume I) pag 158|1972|Valmartina|Firenze}}</ref>
 
Il 16 agosto Brown iniziò a fare fuoco. Risultano inutili i tentativi di resistenza; Urioste cercò di portare lo scontro sulla terra ma venne sconfitto, intanto [[Alberto Villegas]] con il suo gruppo fuggì. Dopo tre giorni di combattimenti,<ref>{{Cita|Dumas|p. 154}}.</ref> le navi vennero incendiate, ma alcuni dei corsari saltarono in aria con esse. Garibaldi si trasferì prima a [[Goya (Corrientes)|Goya]] e, dopo vari spostamenti, il 19 novembre si ritrovò a [[Paysandú]]; qui ricevette l'ordine dal generale [[Felix Edmondo Aguyar]] di compiere alcune azioni militari. Venne poi richiamato a Montevideo, ma prima di raggiungerli dovette bruciare nuovamente la flottiglia che comandava. Giunto nel dicembre del 1842 con l'incarico di ricostruire la flotta perduta, con un attacco affondò il 2 febbraio [[1843]] un brigantino che faceva parte della flotta di Brown; pochi giorni dopo venne respinto un primo tentativo del generale [[Manuel Oribe]]; [[Assedio di Montevideo (1843-1851)|l'assedio]] iniziò il 16 febbraio 1843.<ref>{{Cita|Possieri|p. 102}}.</ref> Il 29 aprile, dopo aver rinforzato l'[[Isla de Ratas]], si ritrovò di fronte il giorno dopo nuovamente Brown. L'ammiraglio contava su due brigantini e due golette, Garibaldi due imbarcazioni con un cannone ciascuno; gli inglesi intervennero salvandoli.<ref>L'isolotto venne poi chiamato [[Isola della Libertà]], {{Cita|Scirocco|pp. 104-105}}</ref>
[[File:Insegna Legione Italiana 1846.jpg|alt=Insegna Legione Italiana 1846.jpg|miniatura|Insegna della Legione Italiana in Uruguay (1846)]]
Alla fine dell'anno prese il comando della [[Legione italiana (Garibaldi)|Legione italiana]]. Il colore scelto per le divise fu il rosso,<ref>Erano delle tuniche di lana rosse, erano state preparate per chi lavorava nei macelli (i saladeros), ma interrotto il traffico fu merce mai giunta a destinazione. Il governo approfittò del prezzo basso.{{Cita|Scirocco|p. 101}}</ref>; la bandiera, un drappo nero rappresentava il [[Vesuvio]] in eruzione.<ref>L'ammiraglio Winnington-Ingram raccontò i vari particolari e vide lo stesso Garibaldi indossarne una durante l'attacco a Montevideo nel testo: {{cita libro|H.F.|Winnington-Ingram |Hearts of Oak|1889|Allen|Londra}} Si veda anche: {{Cita|Possieri|pp. 103-104}}</ref> In seguito venne tradito dal colonnello [[Angelo Mancini]],<ref>Disertò insieme ad altri ufficiali. {{Cita|Smith|p. 27}}</ref> Dopo piccole vittorie conseguite rifiutò in una lettera del 23 marzo [[1845]] la proposta fatta a gennaio dal generale [[Fructuoso Rivera]], capo dei ''Colorados'', che voleva regalare alcune terre alla Legione italiana.<ref>Come aveva fato in precedenza con la legione francese si veda anche {{Cita|Sacerdote|p. 285}}</ref>
 
Si cercò di far finire l'assedio: si opposero senza successo gli ammiragli [[Samuel Ingliefeld]] e [[Émile Lainé]]<ref>[http://www2.assemblee-nationale.fr/sycomore/fiche/%28num_dept%29/10897 ''Assemblée nationale''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170803131634/http://www2.assemblee-nationale.fr/sycomore/fiche/%28num_dept%29/10897 |data=3 agosto 2017 }}</ref>, mentre Brown si ritirò, e tempo dopo volle salutare il suo avversario. Nell'agosto 1845 Ingliefeld iniziò insieme a Garibaldi ad aprirsi un varco, con l'intenzione di conquistare porti nemici.<ref>{{Cita|Possieri|p. 105}}.</ref> Il nizzardo comandava due brigantini: ''Cagancha'' (64 uomini)<ref>{{cita libro|Ivan |Boris |Gli anni di Garibaldi in Sud America: 1836-1848, pag 248|1970|Longanesi|}}</ref> e il ''28 de marzo'' (36 uomini), e altre navi. Si aggiunsero i validi aiuti di [[Juan de la Cruz]] e [[José Mandell]]. Dopo aver preso l'[[isola del Biscaino]] e [[Gualeguaychú]]<ref>Dove il comandante militare era un certo colonnello Villagra e non il torturatore Millán, equivocando con Gualeguay, città del passato di garibaldi. Si veda {{Cita|Scirocco|p. 112}}</ref> si aggiunse la goletta francese ''Eclair'' al cui comando vi era [[Hippolite Morier]], si giunse davanti a Salto, occupata dagli uomini di [[Manuel Lavalleja]].<ref>Manuel, fratello del più celebre generale [[Juan Antonio Lavalleja]], ignorò il messaggio inviatogli da Garibaldi, era il 6 ottobre. Si veda {{cita libro|Ivan |Boris |Gli anni di Garibaldi in Sud America: 1836-1848, pag 253|1970|Longanesi|}}</ref> Egli, dopo essere stato sconfitto da [[Francesco Anzani]], abbandonò la città che il 3 novembre fu occupata da Garibaldi.
Giuseppe Garibaldi entrò in Massoneria nel 1844 nella Loggia “Asil de la Vertud” di Montevideo (o forse come alcuni vogliono del Rio Grande del Sud), una loggia “spuria”, emanazione della Massoneria brasiliana e non riconosciuta dalle grandi Comunioni mondiali. Nello stesso anno, il 18 agosto, fu regolarizzato nella Loggia “Amis de la Patrie” di Montevideo all’obbedienza del Grande Oriente di Francia, nel libro matricola della Loggia gli fu assegnato il numero 50.
[[File:Giuseppe Garibaldi at the battle of San Antonio....jpg|thumb|left|Garibaldi nella battaglia di San Antonio]]
[[Justo José de Urquiza]] iniziò l'[[assedio]] alla cittadina il 6 dicembre;<ref>{{Cita|Sacerdote|p. 298}}.</ref> dopo diciotto giorni di attacchi lasciò una parte dei suoi uomini, 700 di essi e abbandonò l'impresa. Il 9 gennaio [[1846]] Garibaldi ottiene la sua prima vittoria contro gli assedianti, attaccando di notte. Il generale [[Anacleto Medina]] intanto stava giungendo a dar man forte con i suoi 500 cavalieri; Garibaldi cercò di affrontarlo con 186 legionari e 100 uomini guidati dal colonnello [[Bernardino Baez]]<ref>{{Cita|Scirocco|p. 114}}.</ref> ma vennero colti di sorpresa a loro volta dal generale [[Servando Gómez]] nei pressi di San Antonio.<ref>Il combattimento era iniziato intorno alle 11 del mattino, si veda {{Cita|Dumas|p. 180}}</ref> Gli uomini trovarono riparo nei resti di un saladero, dove si organizzarono, sparando solo a bruciapelo; e, attaccando in seguito con la [[baionetta]], riuscirono a resistere all'attacco; dopo otto ore di combattimento, Garibaldi ordinò la ritirata.<ref>Del resoconto della battaglia esistono numerose versioni particolareggiate, tutte descritte dai testimoni dell'episodio, in particolare 3 sono quelle rilasciate dallo stesso Garibaldi. Si veda per un approfondimento: {{cita libro|Jasper Godwin|Ridley |Garibaldi, pp. 235-242|1975 |Mondadori|}}</ref> Si conteranno 30 morti a cui si aggiungeranno 13 dei feriti mentre Servando ne avrà contati più di 130.<ref>Furono trovate nei giorni seguenti due fosse: una conteneva 86 cadaveri l'altra circa 60, ma il numero dei morti potrebbe essere stato più elevato, si veda {{cita libro|Mino |Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 113|1982 |Mursia|}}</ref>
 
I morti verranno raccolti e seppelliti in una fossa comune su cui verrà piantata una bandiera in loro onore: è l'8 febbraio [[1846]]<ref>Per questa azione il governo decise di aggiungere in lettere d'oro un'iscrizione commemorativa sulla loro bandiera, si veda {{Cita|Scirocco|p. 116}}</ref>. Il nizzardo rimase a Salto per diversi mesi, respingendo ogni attacco. Il 20 maggio attaccò nella notte [[Gregorio Vergara]] e nel ritorno prima di guadare un ruscello decise di attaccare i soldati che li inseguivano comandati da [[Andrés Lamas]].<ref>Si trattavano di due ufficiali di Servando Gómez, si veda {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni |Garibaldi, pag 87|2010|BiblioLife||isbn = 978-1-149-38210-3}}</ref> Le gesta oltre oceano di Garibaldi divennero celebri in Italia grazie al patriota [[Angelo Raffaele Lacerenza|Raffaele Lacerenza]], che diffuse a proprie spese in tutto il paese seimila copie del ''Decreto di grazie ed onori'' concessi dal governo di Montevideo ai legionari italiani.<ref>G. De Ninno, ''Biografia di Angelo Raffaele Lacerenza'', Pansini, Bari, 1913</ref>
 
=== Giuseppe e Anita ===
Giuseppe e Anita si erano conosciuti a Laguna nel 1839: si narra che, dopo averla inquadrata con il cannocchiale mentre si trovava a bordo dell'''Itaparica'', una volta raggiunta le disse, in [[Lingua italiana|italiano]]: «Tu devi essere mia»<ref>Della validità di questo resoconto non si può essere certi. Si è certi dell'immediata simpatia fra i due, si veda per la citazione e per i dubbi espressi {{Cita|Scirocco|p. 79}}, Dumas cita «Angelo, tu sarai mio» {{Cita|Dumas|p. 95}}</ref>. [[Anita Garibaldi|Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva]] (questo il nome completo) si era sposata<ref>Per diverso tempo si era dato credito alla teoria che non fosse sposata, ma fidanzata. Tale malinteso era nato a seguito delle ricerche di [[Giuseppe Guerzoni]] e dalla dichiarazione sostenuta da Anita quale nubile sul certificato di matrimonio del 1842, ipotesi confermata da Ricciotti. Fra gli storici che dettero credito a questa affermazione: [[George Maculay Trevelyan]] in {{cita libro|George |Macaulay Trevelyan |Garibaldi's Defence of the Roman Republic, pag 31|2008|Cosimo, Inc||isbn = 978-1-60520-473-4}} e [[Jessie White]] che aggiunse che Garibaldi chiese in moglie la figlia al padre, in realtà morto tempo prima. Ancora la si vedrà sposa con [[Juan Manuel de Rosas]]. Per le teorie a proposito si veda: {{cita libro|J.|Ridley|Garibaldi, pag 110-119|1975|Mondadori|}}</ref> il 30 agosto [[1835]]<ref>Furono in seguito ritrovati i documenti che attestavano il matrimonio fra i due, si veda {{Cita|Possieri|p. 96}}</ref> con il calzolaio<ref>per altri storici si trattava di un pescatore, si veda a tal proposito: {{Cita|Possieri|p. 114}}</ref> Manuel Duarte de Aguiar, molto più anziano di lei, che, arruolatosi fra gli imperiali, era fuggito da Laguna tempo prima, ma la moglie non lo seguì. Nata nel 1821 a Merinhos<ref>{{Cita|Dumas|p. 95}}.</ref>, aveva 18 anni al momento dell'incontro con Garibaldi.
 
Garibaldi e Ana Maria, passata alla storia e quasi alla leggenda del [[Risorgimento]] italiano con il diminutivo Anita, si sposarono il 26 marzo [[1842]] presso la chiesa di San Francisco d'Assisi con rito religioso. Secondo una leggenda, Anita, abile cavallerizza, insegnò a cavalcare al marinaio italiano, fino ad allora del tutto inesperto di equitazione. Giuseppe, a sua volta, la istruì, per volontà o per necessità, ai rudimenti della vita militare<ref>[https://books.google.it/books?id=m66eDwAAQBAJ&pg=PT72&dq=Anita+insegna+a+cavalcare+a+Garibaldi&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwi_mcby6JvnAhURLFAKHdE9AhkQ6AEIOTAC#v=onepage&q=Anita%20insegna%20a%20cavalcare%20a%20Garibaldi&f=false Luigino Recusani, ''A spasso con gli immortali'', Youcanprint, 2019]</ref>.
 
Cercò di far allontanare Anita e i figli da sua madre, ma nel giugno 1846 ottenne un parere contrario del ministro degli esteri di Carlo Alberto, [[Clemente Solaro della Margarita|Solaro della Margarita]].<ref>{{Cita|Scirocco|p. 122}}.</ref> I legionari progettarono di tornare in patria, e grazie alla raccolta organizzata fra gli altri da [[Stefano Antonini]], Anita, con i tre figli, e altri familiari dei legionari partirono nel gennaio del [[1848]] su una nave diretta a [[Nizza]], dove furono affidati per qualche tempo alle cure della famiglia di Garibaldi. Garibaldi non partì dall’America insieme con Anita ed i figli, ma in seguito, in aprile, con una settantina dei suoi legionari<ref>https://www.difesa.it/Content/Pagine/150-Garibaldi.aspx</ref><ref>A.M.Ghisalberti, Figure rappresentative del Risorgimento, Torino 1954, p.54</ref>. Scoppiati i moti italiani di indipendenza, fu autorizzato a ritornare negli stati sardi con un gruppo di soldati.
 
=== Prima guerra d'indipendenza ===
{{vedi anche|Prima guerra di indipendenza italiana}}
Giuseppe Garibaldi rientrò in [[Italia]] nel [[1848]], poco dopo lo scoppio della [[Prima guerra di indipendenza italiana|prima guerra di indipendenza]]. Venne noleggiato un brigantino sardo chiamato ''Bifronte'', rinominato ''Speranza'' (o ''Esperanza''); venne nominato come capitano lo stesso Garibaldi e la partenza avvenne il 15 aprile 1848, alle 2 del mattino; si erano imbarcati 63 uomini.<ref>{{Cita|Dumas|p. 191}}.</ref> Giunsero in vista di Nizza il 23 giugno.<ref>Non il 24 giugno come cita in {{Cita|Dumas|p. 192}}</ref> Lo avevano anticipato un suo luogotenente, [[Giacomo Medici]],<ref>{{Cita|Possieri|p. 119}}.</ref> e una certa notorietà, grazie al lavoro di Mazzini.<ref>Dal 1842 Mazzini cominciò a interessarsi delle notizie provenienti dal Sudamerica riguardanti Garibaldi, legge ''El Nacional'' grazie a Cuneo, nel giugno 1845 scriverà al nizzardo, nel gennaio 1846 fa pubblicare sul ''Times'' per intero la lettera che rappresentava l'offerta fatta a Rivera che tempo prima Garibaldi rifiutò scrivendo come al contrario i francesi accettarono una simile offerta, si veda {{Cita|Scirocco|pp. 129-130}} Alle notizie enfatiche si contrapporranno quelle provenienti dal Sud America, la stampa che simpatizzava per Rosas parlò male dell'eroe descrivendolo come se fosse un demone. Si veda {{cita libro|Jasper Godwin|Ridley |Garibaldi, pp. 197-198|1975 |Mondadori|}}</ref> Tornato dunque in Europa per partecipare alla [[Prima guerra di indipendenza italiana|prima guerra di indipendenza]] contro gli [[Impero austriaco|austriaci]], il 25 giugno proferisce parole a favore di [[Carlo Alberto di Savoia]]; il 29 giugno si trova a Genova e per giungere a [[Roverbella]], nei pressi di [[Mantova]], deve chiedere 500 lire a un amico.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 142}}.</ref> L'incontro con Carlo Alberto avvenne il 5 luglio: venne accolto freddamente, a causa dell'antica condanna; non potendogli offrire aiuto, gli consigliò di recarsi a [[Torino]] dal ministro della guerra, che gli suggerì a sua volta di recarsi a [[Venezia]].
 
[[File:Roverbella-Lapide a Garibaldi.jpg|thumb|[[Roverbella]], lapide in ricordo dell'incontro con Carlo Alberto.]]
Riga 210:
Intanto [[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando II]], re delle [[Regno delle Due Sicilie|Due Sicilie]], inviò i suoi uomini, guidati dal generale [[Ferdinando Lanza]] e dal colonnello Novi, che giunsero verso le 12<ref>{{cita libro|Piero |Pieri |Storia militare del Risorgimento, (seconda edizione, Vol 71) p. 423|1962 |Einaudi|}}</ref> del 9 maggio a [[Battaglia di Palestrina|Palestrina]]; a respingerli furono il nizzardo e [[Luciano Manara]]; dopo un combattimento di tre ore, i borbonici si ritirarono, perdendo 50 dei loro uomini.
 
Il 19 maggio, [[Battaglia di Velletri (1849)|nei pressi di Velletri]], Garibaldi disobbedì agli ordini, in realtà ormai superati dagli eventi, di [[Pietro Roselli]]<ref>Nominato a capo dell'esercito al di sopra di Garibaldi stesso, si veda per approfondimento {{Cita|Smith|pp. 46-47}}</ref>; nell'occasione Garibaldi venne travolto dai cavalieri, cadde a terra dove fu alla mercé di cavalli e nemici, ma venne salvato per intervento del patriota [[Achille Cantoni]]:<ref>"Cantoni pel primo [...] gittossi tra me ed un nemico che mi travagliava da vicino, e contro cui io difficilmente mi difendevo essendo rotto dalle contusioni, e mentre il borbonico mi feriva, forse con un colpo sulla testa, la sciabola liberatrice lo colpiva e bestemmiando si ritirava con il braccio penzolone", così riferisce il fatto Giuseppe Garibaldi in ''Cantoni il volontario'', cap. XLI. Velletri.</ref> seguirono aspre critiche al suo operato.<ref>Come quelle di [[Carlo Pisacane]], si veda: {{Cita|Possieri|pp. 124-125}} I contrasti furono evidenti in seguito, si pensi che pochi giorni dopo, il 26 maggio, quando Mazzini chiese consiglio a Garibaldi su come difendere Roma egli rispose o di dargli poteri di «dittatore illimitatissimo» o di retrocederlo a soldato semplice, per la lettera si veda {{cita libro|Giuseppe |Garibaldi |Epistolario di Giuseppe Garibaldi, Volumi 1-2, pag 37|1885 |A. Brigola e comp|}}</ref> Il 26 maggio [[1849]] Giuseppe Garibaldi giungeva a [[Ceprano]], ordinando a [[Luciano Manara]] di entrare con i suoi bersaglieri nel [[Regno di Napoli]], per combattere i borbonici che si erano attestati nella Rocca d'Arce. Mazzini voleva però concentrarsi sulla difesa dell'Urbe e, anche perché era giunta notizia dell'arrivo di forze spagnole a Gaeta e di un esercito austriaco, richiamò Garibaldi.<ref>{{cita libro|Garibaldi|pag 47|1993|Denis Mack Smith|}}</ref>
 
La notte fra il 2 e il 3 giugno 1849 Oudinot guidò i suoi verso Roma e conquistò, dopo continui capovolgimenti, i punti chiave di Villa Corsini e Villa Valentini; rimase in mano ai difensori Villa Giacometti. Morirono {{formatnum:1000}} persone, fra cui [[Francesco Daverio]], [[Enrico Dandolo (patriota)|Enrico Dandolo]] e [[Goffredo Mameli]] che, ferito, morirà in seguito per [[gangrena]]; verrà incolpato Garibaldi della sconfitta; i francesi potevano contare su circa {{formatnum:16000}} uomini Garibaldi su circa {{formatnum:6000}}.<ref>Nell'occasione verrà ricordato da Gustav Hoffstetter come uomo impassibile che non fugge davanti al pericolo, si veda per la testimonianza tratta da ''Giornale delle cose di Roma nel 1849'', Gustav von Hoffstetter, 1850 e i dati numerici {{Cita|Scirocco|p. 163}}</ref> Il 28 giugno [[1849]] i legionari di Garibaldi tornarono a indossare le loro tuniche rosse di lana.<ref>La richiesta fu fatta tempo prima, dopo la battaglia di Palestrina, come in {{cita libro|Ermanno |Loevinson |Giuseppe Garibaldi e la sua legione nello Stato romano 1848-49 (Volume 2 di Giuseppe Garibaldi e la sua legione nello Stato romano 1848-49), p. 126|1904 |Società editrice Dante Alighieri|}}</ref>
 
=== Fuga da Roma e morte di Anita ===
[[File:Giuseppe e Anita Garibaldi trovano rifugio a San Marino.JPG|thumb|[[1849]], dopo la caduta della [[Repubblica Romana (1849)|Repubblica Romana]] Giuseppe Garibaldi e [[Anita Garibaldi]] in fuga, trovano rifugio a [[San Marino]].]]
{{vedi anche|marcia di Garibaldi dopo la caduta di Roma}}
L'assemblea che si era costituita diede i poteri a Garibaldi e Roselli: la sera del 2 luglio [[1849]], da piazza San Giovanni, con {{formatnum:4700}} uomini,<ref>{{Cita|Possieri|p. 128}}.</ref> partì deciso a continuare la guerra, non più di posizione ma di movimento.<ref>{{cita libro|Mario|Isnanghi|Garibaldi fu ferito il mito, le favole, p. 17|2010|Donzelli editore||isbn = 978-88-6036-503-3}}</ref> Pochi giorni prima si era aggiunta Anita che, incinta, decise di seguirlo per tutta la durata del viaggio.
 
Dopo aver rifiutato l'offerta fatta dall'[[ambasciatore]] degli [[Stati Uniti d'America]],<ref>Il 2 luglio 1849 ricevette l'invito, doveva recarsi al l'Hotel De Russie, si veda {{cita libro|Gustavo |Sacerdote|La vita di Garibaldi: (Volume 1), p. 380|1957|Rizzoli & c. |}}</ref> sulla strada di [[Tivoli]] affidò una parte dei soldati a [[Gaetano Sacchi]] e un reggimento della cavalleria al colonnello [[Ignazio Bueno]] compagno del Sudamerica, con lui il polacco [[Emilio Müller]]. Fece credere al nemico di dirigersi verso gli Abruzzi mentre andava a nord, divise in piccoli gruppi la cavalleria che mandava in esplorazione facendo pensare che potesse contare su un numero superiore di soldati.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 169}}.</ref> Intanto atti criminali commessi dal suo gruppo lo preoccupavano, e giunse a dover minacciare di morte chiunque commettesse furto e, il 5 luglio, a dover far giustiziare un ladro colto in flagrante.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 170}}.</ref>
Riga 227:
Continuano gli aiuti trovati per strada: vengono guidati dall'[[operaio]] Nicola Zani con Anita sempre più febbricitante, fino a [[Cesenatico]] dove si imbarcano 13 bragozzi (barche da pesca),<ref>{{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 210|1982 |Mursia|}}</ref> alla volta di Venezia, il 2 agosto. Arsi dalla sete a circa {{M|80|u=km}} dall'obiettivo, all'altezza della punta di [[Goro]], vengono avvistati e attaccati da un brigantino austriaco, l{{'}}''Oreste'', che con rinforzi li insegue catturando gli equipaggi di 8 bragozzi, più di 160 prigionieri che verranno condotti a Pola. Garibaldi, con Anita in braccio, guada per circa 400 metri<ref>{{Cita|Scirocco|p. 173}}.</ref> giungendo infine sulla spiaggia, saluta i rimasti fra cui il barnabita [[Ugo Bassi]] e [[Giovanni Livraghi]], che saranno fucilati a Bologna l'8 agosto, e [[Angelo Brunetti]] e i due figli, fucilati in seguito anch'essi. Garibaldi arriva a [[Porto Garibaldi|Magnavacca]] nelle [[Valli di Comacchio]], con Anita agonizzante e [[Giovanni Battista Culiolo]] detto ''Leggero''. Aiutati dall'umile Battista Barillari riescono a dissetare la moglie dell'eroe. Il 4 agosto ripartono e salgono sul biroccino guidato da Battista Manelli; arrivano alle [[Mandriole]] dove si fermano alla fattoria Ravaglia con Anita che muore, nonostante gli sforzi del medico Nannini, appositamente convocato.
 
Garibaldi, secondo quanto riporta l'uomo di chiesa Falconieri, avrebbe voluto dare degna sepoltura alla moglie e trasportarla alla vicina [[Ravenna]], ma non vi era il tempo e fu scavata frettolosamente una buca nella sabbia della pineta<ref>Denis mack Smith "Garibaldi" ed. Il Giornale p.56</ref>. Dopo pochi giorni, il 10 agosto una ragazzina, Pasqua Dal Pozzo, scoprì il cadavere<ref>{{Cita|Possieri|p. 135}}.</ref> che fu tumulato nel cimitero di [[Mandriole]]. Le cause della morte di Anita furono a lungo discusse negli anni successivi, anche per attaccare Garibaldi.<ref>il giudice Giuseppe Francesconi e il medico [[Luigi Fuschini]] accorsero; inizialmente si pensò a un [[omicidio]], la donna mostrava segni di [[strangolamento]]. L'ispettore Zeffirino Socci arrestò i fratelli Ravaglia (uno dei due era assente all'epoca dei fatti) con l'accusa di omicidio il 14 agosto [[1849]]. In seguito Fuschini ammise l'errore di valutazione. Non convinti tutti gli storici, alcuni come [[Umberto Beseghi]] sospettarono che Garibaldi avesse partecipato alla fine delle sofferenze della donna. Nel 1856 [[Antonio Bresciani]] eliminò ogni dubbio sull'ipotesi di omicidio. Si veda: {{Cita|Possieri|pp. 135-136}} l'appendice in {{cita libro|Umberto|Beseghi|Il maggiore Leggero e il trafugamento di Garibaldi, seconda edizione|1932|Edizioni Stern|Ravenna}} e per approfondimenti {{cita libro|Umberto |Beseghi|Garibaldi rimase solo|1958|Tamari|Bologna}} e {{cita libro|Isidoro|Giuliani|Anita Garibaldi: vita e morte|2001|Parrocchia di Mandriole}}</ref> Undici anni dopo, il 20 settembre 1859, Garibaldi con i figli Teresita e Menotti<ref>{{cita libro|Mino |Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), p. 267|1982 |Mursia|}}</ref> tornerà a [[Ravenna]] per spostare i resti di Anita a [[Nizza]], accanto a quelli di Rosa, madre dell'eroe.
 
Garibaldi e Leggero fuggono dapprima a [[Forlì]]; poi, il giorno 16, lasciano Forlì per raggiungere il vicino confine del [[Granducato di Toscana]]: Si tratta della cosiddetta ''[[trafila di Garibaldi]]''. Sono aiutati, tra gli altri, da Ercole Saldini, dal sacerdote [[Giovanni Verità]] e dall'ingegnere Enrico Sequi, a cui Garibaldi lascerà la [[fede nuziale]] di Anita.
Riga 236:
 
{{citazione|La Camera dichiara che l'arresto del Generale Garibaldi e la minacciata sua espulsione dal Piemonte, sono lesioni dei diritti consacrati dallo Statuto e dei sentimenti di nazionalità e della gloria italiana|da ''Garibaldi e i Mille'' di [[George Macaulay Trevelyan]]}}
Garibaldi venne quindi liberato e si parlò anche della possibilità dell'[[Immunità (diritto)|immunità parlamentare]] attraverso una sua candidatura a [[Recco]] per le elezioni suppletive della camera, ma egli rifiutò l'idea.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 184}}.</ref> Gli fu concessa una visita di un giorno ai familiari, durante la quale salutò la madre per l'ultima volta e affidò i figli maschi ad Augusto, mentre la figlia continuò a rimanere con i Deideri. Dopo vari spostamenti (prima a Tunisi, dove gli fu rifiutata ospitalità, quindi a La Maddalena) partì sul [[brigantino]] da guerra ''Colombo'' per [[Gibilterra]], giungendovi il 9 novembre, e il 14 novembre ripartì su una nave spagnola, ''La Nerea''. Accompagnato dagli ufficiali "Leggero" e [[Luigi Cocelli]] si diresse a [[Tangeri]], dove accettò l'ospitalità dell'ambasciatore piemontese in [[Marocco]] [[Giovan Battista Carpenetti]]. Nel mese di giugno partì nuovamente, questa volta in compagnia del [[maggiore]] [[Paolo Bovi Campeggi]]. Il 22 fu a [[Liverpool]], e il 27 giugno [[1850]] partì per [[New York]] con il ''Waterloo'', giungendovi in 33 giorni di viaggio. Il 30 luglio, per i dolori causati dai reumatismi, ebbe bisogno di aiuto per scendere a terra, a Staten Island.<ref>{{cita libro|Giuseppe |Garibaldi|Memorie di Garibaldi: Nella redazione definitiva del 1872, pag 326|1932|L. Cappelli|}}</ref>
 
Abitò in compagnia di [[Eleuterio Felice Foresti|Felice Foresti]] con Michele Pastacaldi. Conobbe [[Teodoro Dwight]] che ricevette le sue ''Memorie'', con l'accordo di non pubblicarle; Garibaldi gli diede il consenso di farlo solo anni dopo, nel 1859<ref>Prima di questa era già stata pubblicata da Cuneo una sua biografia nel 1850, 94 pagine in totale, si veda: {{Cita|Scirocco|pp. 184-190}}</ref>
Abitò con [[Antonio Meucci]], che lo fece lavorare nella propria fabbrica di candele.<ref>{{cita libro|Giuseppe |Garibaldi |Memorie autobiografiche, 10 edizione p. 265|1888 |G. Barbèra|}}</ref> Dopo nove mesi lasciò New York e si imbarcò sulla ''Georgia'' per i [[Caraibi]]. Continuò a navigare, assumendo il nome di Anzani e l'antico Giuseppe Pane. Arrivò il 5 ottobre a [[Callao]] nel [[Perù]], poi a Lima dove dopo tanto tempo fu nuovamente capitano di una nave, un brigantino di nome ''Carmen''.<ref>Nave comprata tempo prima grazie all'aiuto economico di Pietro Denegri</ref> Il 10 gennaio 1852 parte alla volta della [[Cina]], e navigò ancora dalle [[Filippine]], costeggiò l'[[Australia]], giunse infine a [[Boston]] il 6 settembre [[1853]]. Commerciò diversi generi, soprattutto seta e [[guano]].<ref>In passato si pensava che Garibaldi avesse imbarcato anche dei ''coolies'': lavoratori cinesi utilizzati come schiavi per il [[Perù]], tale traffico, proibito all'epoca, era effettivamente in vigore dal 1847 al 1873 - si veda {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione p. 233|1982|Mursia|}}, il tutto si basò su una frase riportata dalla biografia pubblicata da Augusto Vittorio Vecchi, che riportando una frase di Denegri dove si leggeva che gli aveva portato i ''chinesi'' - si veda a tal proposito - {{cita libro|Augusto Vittorio |Vecchi|La vita e le gesta di Garibaldi, p. 97|1882|Zanichelli|Bologna}}, l'ipotesi messa in dubbio da Phillip Cowie attribuendo altro valore al termine usato ''chinesi'', si veda {{cita libro|Phillip |Cowie |Contro le tesi di Garibaldi Negriero in rassegna storica del Risorgimento, 3, pp. 389-397|1998|Zanichelli|Bologna}}. Inoltre vennero scoperti i registri di carico dell'epoca dove non vi fu alcuna menzione al riguardo, si veda {{cita libro|Università |di Pavia|Il Politico: rivista italiana di scienze politiche, Volume 47 p. 813|1982|Università degli studi di Pavia|}}</ref>
 
=== Rientro in Italia e seconda guerra d'indipendenza ===
Riga 248:
Nell'agosto del 1855 gli venne concessa la patente di capitano di prima classe: navigò con il "Salvatore", un piroscafo a elica; in seguito prese un [[cutter (imbarcazione)|cutter]] inglese chiamato ''Anglo French'', a cui diede il nome del suo nuovo amore, ''Emma''. Dopo che la nave si arenò, Garibaldi abbandonò l'attività di marinaio per dedicarsi all'agricoltura, lavorando come [[Agricoltore|contadino]] e [[Allevamento|allevatore]]: possedeva un uliveto con circa 100 alberi d'[[Olea europaea|ulivo]], oltre a un vigneto, con cui produceva [[vino]], e allevava 150 [[Bovinae|bovini]], 400 [[Gallus gallus domesticus|polli]], 200 [[Capra hircus|capre]], 50 [[Sus scrofa domesticus|maiali]] e più di 60 [[Equus asinus|asini]].<ref>''Leggendo qua e là'', «La Settimana Enigmistica», 2007, n. 3924, ISSN 1125-5226</ref>
 
Il 4 agosto rese pubblico il suo pensiero distanziandosi dalle prese di posizioni mazziniane.<ref>Lo dimostrò con una lettera ai giornali del tempo, si veda {{Cita|Scirocco|p. 205}}, si veda anche quanto detto a [[Aleksandr Ivanovič Herzen|Aleksandr Herzen]] contenuto in {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione p. 236|1982|Mursia|}}</ref> Il 20 dicembre 1858 incontrò Cavour. Divenne vicepresidente della [[Società nazionale italiana|Società Nazionale]]<ref>Fondata il 1º agosto 1857 alla direzione vi era [[Giorgio Pallavicino Trivulzio]], si veda {{cita libro|Giuseppe |Ricciardi |Vita di G. Garibaldi, p. 25|1860|G. Barbèra|}}</ref> mentre si pensava di metterlo a capo di truppe: il 17 marzo [[1859]] vennero istituiti, grazie a un decreto reale, i [[Cacciatori delle Alpi]], e Garibaldi ebbe il grado di maggiore generale. Si contavano circa 3200 uomini, i quali vestivano l'uniforme dell'esercito sardo. Si formarono 3 gruppi: oltre al nizzardo, al comando vi erano [[Enrico Cosenz]] e [[Giacomo Medici]].<ref>{{Cita|Possieri|p. 148}}.</ref>
 
Marciò verso [[Arona]]: i suoi uomini erano convinti di pernottarvi, Garibaldi comunicò a Torino l'intenzione di giungervi,<ref>Avvisò il ministro a Torino tramite telegrafo elettrico, si veda: {{cita libro|Francesco |Carrano |I cacciatori delle alpi comandati dal generale Garibaldi nella guerra del 1859 in Italia: Racconto popolare, p. 235|1860|Unione tipogr.-ed|}}</ref> al che ordinando l'assoluto silenzio,<ref>Neanche la fioca luce di un fiammifero si doveva vedere, si veda {{Cita|Scirocco|p. 214}}</ref> raggiunse [[Castelletto sopra Ticino|Castelletto]], fermò due reggimenti e con il terzo avanzò; il 23 maggio, superato il [[Ticino (fiume)|Ticino]], con le barche attaccò [[Sesto Calende]] riuscendo ad avere la meglio sugli austriaci ed entrando in Lombardia.
Riga 262:
{{citazione|Qui si fa l'Italia o si muore.|durante la [[battaglia di Calatafimi]]; citato in [[Giuseppe Cesare Abba|G.C. Abba]], ''Storia dei Mille'', cap. ''[[s:Storia dei Mille/Dopo la vittoria|Dopo la vittoria]]''<ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/vocabolario/qui-si-fa-l-italia-o-si-muore/|titolo=Treccani.it Qui si Fa l'Italia o Si Muore|pubblicazione=[[Enciclopedia Treccani]]|accesso=13 maggio 2012|urlmorto=no|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121219061032/http://www.treccani.it/vocabolario/qui-si-fa-l-italia-o-si-muore/}}</ref>}}
[[File:Scoglio dei Mille.JPG|thumb|La [[stele]] commemorativa dell'impresa dei Mille sullo scoglio da cui partì la spedizione, a [[Genova]]-[[Quarto dei Mille|Quarto]]]]
Rinunciò alla Società Nazionale (aveva ottenuto il comando a ottobre), diventando poi presidente della ''Nazionale Armata'', una nuova associazione che presto fallì.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 225}}.</ref> Intanto Nizza era passata ai francesi, e Garibaldi, eletto deputato, tenne un discorso a tal proposito il 12 aprile [[1860]], senza esiti.<ref>Di fronte al parlamento ebbe la parola due volte, nella prima obiettava che la cessione andava in contrasto con l'articolo 5 dello statuto, si veda {{Cita|Montanelli|pp. 346-348}}</ref> Si dimise il 23, dopo il risultato della votazione.
 
Il 27 aprile 1860 dall'isola di Malta [[Nicola Fabrizi]] inviò un telegramma cifrato: l'unico ad avere il codice per decifrare lo scritto<ref>Il telegramma recitava: «Offerta botti 160 rum America, pence 45 venduto botti 66 Inglese 47 anticipo lire 114 botti 147. Brandy senza offerta. Avvista incasso tratta lire 99. Rispondete subito». Come da: {{Cita|Mino|p. 284 e 581}}, si veda anche {{cita libro|Francesco |Crispi|I mille (a cura di Tommaso Palamenghi-Crispi) p. 104, |1912|Fratelli Treves|}}</ref> era [[Francesco Crispi]], che tradusse inizialmente in maniera negativa il messaggio, deludendo Garibaldi che stava preparando il suo ritorno a Caprera.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 239}}.</ref> A nulla valsero i consigli di La Masa, Bixio e Crispi che premevano affinché il nizzardo partisse lo stesso. Crispi ritornò due giorni dopo, affermando di aver ricevuto in realtà buone notizie,<ref>l'ipotesi più accreditata resta quella della falsificazione del telegramma, si veda fra gli altri {{cita libro|Indro|Montanelli|L'Italia del Risorgimento (1831-1861) (nona edizione) p. 609|1972 |Rizzoli|}}, infatti soltanto lui poteva decifrare i codici come in {{Cita|Scirocco|p. 239}} per i dubbi si veda {{Cita|Mino|pp. 284-285}}</ref> e la spedizione ebbe inizio.
Riga 286:
 
[[File:CasaGaribaldi.jpg|thumb|La casa della famiglia Fasanelli, che ospitò Garibaldi a [[Rotonda (Italia)|Rotonda]]]]
Il 26 Garibaldi con i suoi uomini, ora circa 750, giunse vicino a Palermo e ricevette i rinforzi di [[Giuseppe La Masa]]; la sera stessa attaccò la città entrando da [[Porta Termini]], raggiungendo alle sei del mattino del 27 maggio piazza della Fieravecchia. Si combatté per diversi giorni, e in aiuto avvenne l'[[insurrezione di Palermo (1860)|insurrezione popolare]]; poi, iniziati gli incontri fra Garibaldi e il generale [[Giuseppe Letizia (generale)|Giuseppe Letizia]],<ref>Fra i due il 6 giugno venne stabilita una convenzione che prevedeva fra l'altro la consegna dei malati e feriti e la liberazione di sette detenuti a Castellamare, si veda: {{cita libro|Giuseppe |Da Forio |Vita di Giuseppe Garibaldi, Volume 2 p. 66|1862 |Perrotti|}}</ref> che rappresentava Landi, dopo vari [[Armistizio|armistizi]] il 6 giugno [[1860]] Landi si arrese lasciando la città ai rivoltosi. Nei giorni trascorsi vari episodi di violenza nella città da parte dei fedeli al nizzardo portarono Garibaldi a decretare la [[pena di morte]] per determinati reati.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 256}}.</ref>
 
Il 4 giugno chiamò ''esercito meridionale'' i suoi uomini, mentre il 13 sciolse i gruppi dei picciotti. Era rimasto senza adeguate risorse, ma giunsero vari rinforzi a partire da [[Carmelo Agnetta]] giunto il 1º giugno con i suoi 89 uomini, Salvatore Castiglia, [[Enrico Cosenz]] e [[Clemente Corte]].<ref>Alla fine furono più di 20 le spedizioni. {{Cita|Possieri|p. 173}}. Per un resoconto dettagliato dei rinforzi si veda: {{cita libro|G.|Maculay Trevelyan|Garibaldi e la formazione dell'Italia (appendice B), pp 376-380|1913|Zanichelli|Bologna}}</ref> Le donne palermitane tesserono la nuova bandiera dell'esercito: un drappo nero ornato di rosso con l'effigie di un vulcano al centro.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 266}}.</ref>
Riga 295:
 
[[File:Le Gray, Gustave (1820-1884) - Palerme. Portrait de Giuseppe Garibaldi, juillet 1860.jpg|thumb|left|Garibaldi fotografato a Palermo nel luglio 1860]]
Il 27 luglio Garibaldi giunse a [[Messina]]. Lo stesso giorno ricevette una lettera dal conte [[Giulio Litta-Modignani]] il mittente era Vittorio Emanuele, nella missiva si leggeva una richiesta a desistere nell'impresa di sbarcare sul territorio napoletano,<ref>Della missiva esistono varie versioni, in una di esse si legge: «Per cessare la guerra fra Italiani ed Italiani io la consiglio a rinunziare all'idea di passare colla sua valorosa truppa sul continente Napoletano» stralcio della missiva, contenuto integrale in {{cita libro|Cavour |Camillo Benso |Carteggi: Il carteggio Cavour-Nigra dal 1858 al 1861, (volume IV), p. 98|1961 |Zanichelli|Bologna}}</ref> a questa prima seguì una seconda, letta a voce o consegnata<ref>Gli storici dubitano della veridicità in quanto la seconda missiva fu resa pubblica soltanto nel [[1909]], si veda {{Cita|Mino|p. 331}} fra le ipotesi avanzate quella di [[Giacomo Emilio Curatolo]], dove suggerì che la missiva fosse stata intercettata da Cavour, si veda anche {{cita libro|Giacomo Emilio |Curatolo|Garibaldi,Vittorio Emanuele, Cavour nei fasti della patria pag 163|2006|Zanichelli|Bologna}}. Inoltre Ridley in {{cita libro|Jasper Godwin|Ridley |Garibaldi, pp. 552|1975 |Mondadori|}} nota come ancora nel 1909 fosse sigillata e quindi ancora non letta, mentre Curatolo suppone fosse stata aperta con un tagliacarte ai margini.</ref> un suggerimento di non seguire l'ordine impartitogli.<ref>La risposta suggerita era: «Dire che il Generale è pieno di devozione e di reverenza pel Re, che vorrebbe poter seguire i suoi consigli, ma che i suoi doveri verso l'Italia non gli permettono di impegnarsi a non soccorrere i napoletani» stralcio della missiva, contenuto integrale in {{Cita|Mino|p. 331}}</ref> in ogni caso Garibaldi rispose, sempre il 27 luglio, negativamente alla richiesta espressa.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 280}}.</ref>
 
Il 1º agosto anche [[Siracusa]] e [[Augusta (Italia)|Augusta]] vennero liberate.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 271}}.</ref> Tempo prima aveva formato un governo con 6 dicasteri che divennero 8. Il 7 giugno, abolì la [[tassa sul macinato]], pretese che parte del demanio dei comuni venisse diviso fra i combattenti, fondò un istituto militare dove venivano raccolti i ragazzi abbandonati e diede un sussidio alle famiglie in povertà della città di Palermo, cercando nel frattempo l'appoggio dei ceti dominanti. Chiese l'invio di [[Agostino Depretis]] a cui venne affidato l'amministrazione civile, mentre Cavour si preoccupava per le intenzioni del nizzardo.<ref>Cavour e Garibaldi avevano progetti diversi sull'isola: mentre il primo sollecitava l'acquisizione dell'isola al potere di Vittorio Emanuele, il secondo voleva più tempo a disposizione per farne una base per la liberazione del resto del mezzogiorno, si veda {{Cita|Scirocco|p. 274}}</ref>
Riga 303:
[[File:Napoli Castel Nuovo museo civico - ingresso di Garibaldi a Napoli - Wenzel bis.jpg|thumb|Ingresso di Garibaldi a Napoli il 7 settembre 1860 (Napoli, Museo civico di Castel Nuovo)]]
[[File:Garibaldi naples anniversary.jpg|thumb|Manifesto in dialetto napoletano celebrante l'anniversario dell'ingresso di Garibaldi a Napoli]]
Garibaldi tentò i primi attacchi alla penisola senza successo: l'8 agosto [[Benedetto Musolino]] attraversò lo [[Stretto di Messina|Stretto]] a capo di una spedizione di 250 uomini,<ref>{{cita libro|Nicola |Fano |Castrogiovanni, pag 134|2010|Baldini Castoldi Dalai||isbn = 978-88-6073-536-2}}</ref> ma l'assalto al [[forte di Altafiumara]] venne respinto e i garibaldini costretti a rifugiarsi sull'[[Aspromonte]], mentre la Tükory fallì l'arrembaggio al ''Monarca'' che si trovava ancorato al [[porto di Castellammare di Stabia]] il 13 agosto [[1860]]. A bordo dei due piroscafi, giunti dalla Sardegna, il ''Torino'' e il ''Franklin'' Garibaldi e i suoi uomini sbarcarono a [[Melito di Porto Salvo|Mèlito Porto Salvo]] (vedi: [[Sbarco a Melito]]), vicino a Reggio ([[Calabria]]), il 19 agosto [[1860]].<ref>{{Cita|Possieri|p. 177}}, 1200 salirono sulla Franklin con Garibaldi, 3000 sul Torino con Bixio che però si arenò, per i particolari anche del soccorso al Torino si veda {{Cita|Montanelli|p. 393}}</ref>
 
Aggirarono e sconfissero i borbonici, comandati dal generale [[Carlo Gallotti]], nella [[battaglia di Piazza Duomo]] a [[Reggio Calabria]] il 21 agosto.<ref>Le condizioni della resa si leggono in: {{cita libro|Indro|Giuseppe | La Masa e Giuseppe Garibaldi |Alcuni fatti e documenti della rivoluzione dell'Italia meridionale del 1860 riguardanti i Siciliani e La Masa pp. 229-230|1861|S. Franco e figli|}}</ref> I due generali borbonici [[Fileno Briganti]] e [[Nicola Melendez]] forti di quasi {{formatnum:4000}} uomini, senza l'appoggio di [[Giuseppe de Ballesteros Ruiz]], si arresero a Garibaldi il 23 agosto 1860.<ref>{{Cita|Scirocco|pp. 285-286}}, si veda anche {{cita libro|Giuseppe |Ruiz de Ballestreros |Di taluni fatti militari negli ultimi rivolgimenti del reame delle Due Sicilie, p. 454|1868 |Tip. di L. Gargiulo|}}</ref> Briganti venne ucciso dai suoi stessi soldati.<ref>si veda {{Cita|Mino|p. 338}} e {{cita libro|Mario |Montanari |Politica e strategia in cento anni di guerre italiane: Il periodo risorgimentale (Volume 1), p. 454||Stato maggiore dell'esercito, Ufficio storico |}}</ref> Il 30 agosto ebbero la meglio sul generale [[Giuseppe Ghio]].<ref>Raggiunse le truppe che si stavano dirigendo al nord mentre gli insorti gli sbarrarono la strada. Il tutto si svolse nei pressi di [[Soveria]]. Si veda: {{Cita|Mino|p. 338}}</ref> Il 2 settembre l'[[Esercito meridionale]] arrivò in [[Basilicata]] a [[Rotonda (Italia)|Rotonda]] (la prima provincia continentale del regno a insorgere contro i Borboni),<ref>[[Tommaso Pedio]], ''La Basilicata nel Risorgimento politico italiano (1700-1870)'', Potenza, 1962, p. 109</ref> e cominciò una rapida marcia verso nord, che si concluse, il 7 settembre, con l'ingresso in [[Napoli]].<ref>{{Cita|Smith|p. 123}}.</ref>
Riga 309:
La capitale era stata abbandonata dal re [[Francesco II delle Due Sicilie|Francesco II]] il 5 settembre, mentre quasi tutta la sua flotta si era arresa.<ref>Partito sulla nave da guerra il ''Messaggero'', di tutta la sua flotta soltanto la ''Partenope'' restò fedele al re. Si veda: {{Cita|Possieri|p. 178}}, per approfondimenti {{cita libro|Raffaele|De Cesare|La fine di un regno, pag 928|1969|Longanesi|}}</ref> Garibaldi aveva scelto [[Caserta]] per dispiegare le sue forze; nel frattempo, in una sua breve assenza, il 19 settembre 1860 Turr inviò trecento uomini a [[Caiazzo]]; il dittatore, tornando, decise di rinforzare il presidio con altri 600 uomini,<ref>{{cita libro|Piero|Pieri|Storia militare del Risorgimento, seconda edizione, pp 702|1962|Einaudi|Torino}}</ref> contro i {{formatnum:7000}} soldati borbonici che attaccarono il 21 settembre; non saranno sufficienti: le perdite ammonteranno fra morti, feriti e prigionieri a circa 250. Il generale [[Giosuè Ritucci]] prese il comando delle truppe borboniche. Utilizzerà circa {{formatnum:28000}} soldati nell'attacco sferrato il 1º ottobre<ref>Ritardò la data che era fissata in precedenza il 28 settembre, come da {{Cita|Scirocco|p. 295}}</ref>. Il nizzardo nella battaglia utilizzò strategicamente la ferrovia: viaggiava in carrozza e quando il veicolo venne attaccato lui continuò a piedi per dare ordini alle truppe. [[Luca Von Mechel]], ora generale, che doveva appoggiare con le sue truppe quelle di Ritucci, venne fermato da Bixio, e si ritirarono, mentre le truppe di Giuseppe Ruiz fermarono la loro avanzata. Garibaldi decise di richiamare circa {{formatnum:3000}} soldati stanziati a Caserta<ref>Lasciando praticamente senza difese la città, si veda {{Cita|Scirocco|p. 296}}</ref> e divise gli uomini inviandone una metà a Sant'Angelo attaccando i borbonici alle spalle comandati da [[Carlo Afan de Rivera]], respingendo l'assalto. La [[battaglia del Volturno]]<ref>A dispetto del nome dato il fiume non divideva mai i due schieramenti, si veda {{Cita|Mino|p. 349}}</ref> vide perdite maggiori fra le file dei garibaldini: quasi {{formatnum:1900}} contro i {{formatnum:1300}},<ref>{{formatnum:1600}} fra morti e feriti a cui si aggiunsero 250 prigionieri, per i borbonici si contarono {{formatnum:1220}} fra morti e feriti a cui si aggiunsero 74 prigionieri. Si contarono {{formatnum:2089}} prigionieri borbonici il giorno dopo, si veda per resoconti {{cita libro|Piero |Pieri |Storia militare del Risorgimento, seconda edizione, pp 711-726|1962 |Einaudi|Torino}}</ref> ma il giorno dopo vennero catturati poco più di {{formatnum:2000}} soldati borbonici, disorientati, non avendo ricevuto nuove istruzioni.
 
Dopo le votazioni per il [[Plebisciti risorgimentali|plebiscito]] che si tennero il 21 ottobre,<ref>I sì furono {{formatnum:1302064}} e i no {{formatnum:10312}}, nella Sicilia {{formatnum:432053}} i sì contro 677. Si veda {{cita libro|Romeo|Rosario |Vita di Cavour, pag 483|1984 |Laterza||isbn = 978-88-420-2523-8}}</ref> Garibaldi approfittò della vittoria di [[Enrico Cialdini]] sul generale borbonico [[Luigi Scotti Douglas|Scotti Douglas]] per superare il [[Volturno]] il 25 ottobre; incontrò Vittorio Emanuele II il 26 ottobre [[1860]], lungo la strada che portava a [[Teano]],<ref>Al quadrivio di Taverna della Catena presso [[Vairano Patenora|Vairano]], dove si incrociano le strade di Cassino-Calvi e Venfaro-Teano, si veda: {{Cita|Possieri|p. 182}}. Venne definito come l'incontro fra i due re, si veda Punch, Volume 38, p. 199</ref> e gli consegnò la sovranità sul [[Regno delle Due Sicilie]]. Garibaldi accompagnò poi il re a Napoli il 7 novembre e, il 9 novembre si ritirò nell'isola di [[Caprera]], partendo con il piroscafo americano ''Washington'', dopo aver ringraziato l'ammiraglio [[George Mundy]].<ref>Rifiutò un castello e un piroscafo come ricompensa da parte del re. Si veda {{Cita|Mino|p. 362}}</ref>
 
Desideroso di presentare il progetto di istituzione di una guardia nazionale mobile, dove sarebbero confluiti i volontari dai 18 ai 35 anni, si recò nella capitale. Il 18 aprile [[1861]] giunto alla camera, nel suo discorso,<ref>Alle sue parole Fanti e Cavour si risentirono, [[Urbano Rattazzi]] sospese per pochi minuti per il tumulto suscitato si veda {{Cita|Scirocco|p. 309}} e {{Cita|Mino|pp. 370-371}}</ref> affermò che il brigantaggio nel mezzogiorno era dovuto in parte allo scioglimento dell'esercito meridionale, avvenuto poco tempo prima, e ne chiedeva la ricostituzione. Inoltre Garibaldi ravvisava nel brigantaggio «una questione sociale, la quale non si poteva risolvere con il ferro e con il fuoco»,<ref name="Luigi Palomba">Ricordo di Francesco Crispi in onore di Garibaldi, in ''Nuova Antologia'' del 15 giugno 1882. Luigi Palomba, ''Vita di Giuseppe Garibaldi'', E. Perino, 1882, p. 796</ref> individuandone i responsabili nel governo e nella borghesia. Secondo una testimonianza di Crispi, Garibaldi, amareggiato da questa guerra fratricida, quando gli riferirono che i briganti non accennavano ad arrendersi nonostante le misure drastiche del governo, avrebbe esclamato: «quanto eroismo miseramente sciupato! cotesti uomini, traviati dal delitto, sarebbero stati soldati valorosi all'appello della patria!»;<ref name="Luigi Palomba" /> ritornò quindi a Caprera.
 
=== Guerra di secessione americana ===
Riga 317:
Nella primavera del 1861, mentre le truppe unioniste collezionavano una serie di pesanti insuccessi nei confronti delle truppe confederate, il colonnello [[Candido Augusto Vecchi]] scrisse al giornalista statunitense [[Henry Theodore Tuckerman]]<ref>In seguito al suo articolo apparso nel gennaio sul ''[[North American Review]]'', si veda {{Cita|Scirocco|p. 311}}</ref> ipotizzando una partecipazione del generale alla guerra civile americana. Il 2 maggio era apparsa sul ''[[New York Daily Tribune]]'' una lettera scritta in argomento dal Nizzardo. Il console statunitense ad [[Anversa]], [[James W. Quiggle]],<ref>{{cita libro|Alfredo|de Donno|L'Italia dal 1870 al 1944: cronistoria commentata (Volume 1) pag 127|1945|Libreria politica moderna|}}</ref> l'8 giugno scrisse a Garibaldi, offrendogli un posto di comando nell'esercito nordista. L'[[ambasciatore]] [[Stati Uniti d'America|statunitense]] [[Henry Shelton Sanford]] volle accertarsi delle vere intenzioni del generale, che intanto aveva scritto su tale questione a [[Vittorio Emanuele II di Savoia|Vittorio Emanuele]].
 
Le richieste avanzate dal Nizzardo riguardavano un impegno deciso per l'emancipazione degli schiavi e l'essere nominato comandante in capo di tutto l'esercito:<ref>Gli fu offerto il comando di una divisione, si veda {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni|Garibaldi (seconda edizione), pag 626|1882|G. Barbèra|Firenze}} in quanto il capo dell'esercito era il presidente stesso. per questo la condizione posta era inaccettabile, si veda {{Cita|Mino|p. 376}}</ref> con queste premesse, la trattativa si arenò. Nell'autunno del [[1862]] Canisius, console americano a [[Vienna]], riprese i contatti; tuttavia Garibaldi, ferito e reduce dall'[[Giornata dell'Aspromonte|Aspromonte]], si trovava detenuto a [[Varignano]] e in caso di accettazione si sarebbe prospettato un delicato caso diplomatico. Seguirono passi da parte di [[William H. Seward]], segretario di stato di [[Abraham Lincoln]], per far decadere senza esito la proposta.<ref>Fonte: [[Herbert Mitgang]], storico e editorialista del [[The New York Times]], al quale si deve una ricostruzione dettagliata della vicenda</ref>
 
=== Mancata liberazione di Roma ===
Riga 325:
[[File:Marco Monaco.jpg|miniatura|Pisa, Piazza Garibaldi, dettaglio dell'arrivo a Pisa dopo il ferimento sull'Aspromonte]]
[[File:Marco Monaco1.jpg|miniatura|La lapide sul lungarno Pacinotti di Pisa]]
Per l'intera esistenza Garibaldi colse ogni occasione per liberare [[Roma]] dal [[potere temporale]]; grazie al successo passato, nel [[1862]], organizzò una nuova spedizione, senza considerare che [[Napoleone III di Francia|Napoleone III]], l'unico alleato del neonato [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], proteggeva Roma stessa. Il 27 giugno [[1862]] Garibaldi si era imbarcato sul ''Tortoli'' a [[Caprera]] per la [[Sicilia]]. Durante un incontro commemorativo della spedizione dei mille, si convinse a marciare verso Roma<ref>Nel suo discorso, proclamato dal balcone del conte Mario Grignani, disse «Sì, Roma è nostra» al che la folla rispose «Roma o morte», si veda: {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni con Campanella Collection|Garibaldi: libro di lettura per il popolo italiano, pag 324|1912|G. Barbèra|}} e {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione pag 389|1982|Mursia|}}</ref> (vedi anche: ''[[Roma o morte (frase)|Roma o morte]]'') e trovò {{formatnum:3000}} uomini nei pressi di [[Palermo]] pronti a seguirlo. Il 19 agosto incontrò la popolazione di Catania a [[Misterbianco]].
 
Prese due navi, la ''Dispaccio'' e la ''Generale Abbatucci'', partendo di sera, costeggiando gli scogli, eluse le navi di [[Giovanni Battista Albini]]. Il 25 agosto 1862, alle 4 del mattino, sbarcava in Calabria, fra [[Melito di Porto Salvo]] e [[capo dell'Armi]].<ref>{{Cita|Montanelli|p. 456}}.</ref> Con duemila uomini, continuò la marcia, non seguendo la costa per via del fuoco di una nave; si inoltrarono quindi per il massiccio dell'[[Aspromonte]]. La sera del 28 agosto si contarono {{formatnum:1500}} uomini; il [[29 agosto|giorno successivo]] si scontrarono con le truppe di [[Emilio Pallavicini]] a cui il governo di [[Torino]] aveva affidato circa {{formatnum:3500}} uomini.
 
I [[bersaglieri]] aprirono il fuoco, ma Garibaldi ordinò di non rispondere: tuttavia alcuni dei suoi uomini gli disubbidirono, al che il nizzardo, per far cessare il fuoco, si alzò e venne ferito due volte:<ref>A ferirlo fu un tenente dei bersaglieri, [[Luigi Ferrari (militare)|Luigi Ferrari]], un trisavolo dello storico [[Arrigo Petacco]]. {{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/2000/febbraio/09/VERA_STORIA_LUIGI_FERRARI_BERSAGLIERE_co_0_0002096852.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2000/febbraio/09/VERA_STORIA_LUIGI_FERRARI_BERSAGLIERE_co_0_0002096852.shtml|titolo = Archivio Corsera|accesso = 25 aprile 2010}}</ref> nella coscia sinistra e al collo del piede destro,<ref>{{Cita|Scirocco|p. 323}}.</ref> nel [[malleolo]].<ref>{{Cita|Montanelli|p. 464}}.</ref> L'episodio della sua ferita sarà ricordato in una celebre ballata popolare su un ritmo di una marcia dei bersaglieri.<ref>Alcuni versi della celebre ballata in ricordo della [[giornata dell'Aspromonte]]: {{Citazione|''Garibaldi fu ferito, fu ferito ad una gamba, Garibaldi che comanda, che comanda il battagliòn.''}}</ref>
Riga 336:
La cosiddetta [[giornata dell'Aspromonte]] fruttò al generale l'arresto. Venne imbarcato sulla pirofregata ''[[Duca di Genova (pirofregata)|Duca di Genova]]'', raggiungendo prima Scilla e poi il 2 settembre giunse a [[La Spezia]] venendo rinchiuso nel carcere militare del [[Varignano]].<ref>Venne alloggiato in un'ala della palazzina del comandante del carcere, contando altre cinque stanze per parenti e ufficiali che lo accompagnavano, si veda {{Cita|Scirocco|p. 324}}</ref>. Fu curato dai medici [[Di Negro]], [[Ferdinando Palasciano|Palasciano]] e [[Agostino Bertani|Bertani]], ma, in considerazione della sua notorietà, accorsero al suo capezzale [[Richard Partridge]] da [[Londra]], [[Nikolaj Ivanovič Pirogov]] dalla [[Russia]] e [[Auguste Nélaton]] dalla [[Francia]]<ref>M.Pia Spaggiari- Luoghi, Personaggi, Episodi del Risorgimento nella Provincia della Spezia - pag. 73 - Ambrosiana Arti grafiche -</ref>.
 
Vittorio Emanuele, per festeggiare il matrimonio nel 1862 della figlia Maria Pia con Luigi I [[re]] del [[Portogallo]], [[amnistia|amnistiò]] i rivoltosi il 5 ottobre dello stesso anno. Garibaldi il 22 fu trasportato alla [[La Spezia|Spezia]] all'[[Palazzo dell'Ammiragliato (La Spezia)|Albergo "Città di Milano"]] e venne visitato da [[Auguste Nélaton]],<ref>{{Cita|Scirocco|p. 326}}.</ref> che gli applicò uno specillo di propria invenzione in porcellana, che aveva la proprietà di individuare il piombo. La cosa rese possibile al chirurgo fiorentino [[Ferdinando Zannetti]]<ref>{{Cita|Mino|p.400}}.</ref> di operarlo il 23 novembre per estrarre la palla di fucile. L'operazione avvenne a Pisa nell’Albergo delle Tre Donzelle, nell’appartamento al primo piano, in cui alloggiava con i familiari e il suo seguito. Il 20 dicembre dello stesso anno, partì di notte, via Canale dei Navicelli, per non suscitare troppo clamore, data la presenza di tanti suoi sostenitori. Venne trasportato sulla nave Sardegna per Caprera. In seguito partì per l'[[Inghilterra]].<ref>Sul ''Ripon'' partì alla volta di [[Southampton]] arrivandoci il 3 aprile, l'11 a [[Londra]], ritornando a Caprera il 9 maggio si veda {{Cita|Scirocco|pp. 330-333}}</ref>
 
Che il tentativo del [[1862]] fosse velleitario, lo provarono i successivi eventi del [[1867]].
Nel 1864 Garibaldi diventa Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, principale ordine massonico italiano.
Garibaldi conobbe nel 1866 [[Petko Voyvoda|Petko Kiryakov Kaloyanov]], più noto come Capitano Petko Voyvoda, durante una sua visita in Italia. Diventarono ben presto amici e Petko fu ospite di Garibaldi per alcuni mesi. Garibaldi lo aiutò a organizzare il "Battaglione Garibaldi" nella rivolta di [[Creta]] del 1866-1869, costituito da 220 italiani e 67 bulgari, che eroicamente combatterono al comando di Petko Voyvoda nella coraggiosa difesa della causa ellenica.
Riga 347:
[[File:Giuseppe Garibaldi "Obbedisco".jpg|thumb|left|Cartolina che commemora la celebre risposta di Garibaldi "Obbedisco".]]
[[File:Stone of Respicio Olmeda in Bilancioni.JPG|thumb|Lapide commemorativa del telegramma inviato da Garibaldi.]]
Il 6 maggio [[1866]] si formarono dei [[Corpo Volontari Italiani|Corpi Volontari]]: Garibaldi doveva assumerne il comando, ma invece di {{formatnum:15000}} persone previste si presentarono in {{formatnum:30000}} persone. Sul ''Piemonte'' il 10 giugno Garibaldi partì raggiungendo i suoi uomini. Alla fine si contarono {{formatnum:38000}} uomini e 200 cavalieri, ma di questi utilizzerà inizialmente solo {{formatnum:10000}}.<ref>{{Cita|Mino|pp. 412-413}}.</ref> Contro di lui il generale [[Kuhn von Kuhnenfeld]] con {{formatnum:17000}} uomini.<ref>{{Cita|Mino|p. 414}}.</ref> Doveva agire in una zona di operazioni secondaria, le prealpi tra [[Brescia]] e il [[Provincia autonoma di Trento|Trentino]], a ovest del [[Lago di Garda]], con l'importante obiettivo strategico di tagliare la via fra il Tirolo e la fortezza austriaca di Verona.
 
Ciò avrebbe lasciato agli Austriaci la sola via di [[Tarvisio]] per approvvigionare le proprie forze e fortezze fra Mantova e Udine. L'azione strategica principale era, invece, affidata ai due grandi eserciti di pianura, affidati a [[Alfonso La Marmora|La Marmora]] e a [[Enrico Cialdini|Cialdini]]. Garibaldi operò inizialmente a copertura di Brescia, dopo piccole vittorie del 24 giugno e quella del [[Battaglia di Ponte Caffaro|Ponte Caffaro]] il 25 giugno [[1866]]. Il 3 luglio non riuscì a penetrare a [[Battaglia di Monte Suello|Monte Suello]]<ref>In seguito gli austriaci abbandonarono il posto, si contarono 44 morti e più di 200 feriti contro le sessanta perdite complessive austriache, dati in {{Cita|Mino|p. 416}}</ref> dove venne ferito, lasciando il comando a [[Clemente Corte]].<ref>{{cita libro|Giuseppe |Garibaldi|Franco Russo |Memorie.. (Volume 2 di Memorie) pag 464|1968|Avanzini e Torraca|}}</ref>
 
Il 16 luglio respinse una manovra del generale nemico a [[Condino]]<ref>Fra i soldati di Garibaldi si contarono 28 morti e oltre 130 feriti, in {{Cita|Mino|p. 418}}</ref>; il 21 luglio gli austriaci presero [[Battaglia di Bezzecca|Bezzecca]]; Garibaldi, avendo notato che i suoi uomini stavano ritirandosi, diede nuove disposizioni riuscendo a respingere l'avanzata e a far ritirare il nemico. Si apriva la strada verso [[Riva del Garda]] e quindi l'imminente occupazione della città di Trento. Salvo essere fermato dalla firma dell'[[armistizio di Cormons]]. Il 3 agosto ricevette con telegramma di abbandonare il territorio occupato<ref>Il telegramma iniziava con «Considerazioni politiche esigono imperiosamente la conclusione dell'armistizio per il quale si richiede che tutte le nostre forze si ritirino dal Tirolo, d'ordine del Re», si veda {{cita libro|Giuseppe|Guerzoni|Garibaldi, (seconda edizione) pag 462|1882|G. Barbèra|}}</ref> rispose telegraficamente: «Ho ricevuto il dispaccio nº 1073. Obbedisco»<ref>Come in {{Cita|Mino|p. 421}}, per questa sua risposta venne poi definito «rivoluzionario disciplinato», si veda: {{Cita|Possieri|p. 210}}</ref> ''"[[Obbedisco]]"'', parola che successivamente divenne motto del Risorgimento italiano e simbolo della disciplina e dedizione di Garibaldi.
 
Il telegramma fu inviato dal garibaldino [[San Giovanni in Marignano|marignanese]] [[Respicio Olmeda in Bilancioni]] il 9 agosto [[1866]] da [[Bezzecca]], evento ricordato su una lapide collocata sulla facciata della sua casa natale in ''via Roma n. 79'' a [[San Giovanni in Marignano]] ([[Provincia di Rimini|RN]]). Il corpo dei volontari venne sciolto il 1º settembre; in seguito ci fu l'episodio di Verona.<ref>A Verona un uomo chiese a Garibaldi di battezzare il proprio figlio, secondo quanto racconta Guerzoni pronunciò le parole: «Io ti battezzo in nome di Dio e del legislatore Gesù. Possa tu divenire un apostolo del vero» in {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni|Garibaldi, (seconda edizione) pag 470|1882|G. Barbèra|}}, mentre secondo Felice Cavallotti si limitò a dargli un nome {{cita libro|Felice |Cavallotti |Collana dei martiri italiani: storia della insurrezione di Roma nel 1867, pag 23|1869 |Libreria Dante Alighieri|}}, cosa che ripeté ad Alessandria dando il nome di caduti ai bambini, in {{Cita|Mino|p. 424}}</ref>
 
=== Seconda campagna per Roma ===
Riga 359:
Nel 1867, approfittando della popolarità derivatagli dalla [[Battaglia di Bezzecca|vittoria di Bezzecca]], Garibaldi stava ritentando l'impresa di invadere Roma. Promosse una raccolta che chiamò «Obolo della Libertà» contrapponendolo all'«Obolo di San Pietro», e si interessò al centro insurrezionale romano, formando un Centro dell'emigrazione con sede a Firenze.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 341}}.</ref> Partecipò al [[Congresso di Pace di Ginevra (1867)|Congresso internazionale della pace]], il 9 settembre 1867 a [[Ginevra]], dove venne eletto presidente onorario.<ref>Presentò una mozione in cui si leggeva: «Lo schiavo solo ha il diritto di far la guerra al tiranno. È il solo caso in cui la guerra sia permessa» {{Cita|Montanelli|pp. 513-514}}, testo completo (punto ''H'') in {{cita libro|Istituto per la storia del Risorgimento italiano|Rassegna storica del risorgimento, Volume 69 pag 166|1982|Instituto per la Storia Risorgimento Italiano|}}</ref>
 
Preparò un attacco contando sulla rivolta interna della città; dopo una serie di rimandi, senza l'appoggio dello stato, il 23 settembre partì da Firenze, ma il giorno dopo il 24 settembre [[1867]] venne arrestato. Il presidente del consiglio [[Urbano Rattazzi]] agì in tempo facendo arrestare Garibaldi a [[Sinalunga]], e portato nella [[Cittadella di Alessandria]]. 25 deputati protestarono per l'accaduto: essendo il nizzardo stato eletto nel Mezzogiorno, veniva a infrangersi l'immunità parlamentare<ref>{{Cita|Scirocco|p. 344}}.</ref> e i soldati che dovevano sorvegliarlo ascoltavano i suoi proclami dalla finestra della prigione.<ref>Parlava della presa di Roma: "Andremo a Roma, ma non colle vostre baionette, perché di tanto non sono degni" in {{Cita|Mino|p. 437}}</ref> Venne poi portato il 27 settembre prima a Genova e poi a Caprera, isola in [[quarantena]] per colera,<ref>{{Cita|Smith|p. 193}}.</ref> dove era prigioniero, sorvegliato a vista e l'isola controllata dalla [[Regia Marina]].
 
Organizzò una rocambolesca fuga utilizzando [[Luigi Gusmaroli]] come suo sosia. Mentre l'uomo sostituì Garibaldi, il nizzardo lasciò l'isola il 14 ottobre stendendosi su un vecchio beccaccino comprato anni prima e nascosto. Giunse all'isolotto di Giardinelli, e, dopo aver guadato, arrivò a [[La Maddalena (isola)|La Maddalena]] alloggiando dalla signora Collins. Con [[Pietro Susini]] e [[Giuseppe Cuneo]] giunsero in Sardegna, dopo essersi riposati ripartirono il 16 ottobre e dopo aver viaggiato a cavallo per 15 ore, il 17 si imbarca raggiungendo in seguito [[Firenze]] il 20.<ref>I dettagli della fuga si vedono in {{Cita|Scirocco|p. 345}}</ref> Partito da [[Terni]] raggiungendo [[Passo Corese]] il 23, contava fra i suoi uomini circa {{formatnum:8000}} volontari,<ref>{{Cita|Scirocco|p. 346}}.</ref> in quella che venne riconosciuta come "Campagna dell'Agro Romano per la liberazione di Roma". Dopo un primo attacco a [[Monterotondo]] il 25 ottobre prese il 26 ottobre [[1867]] la piazzaforte pontificia bruciando la porta utilizzando un carro infuocato penetrandovi con i suoi uomini.
 
Giunse il 29 a [[Castel Giubileo]] e dopo a [[Casal de' Pazzi]], il 30 sino all'alba del 31 rimase in vista di Roma ma non ci fu la rivolta che attendeva e ritirò le sue truppe.<ref>{{Cita|Mino|p. 444}}.</ref> Garibaldi non sapeva del proclama del re che aveva sedato gli animi rivoltosi,<ref>Il proclama iniziava con «Schiere di volontari, eccitati e sedotti dall'opera di un partito, senza autorizzazione mia né del mio Governo, hanno violato le frontiere dello Stato» come in {{cita libro|Pieri |Piero |Storia militare del Risorgimento, seconda edizione pag 778|1962|Einaudi|}}</ref> malgrado il sacrificio dei [[fratelli Cairoli]] ([[Scontro di Villa Glori]]) e il sacrificio a Roma della [[Giuditta Tavani Arquati|Tavani Arquati]] e di [[Giuseppe Monti (rivoluzionario)|Monti]] e [[Gaetano Tognetti|Tognetti]] decapitati nel 1868.
Riga 367:
Decise di recarsi a Tivoli: la partenza era prevista il 3 novembre alle 3 di notte ma venne posticipata alle 11, erano circa in {{formatnum:4700}}<ref name="mino448">{{Cita|Mino|p. 448}}.</ref> giunti a Mentana incontrano i {{formatnum:3500}} pontifici guidati da [[Hermann Kanzler]]<ref name="mino448" />, ma riuscirono a farli retrocedere; sopraggiunsero quindi i {{formatnum:3000}} francesi guidati da [[Charles De Failly]]<ref name="mino448" />, dotati del fucile [[Chassepot]] a retrocarica in quella che verrà chiamata la [[battaglia di Mentana]]. Di fronte al fuoco Garibaldi continuò l'attacco<ref>«Venite a morire con me! Avete paura di venire a morire con me?» in {{Cita|Montanelli|p. 523}}</ref> ma a una successiva carica annunciata venne fermato da Canzio,<ref>«Per chi vuol farsi ammazzare, generale? Per chi?» disse afferrandogli le redini del cavallo, si veda: {{cita libro|Anton Giulio |Barrili |Con Garibaldi alle porte di Roma pag 523|2007|Gammarò||isbn = 978-88-95010-15-1}}</ref> decise quindi il ritiro delle truppe.
 
Partì con un [[treno]] da Orte alla volta di Livorno, ma presso la [[stazione di Figline Valdarno]] venne nuovamente arrestato e rinchiuso a Varignano il 5 novembre, vi restò sino al 25 novembre, dopodiché tornò a Caprera. Come deputato si dimise nell'agosto del [[1868]].<ref>[http://www.coopfirenze.it/informazioni/informatori/articoli/4964 Itinerari garibaldini in Toscana] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20100316114831/http://www.coopfirenze.it/informazioni/informatori/articoli/4964 |data=16 marzo 2010 }}</ref>
 
=== Campagne in Francia ===
{{vedi anche|battaglia di Digione}}
Durante la [[guerra franco-prussiana]] del [[1870]]-[[1871]], Garibaldi offrì i suoi servigi alla neonata [[Terza Repubblica francese]].<ref>«Quanto resta di me è al vostro servizio. Disponete» disse inizialmente, inascoltato, si veda: {{Cita|Scirocco|p. 351}}</ref> [[Joseph-Philippe Bordone]], con il battello ''Ville de Paris'', raggiunse la Corsica e, per ingannare la sorveglianza della marina italiana, continuò il viaggio su una piccola barca. Indi prese a bordo Garibaldi, che sbarcò a Marsiglia il 7 ottobre [[1870]],<ref>{{cita libro|Giuseppe |Garibaldi e Franco Russo |Memorie... (Vol. 2 di Memorie), pag 502|1968 |Avanzini e Torraca|}}</ref> recandosi poi nella capitale provvisoria francese, [[Tours]]. I primi ordini di [[Léon Gambetta]] furono quelli di occuparsi di qualche centinaio di volontari; il nizzardo rifiutò di eseguire l'ordine,<ref>{{Cita|Scirocco|p. 351}}.</ref> ottenendo il comando delle truppe della cosiddetta «Armata dei Vosgi»,<ref>Decise di dividere gli uomini in 4 brigate: {{formatnum:1500}} uomini al comando di [[Joseph Bossack-Hauke]], 2.000 di Menotti, altre due, costituite in seguito, al comando di Ricciotti e [[Cristiano Lobbia]]. Gli effettivi combattenti sono stati circa {{formatnum:8000}}, in {{Cita|Mino|p. 463}}</ref> gli uomini furono inizialmente {{formatnum:4500}}.<ref>{{formatnum:4500}} a ottobre, {{formatnum:10000}} il mese successivo, {{formatnum:18000}} alla fine del 1870 e poi circa {{formatnum:19500}}. Si veda {{Cita|Scirocco|p. 352}}</ref> Stabilì dunque il quartier generale a [[Dôle]] e poi l'11 novembre a [[Autun]].<ref>{{Cita|Mino|p. 464}}.</ref>
 
Nello stesso mese predispose una spedizione vittoriosa, compiuta da Ricciotti.<ref>Spedì il figlio con 800 uomini attaccando di sorpresa il nemico nella notte del 18 novembre sino al 19 novembre a [[Châtillon-Sur-Saône]] con gravi danni inflitti ai tedeschi, si veda per dettagli delle perdite nemiche: {{cita libro|Charles|de Saint-Cyr|Garibaldi. pag 245|1907 |F. Juven|}}</ref> [[Digione]] intanto era caduta in mani tedesche, comandate da [[Augusto Werder]], e poi era stata abbandonata per l'avanzata delle truppe francesi. Sentenziò la pena di morte al colonnello Chenet perché abbandonò la sua postazione durante il combattimento, ma graziato dagli stessi francesi, la condanna non venne eseguita.<ref>Avrà parole dure per Garibaldi, si veda {{Cita|Mino|p. 467}}</ref>
Riga 390:
=== Società protettrice degli animali ===
{{vedi anche|Società Reale per la Protezione degli Animali}}
{{approfondimento|allineamento=destra|larghezza=300px|titolo=Il cane di Garibaldi|contenuto=Durante la [[battaglia di San Antonio]] dell'8 febbraio [[1846]], sbucò dalle linee argentine, per raggiungere quelle della [[Legione italiana (Garibaldi)|Legione Italiana]], un cane chiamato poi Guerrillo (a volte citato nei testi come Guerillo o Guerello), finendo con una zampa spezzata da un colpo di fucile. Garibaldi lo soccorse e lo adottò, portandolo con sé anche nel viaggio di rientro in Italia del [[1848]]. Divenne celebre nelle cronache dei tempi come il cane a tre zampe che seguiva Garibaldi e il suo attendente [[Andrea Aguyar]], tenendosi costantemente all'ombra sotto l'uno o l'altro cavallo. Non è dato sapere come e quando sia morto. Scomparve dalle cronache dopo l'[[Assedio di Roma (1849)|Assedio di Roma del 1849]] e si ipotizza che sia perito in tale circostanza.<ref>Giuseppe Garibaldi, ''Le Memorie'', Sonzogno, Milano, 1860.</ref>}}
Garibaldi fu anche un difensore dei [[diritti degli animali]]. A seguito dell'acquisto da parte sua di metà dell'isola di [[Caprera]], avvenuto nel [[1856]] e finalizzato a fare del luogo la propria residenza,<ref>Il privato degli ultimi vent'anni del Generale, il suo intimo legato alla residenza a Caprera, viene raccontato dalla figlia [[Clelia Garibaldi|Clelia]] nel libro ''[[Mio padre (Garibaldi)|Mio padre]]'' pubblicato nel 1948.</ref> Garibaldi&nbsp;– come scrive lo storico [[Denis Mack Smith]] – «più tardi si fece sempre più [[Vegetarianismo|vegetariano]]; lo stretto contatto con la solitaria natura gli diede l'eccentrica credenza che gli animali e perfino le piante avessero un'anima cui non si doveva nuocere. Divenuto mezzo vegetariano, rinunciò quasi interamente anche a bere; ma ritenne il consueto gusto per i sigari».<ref name="smith5">[[Denis Mack Smith]], ''Garibaldi'' (''Garibaldi. A Great Life in Brief'', 1956), trad. di G.E. Valdi, Ed. suppl. a ''[[Famiglia Cristiana]]'', 2001, cap. VI, p. 53.</ref>
 
Nel [[1871]] fu promossa da Garibaldi la prima società in Italia per la protezione degli animali: la Regia società torinese protettrice degli animali<ref>Barbara De Mori, ''Che cos'è la bioetica animale'', Carocci editore, Roma 2007, p. 75.</ref> contro i maltrattamenti che gli animali subivano sia in campagna sia in città, specie da parte dei guardiani e dei conducenti.<ref name="mannucci">Erica Joy Mannucci, ''[[La cena di Pitagora]]'', Carocci editore, Roma 2008, p. 103.</ref> Affermava Garibaldi: «Proteggere gli animali contro la crudeltà degli uomini, dar loro da mangiare se hanno fame, da bere se hanno sete, correre in loro aiuto se estenuati da fatica o malattia, questa è la più bella virtù del forte verso il debole».<ref name="manco">Citato in Franco Libero Manco, ''Biocentrismo. L'alba della nuova civiltà'', Nuova Impronta Edizioni, Roma 1999, pp. 202-203.</ref>
 
=== Ultimi anni e morte a Caprera ===
Riga 406:
Intanto aveva scritto alcuni romanzi: nel 1870 uscirono ''Clelia'', ambientato nel 1849 a Mentana, e ''Cantoni il volontario'', dedicato ad [[Achille Cantoni]], il volontario forlivese che gli salvò la vita nel corso della [[Battaglia di Velletri (1849)|Battaglia di Velletri del 1849]]. Nel 1874 fu pubblicato ''I Mille'', la storia di una donna, Marzia, che, travestita da uomo, si univa ai volontari. Rivisitò le ''Memorie'' nel 1871-1872 giungendo nella rievocazione alla campagna dei Vosgi: rispetto alla versione precedente del testo inasprì i toni contro Mazzini e la Chiesa.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 384}}.</ref> Redasse in seguito ''Manlio'', un resoconto delle sue avventure in Sud America e del suo ritorno in Italia. I proventi dei libri diminuirono nel corso del tempo.<ref>{{formatnum:30000}} lire per Clelia, per Cantoni il volontario {{formatnum:1500}} lire nel 1870 e {{formatnum:1000}} nel 1874 {{Cita|Scirocco|p. 384}}</ref> Nella sua vita non si limitò a questi scritti, ma scrisse anche due inni militari, un poema autobiografico in endecasillabi, un Carme alla morte e vari sonetti e rime, poi raccolti e pubblicati.<ref>Si veda per i dettagli: {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione pag 489|1982|Mursia|}}</ref>
 
Il 2 dicembre [[1874]] [[Pasquale Stanislao Mancini]] propose al parlamento una rendita vitalizia al condottiero; il 19 dicembre viene approvata alla Camera (si contarono 307 si e 25 no), mentre il Senato l'approvò solo il 21 maggio 1875; la pensione era di {{formatnum:50000}} lire annue a cui si aggiungeva una rendita annua. Garibaldi inizialmente rifiutò per poi accettarla l'anno successivo.<ref>I motivi per cui accettò la pensione sono dibattuti dagli storici: chi parla delle condizioni economiche disastrose dei figli Menotti e Ricciotti, (Menotti ebbe {{formatnum:20000}} lire che lo salvarono dalla bancarotta) si veda {{Cita|Montanelli|p. 567}} chi afferma che saputo che al nuovo rifiuto i beni sarebbero andati a Giuseppina Raimondi {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione pag 493|1982|Mursia|}}, mentre tutti evidenziano come l'anno in cui accettò andò al potere la sinistra. In ogni modo accetta quello che venne definito «il più amaro boccone che egli in vita sua abbia inghiottito» come afferma la White Mario ({{cita libro|Jessie| White Mario | Garibaldi e i suoi tempi pag 375|1907| Treves |}}), per evitare le difficoltà economiche in precedenza vendette il suo Yacht con cui guadagnò {{formatnum:80000}} lire, e affidò la somma a Antonio Bo che preferì fuggire in America come in {{Cita|Montanelli|p. 558}} mentre per Guerzoni i responsabili dovevano avere un «perpetuo rimorso nella coscienza» per averlo costretto a tale gesto {{Cita|Guerzoni1|p. 595}}</ref>
 
Il 26 gennaio [[1880]] sposò la piemontese [[Francesca Armosino]], sua compagna da 14 anni e dalla quale ebbe tre figli. Nel 1882 fece il suo ultimo viaggio in occasione del sesto centenario dei Vespri<ref>{{Cita web|url=http://www.archiviostoricocrotone.it/crotone/lultimo-viaggio-di-garibaldi-passando-per-cotrone/|titolo=L’ultimo viaggio di Garibaldi, passando per Cotrone|cognome=Placco|nome=Francesco|sito=Archivio Storico Crotone|accesso=3 ottobre 2019}}</ref>: per tale ricorrenza partì il 18 gennaio, prima giunse a Napoli che lascerà il 24 marzo raggiungendo Palermo il 28 marzo; durante il tragitto nella città regnò il silenzio in segno di rispetto.<ref>«Durante quel tragitto di tre chilometri, neppur un battimano, neppur un solo evviva ruppe quel solenne silenzio, che giustificò il detto del Sindaco al popolo: Mai siete stati, come oggi, così sublimi!» in {{cita libro|Jessie |White Mario|Garibaldi e i suoi tempi pag 829|1884 |Fratelli Treves|}}</ref> Ritornerà a Caprera il 17 aprile. Poco dopo il ritorno la bronchite peggiorò, e per tre giorni Garibaldi venne alimentato artificialmente. Fu assistito dal medico di una nave da guerra ancorata nell'isola vicina di La Maddalena (La ''Cariddi'') Alessandro Cappelletto e morì il 2 giugno [[1882]] alle 18.22, all'età di quasi 75 anni,<ref>{{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi (Storia, biografie, diari) pag 522|2006 |Mursia||isbn = 978-88-425-2997-2}} e {{Cita|Guerzoni1|p. 610}}</ref> per una paralisi della [[faringe]] che gli impedì di respirare. Nel testamento, una copia del quale è esposta nella casa-museo sull'isola di [[Caprera]], Garibaldi chiedeva espressamente la [[cremazione]] delle proprie spoglie,<ref>Esattamente le sue volontà erano quelle di venire bruciato: «Bruciato e non cremato, capite bene. In quei forni che si chiamano crematoi non ci voglio andare». {{Cita|Guerzoni1|p. 615}}</ref> desiderio disatteso. La salma giace a Caprera nel cosiddetto ''[[Compendio garibaldino]]'', in un sepolcro chiuso da una massiccia pietra grezza di granito.
 
[[File:La Maddalena, compendio garibaldino di Caprera (35).jpg|thumb|La tomba di Garibaldi, a Caprera]]
Riga 416:
 
== Cronologia ==
[[File:GaribaldiParlamento1861WP.jpg|thumb|[[Torino]], 18 aprile [[1861]]. Prima seduta del neocostituito Parlamento Nazionale in cui Garibaldi pronuncia un discorso contro il governo di [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]]]]
[[File:Targa Garibaldi Tyneside.JPG|thumb|Targa commemorativa del viaggio in Inghilterra]]
[[File:Lapide Garibaldi.jpg|thumb|Lapide dedicata a Garibaldi, situata a [[Catania]]]]
* [[1807]]: nasce a [[Nizza]];
* [[1821]]: è iscritto nei registri dei marinai;
* [[1824]]: primo viaggio in mare verso il Mediterraneo Orientale;
* [[1833]]: a [[Taganrog]] entra in contatto con i mazziniani;
* [[1834]]: partecipa ai moti di Genova;
* [[1835]]: parte esule da Marsiglia verso il Sud America;
* [[1839]]: combatte con il [[Rio Grande do Sul]] contro il [[Brasile]] centralista;
* 1839: incontra Anita, che sposerà nel [[1842]] e dalla quale avrà 4 figli (Menotti nel 1840, Rosita nel 1843, Teresita nel 1845 e Ricciotti nel 1847);
* [[1843]]: combatte con i "Colorados" uruguaiani alleati con gli Unitari argentini contro i "Blancos" dell'ex presidente uruguaiano Oribe, alleati con i federalisti argentini di Rosas;
* [[1849]]: combatte per la difesa della [[Repubblica Romana (1849)|Repubblica Romana]]. Il 4 agosto, presso Ravenna, muore la moglie Anita;
* [[1852]]: si reca da [[Lima (Perù)|Lima]] (Perù) a [[Canton]] (colonia del Portogallo sulla costa cinese) per commerciare [[guano]];
* [[1859]]: partecipa alla Seconda guerra d'Indipendenza come generale dell'[[Armata Sarda|esercito piemontese]], al comando dei [[Cacciatori delle Alpi]];
* [[1860]]: [[spedizione dei Mille]];
* [[1862]]: nell'intento di liberare Roma, parte dalla Sicilia con {{formatnum:2000}} volontari, ma è fermato sull'[[Aspromonte]];
* [[1864]]: si reca a [[Londra]], dove è accolto trionfalmente e incontra [[Henry John Temple, III visconte Palmerston]] e [[Giuseppe Mazzini]];
* [[1866]]:
** Partecipa alla Terza guerra d'Indipendenza. Comanda un corpo di volontari che combatte in Trentino. Sconfigge gli austriaci a [[Bezzecca]];
** Viene eletto alle elezioni politiche nel collegio di [[Lendinara]]-[[Occhiobello]], anche se poi optò per il suo vecchio collegio di [[Andria]], e al suo posto venne eletto [[Giovanni Acerbi]];
* [[1867]]:
** A settembre partecipa a [[Ginevra]] al Congresso per la pace;
** A ottobre si mette a capo dei volontari che hanno invaso il Lazio, ma viene fermato il 3 novembre a [[Battaglia di Mentana|Mentana]];
* [[1870]]-[[1871|71]]: partecipa alla [[guerra franco-prussiana]] a fianco dei francesi;
* [[1874]]: viene eletto deputato del Regno;
* [[1879]]: fonda a Roma la [[Lega della Democrazia]];
* [[1882]]: muore a [[Caprera]] il 2 giugno.
 
== Personalità ==
Riga 461:
 
==== Garibaldi e Cavour ====
[[File:Garibaldiecavour.JPG|thumb|Garibaldi e Cavour intenti a costruire lo stivale (l'Italia) in una vignetta satirica del [[1861]]]]
Garibaldi non ebbe mai rapporti sereni con [[Camillo Benso, conte di Cavour|Cavour]]. Da un lato, semplicemente non aveva fiducia nel pragmatismo e nella ''[[realpolitik]]'' di Cavour, ma provava anche risentimento personale per aver ceduto la sua città natale di [[Nizza]] alla Francia, nel [[1860]]. Garibaldi confidò al suo medico curante [[Enrico Albanese]]: {{citazione|La patria non si baratta, né si vende per Dio! Quando i posteri esamineranno gli atti del governo e del Parlamento italiano durante il risorgimento italiano, vi troveranno cose da cloaca. Povera Nizza! Io feci male a non parlare chiaramente, a non protestare con energia, a non dire là in Parlamento, a Cavour, che era una canaglia, e a quei che ne volevano votare la rinunzia che erano tanto vili.<ref>[[Gigi Di Fiore]], ''Controstoria dell'Unità d'Italia'', BUR, 2010, p.27. Riportato dalla "Rivista Popolare" di [[Napoleone Colajanni (1847)|Napoleone Colajanni]], anno ottavo, numeri 16 e 17 del 20 settembre 1912, che pubblicò un numero unico dal titolo "Aspromonte (il più grande delitto della Monarchia Italiana)". La citazione si trova a pagina 55 della rivista.</ref>}}
 
{{Senza fonte|D'altro canto si sentiva attratto dal politico piemontese.}} Certo, scrivendo all'ambasciatore [[Regno di Sardegna|sardo]] in [[Francia]], Cavour prometteva all'imperatore che avrebbe fermato Garibaldi. Ma, in realtà, non ostacolò seriamente la partenza da [[Quarto dei Mille|Quarto]] della [[spedizione dei Mille]]. Permise a diversi ufficiali dell'[[Armata Sarda|Esercito sabaudo]] di raggiungere Garibaldi in Sicilia. Infine, inviò le truppe che permisero la definitiva sconfitta di [[Francesco II delle Due Sicilie|Francesco II]].
 
==== La ''Lega della democrazia'' ====
Riga 477:
=== Garibaldi e l'unificazione italiana ===
{{citazione|Favorito dalla fortuna, io ebbi l'onore nei due mondi di combattere accanto ai primi soldati, ed ho potuto persuadermi che la ''pianta uomo nasce in Italia, non seconda a nessuno''; ho potuto persuadermi che quegli stessi soldati che noi combattemmo nell'[[Mezzogiorno (Italia)|Italia meridionale]], non indietreggeranno davanti ai più bellicosi, quando saranno raccolti sotto il glorioso vessillo emancipatore.<ref>Giuseppe Garibaldi, cit. in [[Martino Cellai]], ''Fasti militari della Guerra dell'Indipendenza d'Italia dal 1848 al 1862'', vol. 4, Tip. e litografia degli Ingegneri, 1867, [http://books.google.it/books?id=GwRAAAAAcAAJ&pg=PA471 p. 471] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150418084050/http://books.google.it/books?id=GwRAAAAAcAAJ&pg=PA471 |data=18 aprile 2015 }}.</ref>}}
La figura di Garibaldi è assolutamente centrale nel quadro del [[Risorgimento|Risorgimento italiano]], ed è stata oggetto di numerose analisi storiografiche, politiche e critiche. La popolarità di Garibaldi, la sua capacità di sollevare le folle e le sue vittorie militari diedero non solo un contributo determinante all'unificazione dello Stato italiano, ma anche lo premiarono con una popolarità enorme tra i contemporanei – solo a titolo di esempio si possono citare le trionfali elezioni (nel [[1860]], poi nel [[1861]] al Parlamento subalpino e poi italiano) ovvero il trionfo che gli venne tributato a [[Londra]] nel [[1864]] – e presso i posteri.<ref>Schwegman, Marjan, "In Love with Garibaldi: Romancing the Italian Risorgimento", in ''European Review of History'', 12, no. 2 (Summer 2005): 383-401.</ref>
 
Numerose furono, anche, le sconfitte. Fra le quali particolarmente brucianti furono quelle dell'[[Giornata dell'Aspromonte|Aspromonte]] e di [[battaglia di Mentana|Mentana]] in quanto lo opposero a una parte rilevante dell'opinione pubblica italiana, che, in tutti gli altri episodi della sua vita, lo aveva grandemente amato.
Riga 485:
 
=== Appartenenza massonica ===
La carriera di Garibaldi nella [[massoneria]] cominciò con la sua iniziazione nel [[1844]] nella [[Massoneria|Loggia]] "Asil de la Vertud" a Montevideo<ref>Vittorio Gnocchini, ''L'Italia dei Liberi Muratori. Brevi biografie di Massoni famosi'', Roma-Milano, Erasmo Edizioni-Mimesis, 2005, p. 139.</ref>. Nel dicembre [[1861]], durante la prima assemblea costituente del Grande Oriente italiano di Torino, ricevette il titolo onorifico di "Primo massone d'Italia" e l'11 marzo [[1862]] il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi del [[Rito scozzese antico ed accettato]] dal 4º al 33º (a condurre il rito furono sei massoni, tra cui [[Francesco Crispi]]<ref>[http://www.freemasons-freemasonry.com/garibaldi.html Garibaldi massone, di E. E. Stolper] su ''Pietre-Stones'', Review of Freemasonry.</ref>) e fu nominato Presidente del Supremo Consiglio, culminò poi con la suprema carica di [[Gran maestro]] del [[Grande Oriente d'Italia]] sedente in [[Torino]] e con la carica di Gran Hyerophante del [[Rito egizio|Rito di Memphis e Misraim]] nel [[1881]]. Tra i più famosi garibaldini, molti erano i massoni, come [[Nino Bixio]], [[Giacomo Medici]], [[Stefano Turr]].<ref>[http://www.freemasons-freemasonry.com/garibaldi.html Garibaldi massone, di E.E. Stolper] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20111105050416/http://www.freemasons-freemasonry.com/garibaldi.html |data=5 novembre 2011 }}</ref> Durante il soggiorno a [[Isola d'Ischia|Ischia]] nel [[1864]], dove si teneva un consiglio di guerra, Garibaldi dette le dimissioni da Gran Maestro dell'ordine per troppi problemi di salute.<ref>{{cita libro|nome = Denis|cognome = Mack Smith|titolo = Garibaldi. A great life in brief|anno = 1993|editore = Arnoldo Mondadori Editore|città = Milano|capitolo = La guerra per Venezia}}</ref>
 
=== Interesse anglosassone per Garibaldi ===
Riga 493:
Secondo lo storico britannico [[George Macaulay Trevelyan|Trevelyan]] nell’Inghilterra del XIX secolo l’ammirazione per Garibaldi era originata dalle simpatie britanniche per la causa dell’indipendenza italiana, ma anche da alcune caratteristiche della personalità dell’Eroe dei due mondi, recepite particolarmente dagli anglosassoni, che vedevano in Lui il “rover”, l’errante di grandi spazi per terra e per mare, il combattente contro le avversità, il difensore degli oppressi, il patriota, l’uomo umano e generoso, tutte queste caratteristiche riunite in un solo uomo.
 
Il [[George Macaulay Trevelyan|Trevelyan]] affermava nel 1907<ref>prefazione alla prima edizione di “Garibaldi’s defence of the Roman Republic”</ref> che l’Inghilterra era il paese europeo dove la passione per la causa della libertà e unità italiana era più forte e disinteressata e dove sarebbe stata sempre collegata a nomi come [[George Gordon Byron|Byron]] e [[Percy Bysshe Shelley|Shelley]], di [[Henry John Temple, III visconte Palmerston|Palmerston]] e [[William Ewart Gladstone|Gladstone]], [[Robert Browning|Browning]] e [[Algernon Swinburne|Swinburne]].
 
[[File:Garibaldi visita Inghilterra 1864 Crystal Palace.JPG|thumb|upright=1.0|Garibaldi in Inghilterra nel 1864 a Londra Crystal Palace]]
Riga 515:
 
=== Cittadinanza onoraria ===
A Garibaldi è stata conferita la cittadinanza onoraria di [[San Marino]] il 24 aprile del [[1861]]. Precedentemente, il 30 luglio del [[1849]], Giuseppe Garibaldi, braccato dalle truppe austriache, trovò scampo per sé e i suoi armati nella Repubblica del Titano.
 
=== Impiego linguistico ===
Riga 528:
 
=== Impegno civile ===
Garibaldi, pur ritenendo lecita l'uccisione di nemici in battaglia e traditori in [[Legge marziale|tempo di guerra]], a partire dal [[1861]] si batté per l'abolizione della [[pena di morte]], proponendo varie volte una legge che la abolisse dal Codice penale vigente.<ref>[http://www.garibaldi200.it/index.asp?ideventi=352 ''Gli ideali di Garibaldi''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130309074606/http://www.garibaldi200.it/index.asp?ideventi=352 |data=9 marzo 2013 }}</ref>
 
Come detto, il generale fu un grande amante della natura<ref>[http://www.winetaste.it/giuseppe-garibaldi-il-rivoluzionario-ambientalista/ ''Giuseppe Garibaldi, il rivoluzionario ambientalista''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160202070853/http://www.winetaste.it/giuseppe-garibaldi-il-rivoluzionario-ambientalista/ |data=2 febbraio 2016 }}</ref> e degli animali, dei quali si volle circondare anche nella sua residenza di Caprera; questo grande amore si palesò quando nel 1871, anno nel quale Giuseppe Garibaldi, su esplicito invito di una nobildonna inglese, lady Anna Winter, contessa di Southerland, incaricò il suo medico personale, il dottor [[Timoteo Riboli]], con studio in Torino, al n.2 dell'attuale via Lagrange, di costituire una Società per la Protezione degli Animali, annoverando la signora Winter e Garibaldi come soci fondatori e presidenti onorari; oggi la società è nota come [[Ente Nazionale Protezione Animali]] (ENPA). Attualmente l'ENPA è il più antico e importante ente di protezione e salvaguardia animale in Italia. In seguito a queste riflessioni e azioni [[Animalismo|animaliste]], Garibaldi divenne quasi vegetariano in tarda età e rinunciò alla [[caccia]], che era stata una sua grande passione fin da giovane, in nome del rispetto della vita degli animali.<ref name="smith5" /><ref name="mannucci" /><ref name="manco" />
Riga 537:
 
=== Reparti militari ===
* [[Legione italiana (Garibaldi)|Legione italiana]]
* [[Cacciatori delle Alpi]]
* [[I Mille]]
* [[Esercito meridionale]]
* [[Corpo Volontari Italiani]]
 
=== Opere ===
* [[Cantoni il volontario]] (romanzo)<ref>https://www.liberliber.it/online/autori/autori-g/giuseppe-garibaldi/cantoni-il-volontario/</ref>
* [[Clelia, il governo dei preti]] (romanzo)<ref>https://www.liberliber.it/online/autori/autori-g/giuseppe-garibaldi/clelia-il-governo-dei-preti/</ref>
* [[Lettere a Speranza von Schwartz]]<ref>https://www.liberliber.it/online/autori/autori-g/giuseppe-garibaldi/lettere-a-speranza-von-schwartz/</ref>
* [[Memorie]]<ref>https://www.liberliber.it/mediateca/libri/g/garibaldi/memorie/pdf/garibaldi_memorie.pdf</ref>
* [[I Mille]] (pubblicato nel 1874)
* [[Poema autobiografico]]<ref>https://www.booksandbooks.it/ebook-gratis/garibaldi-poema-autobiografico.html</ref>
 
=== Donne di Garibaldi ===
Dopo la morte di Anita, Garibaldi intesse relazioni sentimentali con diverse donne. Si accompagnò con la nobile inglese Emma Roberts fino al 1856 e a lei intitolò una delle sue navi.<ref>{{Cita|Smith|p. 71}}.</ref> Altra donna ricordata dal Garibaldi era la contessa [[Maria Martini della Torre]], conosciuta a Londra nel [[1854]],<ref>Già unita in matrimonio con un altro uomo, la della Torre combatté con Garibaldi indossando la camicia rossa. Finirà rinchiusa in manicomio. {{Cita|Smith|p. 72}}</ref> Di breve durata fu il rapporto con [[Paolina Pepoli]] vedova trentenne, nipote di [[Gioacchino Murat]].<ref>Per i dettagli si veda anche: {{cita libro|Gustavo |Sacerdote|La vita di Giuseppe Garibaldi: secondo i risultati delle più recenti indagini storiche, pag 600-601|1933|Rizzoli & c. |}}</ref>
 
La baronessa di origini inglesi [[Maria Esperance von Schwartz]], figlia di un [[Banca|banchiere]], [[Vedovanza|vedova]] del cugino del padre che si era suicidato,<ref>{{Cita|Montanelli|p. 277}}.</ref> vide per la prima volta il nizzardo nel 1849, poi nel 1857 giunse a Caprera e vi ritornò l'anno seguente, quando Garibaldi le chiese di diventare la madre dei suoi figli la donna volle rifletterci sopra.<ref>{{Cita|Montanelli|p. 283}}.</ref> In seguito i sentimenti si indebolirono, anche a causa di un'altra donna, Battistina Ravello, che serviva Garibaldi a Caprera. Da lei nel 1859 ebbe una figlia, chiamata Anita e battezzata con il nome di Anna Maria Imeni.
 
Altra donna importante nella vita di Garibaldi fu [[Giuseppina Raimondi]], la giovane ragazza colpì l'eroe per il coraggio dimostrato, i due si sposarono a [[Fino Mornasco]] il 24 gennaio [[1860]], ma presto<ref>Chi racconta sia stato il giorno stesso - all'uscire dalla porta della chiesa - come in {{Cita|Montanelli|p. 339}}, altri il 27-28 {{Cita|Scirocco|p. 230}}</ref> ricevette una lettera che lo avvertì di un amante della donna,<ref>Il soldato [[Luigi Caroli]], forse autore della missiva, morirà in [[Siberia]] l'8 giugno 1865, si veda {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi (Storia, biografie, diari) pag 275-276|2006 |Mursia||isbn = 978-88-425-2997-2}}</ref> Garibaldi chiese alla donna se fosse vero quello che vi era scritto e Raimondi, già incinta, non negò nulla. Garibaldi, assistito da [[Pasquale Stanislao Mancini]]<ref name=":0">{{Cita pubblicazione|autore=Pasquale Tammaro|titolo=22. Il Matrimonio del generale (1880)|rivista=Massime dal Passato|accesso=29 ottobre 2021|url=https://massimedalpassato.it/22-il-matrimonio-del-generale-1880/}}</ref>, chiese l'annullamento del matrimonio. Il Tribunale di Roma, tuttavia, respinse la richiesta e i due impugnarono la sentenza alla Corte d'Appello di Roma, che con sentenza del 14 gennaio [[1880]]<ref name=":0" /> dichiarava nullo il matrimonio.<ref>Solo grazie a quanto scoperto da [[Pasquale Stanislao Mancini]] osservando che all'epoca dei fatti vigeva il codice civile austriaco che ne permetteva l'annullamento, si veda {{Cita|Scirocco|p. 231}}</ref>
 
Dal 1865 avrà il conforto di [[Francesca Armosino]], sua terza moglie, con cui aveva parecchi anni di differenza. Era la balia dei figli di sua figlia Teresita. Da lei ebbe tre figli di cui uno morì a 18 mesi.
Riga 564:
[[File:Garib francesca armosino.jpg|thumb|Garibaldi con l'ultima moglie [[Francesca Armosino]]; nell'ultima parte della sua vita Garibaldi viene spesso fotografato da seduto, perché si trovava costretto a muoversi su una [[sedia a rotelle]]]]
Garibaldi, dalla prima moglie [[Anita Garibaldi|Anita]], morta nel 1849 presso [[Ravenna]], ebbe 4 figli<ref>Zeffiro Ciuffoletti, Arturo Colombo, Annita Garibaldi Jallet, ''I Garibaldi dopo Garibaldi: la tradizione famigliare e l'eredità politica'', P. Lacaita, 2005</ref>:
* [[Menotti Garibaldi|Domenico Menotti]]<ref>in onore di [[Ciro Menotti]], giustiziato nel 1831 a Modena. {{Cita|Possieri|p. 98}}</ref> (16 settembre 1840&nbsp;– 22 agosto 1903). Morì a Roma (per aver contratto la [[malaria]]) all'età di 62 anni.
* Rosa, detta Rosita (1843&nbsp;– 23 dicembre 1845), morta per [[vaiolo]] all'età di 2 anni a [[Montevideo]].
* [[Teresa Garibaldi|Teresa]] (22 febbraio [[1845]] – 5 gennaio [[1903]]), detta Teresita, in ricordo della sorella del padre morta in tenera età, moglie del Generale garibaldino [[Stefano Canzio]].
* [[Ricciotti Garibaldi|Ricciotti]] (24 febbraio 1847&nbsp;– 17 luglio 1924).
 
Dalla domestica Battistina Ravello, invece, Garibaldi ebbe:
* Anna Maria Imeni Garibaldi, detta Anita.
 
Ebbe tre figli invece dalla terza moglie [[Francesca Armosino]]:
* [[Clelia Garibaldi|Clelia]] (16 febbraio [[1867]][[2 febbraio]] [[1959]]), ultima sopravvissuta dei figli dell’eroe dei due mondi e ultima abitante della ''casa bianca''. Ha dedicato tutta la vita alla memoria del padre.
* Rosita (morta piccola).
* [[Manlio Garibaldi|Manlio]] (23 aprile 1873 - 12 gennaio 1900), morto di tubercolosi a 26 anni.
 
È possibile che Garibaldi abbia avuto una figlia naturale, Giannina Repubblica Fadigati (8 ottobre 1868&nbsp;– 24 novembre 1954), ufficialmente figlia del nobile cremonese Paolo Fadigati, amico e seguace di Garibaldi. La nascita di Giannina Repubblica non sarebbe stata frutto di un tradimento, ma di un vero e proprio accordo tra Garibaldi e i coniugi Fadigati: Paolo Fadigati sarebbe stato infatti un ammiratore talmente fervente dell'Eroe dei Due Mondi da voler ''"allevare un figlio di sangue garibaldino"''.<ref>G. Ghelli, ''La Garibaldina. Repubblica, figlia di due padri'', Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2010.</ref>
Riga 584:
=== Filatelia ===
Le emissioni filateliche realizzate in Italia, per onorare l'eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi sono numerose.
L'effigie di Garibaldi compare sui primi francobolli commemorativi italiani emessi nel [[1910]] per celebrare la liberazione della Sicilia e il Plebiscito dell'Italia Meridionale.<ref>[http://www.ibolli.it/cat/italia/r01-16/r01-16.php Catalogo online ''I Bolli''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20161022132519/http://www.ibolli.it/cat/italia/r01-16/r01-16.php |data=22 ottobre 2016 }}</ref> Questi sono i primi francobolli italiani commemorativi a non recare solo l'effigie del re o lo stemma dei Savoia. Inoltre erano venduti soltanto in Meridione e in Sicilia con un sovrapprezzo, non indicato sul francobollo, di 5 centesimi ed erano utilizzabili soltanto per la corrispondenza diretta all'interno del regno.
Nel [[1932]] fu dedicata la lunga serie di 17 francobolli per celebrare il cinquantenario della morte. Altri 2 francobolli vennero emessi nel [[1957]] per il 150º anniversario della nascita.
 
Il volto di Garibaldi appare anche nella serie del [[1959]] per il centenario della [[Seconda guerra di indipendenza italiana|seconda guerra di indipendenza]]; nella serie del [[1960]] per il centenario della [[Spedizione dei Mille]]; nel [[1970]] per il centenario della partecipazione di Garibaldi alla guerra Franco-Prussiana e nel [[1982]] è stato celebrato il centenario della morte.
L'ultimo francobollo che gli è stato dedicato è stato emesso nel 2011 per celebrare i 150 dell'unità d'Italia.
 
Riga 594:
; Filatelica italiana
<gallery mode="packed" heights="150">
File:Garibaldi1910.jpg|[[Regno d'Italia]] [[1910]] - Liberazione della Sicilia -
File:R090.jpg|[[Regno d'Italia]] [[1910]] - Plebiscito Meridionale -
File:Garibaldi1932.jpg|Francobollo del [[Regno d'Italia]] del [[1932]] Cinquantenario Garibaldino - Garibaldi con Nino Bixio -
File:Garibaldi32.jpg|Francobollo del [[Regno d'Italia]] del [[1932]] Cinquantenario Garibaldino - francobollo espresso aereo, il primo al mondo -
File:Garibaldi324.jpg|Francobollo del [[Regno d'Italia]] del [[1932]] - Cinquantenario Garibaldino -
File:Garibaldi1957.jpg|Repubblica Italiana [[1957]] 150º anniversario della nascita e 75º anniversario della morte di Giuseppe Garibaldi
File:Garibaldi1959.jpg|Repubblica Italiana [[1959]] centenario della [[Seconda guerra di indipendenza italiana|seconda guerra di indipendenza]] - Garibaldini alla battaglia di San Fermo -
File:Garibaldi592.jpg|Repubblica Italiana [[1959]] centenario della [[Seconda guerra di indipendenza italiana|seconda guerra di indipendenza]] - Vittorio Emanuele II, Garibaldini, Cavour e Mazzini -
File:Garibaldi1960.jpg|Repubblica Italiana [[1960]] - Centenario della Spedizione dei Mille -
File:Garibaldi1970.jpg|Repubblica Italiana [[1970]] - Centenario della partecipazione garibaldina alla guerra franco-prussiana -
File:Garibaldi1982.jpg|Repubblica Italiana [[1982]] - Centenario della morte di Giuseppe Garibaldi -
File:Garibaldi2007.jpg|Repubblica Italiana [[2007]] - Bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi -
File:Garibaldi150unità.jpg|Repubblica Italiana [[2011]] - emissione per celebrare i 150 anni dell'Unità d'Italia -
File:Garibaldi a sanmarino.jpg|Repubblica Italiana [[2011]] - 150º anniversario della cittadinanza onoraria sammarinese a Garibaldi -
</gallery>
 
; Filatelica mondiale
<gallery mode="packed" heights="150">
File:USSRgbldi.jpg|[[Unione Sovietica]] [[1957]]
File:Garibaldiusa1959.jpg|[[Stati Uniti d'America]] [[1959]] - Campioni della Libertà -
File:Garibaldi russia.JPG|[[Unione Sovietica]] [[1982]] - Centenario della morte di Garibaldi -
File:Garibaldisanmarino.jpg|[[San Marino|Repubblica di San Marino]] [[2007]] - Bicentenario della nascita di Garibaldi -
File:Garibaldimonaco.jpg|[[Principato di Monaco]] [[2007]] - Bicentenario della nascita di Garibaldi -
File:Garibaldiuruguay.JPG|[[Uruguay]]
File:Garibaldiuruguay2.JPG|[[Uruguay]] 1882-1982
File:Garibaldiuruguay3.JPG|[[Uruguay]] [[2007]] - Bicentenario della nascita di Garibaldi -
File:Garibaldiuruguay4.JPG|[[Uruguay]] [[2007]] - Bicentenario della nascita di Garibaldi -
</gallery>
 
Riga 628:
 
Nel tempo molte sono le imbarcazioni a lui intitolate:
* tra quelle civili, degna di nota è la [[goletta]] ''[[Leone di Caprera]]'', costruita da emigrati italiani, che, nel 1880, con tre uomini di equipaggio, compì la traversata atlantica dall'Uruguay all'Italia.
* tra le navi militari l'attuale [[portaeromobili]] ''[[Giuseppe Garibaldi (551)|Garibaldi]]'', il precedente ''[[Giuseppe Garibaldi (incrociatore 1936)|Garibaldi]]'', [[incrociatore leggero]] poi [[Giuseppe Garibaldi (incrociatore 1961)|trasformato]] in [[incrociatore missilistico]] che ha servito sia nella [[Regia Marina]], sia nella [[Marina Militare (Italia)|Marina Militare]], durante la [[seconda guerra mondiale]] e andando più indietro nel tempo l'[[incrociatore protetto]] ''[[Giuseppe Garibaldi (incrociatore 1899)|Garibaldi]]'' affondato nel corso della [[prima guerra mondiale]] e la [[pirofregata]] ''[[Garibaldi (pirofregata)|Garibaldi]]''. Il [[cacciatorpediniere]] ''Leytenant Ilin'' della [[classe Orfej]], appartenente alla [[Voenno-morskoj flot Rossijskoj Imperii|marina imperiale russa]], fu rinominato ''Garibaldi'' il 3 luglio 1919 dal nuovo governo sovietico, salvo cambiare nome in ''Voykov'' il 14 febbraio 1928<ref>{{cita web|url = http://battleships.ru/warships/leytenant_ilin_1913_rsmalkov/ship_rsmalkov.html|titolo = Destroyer 'Leytenant Ilin' (1913)|sito = battleships.ru|accesso=30 agosto 2020|urlarchivio=https://archive.is/WBRrl |dataarchivio=18 luglio 2013|urlmorto = sì}}</ref>.
 
=== Monumenti a Garibaldi ===
Riga 661:
File:Roma-garibaldigianicolo01.jpg|[[Roma]]: [[Monumento a Giuseppe Garibaldi (Roma)|nell'omonimo piazzale]]
File:Ettore-Ferrari-Monumento-equestre-a-Garibaldi-Rovigo.JPG|[[Rovigo]]: nell'omonima piazza
File:Monumento Garibaldi.jpg|[[Sanremo]]: in corso Imperatrice, opera di [[Leonardo Bistolfi]] ([[1908]])
File:Monumento Giuseppe Garibaldi a Savona.JPG|[[Savona]]: in piazza Eroe dei due Mondi
File:Monumento a Garibaldi e monte dei Cappuccini - Torino.jpg|[[Torino]]: in corso Cairoli
File:Statua di Garibaldi a Trapani.jpg|[[Trapani]]: nell'omonima piazza
File:Piazza Garibaldi Tricesimo.jpg|[[Tricesimo]] (Udine): nell'omonima piazza
File:Venezia - Augusto Benvenuti (1833-1899) - Monumento a Garibaldi (1885) - 01 - Foto Giovanni Dall'Orto, 3-Aug-2007.jpg|[[Venezia]]: nel viale omonimo, opera di [[Augusto Benvenuti]] ([[1885]])
File:IMG 4906 - Intra - Monumento a Giuseppe Garibaldi - Foto Giovanni Dall'Orto - 3 febr 2007.jpg|[[Intra]] di [[Verbania]]: in piazza Don Minzoni
File:Statua di Giuseppe Garibaldi a Vicenza.jpg|[[Vicenza]]: [[Monumento a Garibaldi (Vicenza)|in piazza del Castello]], opera di [[Ettore Ferrari]] (1887)
Riga 774:
== Bibliografia ==
<div style="margin-bottom: 0.5em; border: 1px solid #ccc; padding: 4px; background: #F9F9F9; text-align: center; font-size: 95%;" id="mwDtA">''La lista completa delle fonti bibliografiche utilizzate per la stesura di questa e di altre voci su Giuseppe Garibaldi è disponibile alla pagina'' '''[[Bibliografia su Giuseppe Garibaldi]].''' [[File:Nuvola apps bookcase.svg|32x32px]]</div>
* Carmelo Calci, ''Garibaldi e i suoi tempi. Immagini dei protagonisti'', Bardi Editore, Roma 2008.
* {{cita libro|nome=Ugo|cognome=Carcassi|titolo=Giuseppe Garibaldi: profilo di un rivoluzionario|anno=2001|editore=Carlo Delfino Editore|città=Sassari|isbn=88-7138-248-X|cid=Carcassi}}
* {{cita libro|Clelia|Garibaldi|[http://www.miopadredicleliagaribaldi.it Mio Padre]|2007|Erasmo|cid=Garibaldi}}
* {{cita libro|Denis|Mack Smith|Garibaldi|2009|Mondadori|wkautore=Denis Mack Smith|isbn=978-88-04-45797-8|cid=Smith}}
* {{cita libro|Andrea|Possieri|Garibaldi|2010|Il mulino|isbn=978-88-15-13975-7|cid=Possieri}}
* {{cita libro|Mario|Isnenghi|Garibaldi fu ferito. Il mito, le favole|2010|Donzelli editore|isbn=978-88-6036-503-3}}
* {{cita libro|Alexandre|Dumas, traduzione di Mino Milani|Le memorie di Garibaldi (quarta ristampa)|2005|Mursia|isbn=978-88-425-2996-5|cid=Dumas}}
* {{cita libro|Lucy|Riall|Garibaldi. L'invenzione di un eroe|2011|Mondadori editore (su licenza Laterza)|wkautore=Lucy Riall|traduttore=David Scaffei}}
* {{cita libro|Alfonso|Scirocco|Garibaldi. Battaglie, amori, ideali di un cittadino del mondo|2009|Editori Laterza|wkautore=Alfonso Scirocco|isbn=978-88-420-8408-2|cid=Scirocco}}
* {{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (Storia, biografie, diari)|2006|Mursia|isbn=978-88-425-2997-2|cid=Mino}}
* {{cita libro|Indro|Montanelli|Giuseppe Garibaldi (Seconda edizione)|2007|BUR||wkautore=Indro Montanelli|coautori=Marco Nozza|isbn=978-88-17-01509-7|cid=Montanelli}}
* {{cita libro|Gustavo|Sacerdote|La vita di Giuseppe Garibaldi: secondo i risultati delle più recenti indagini storiche|1933|Rizzoli & c.|cid=Sacerdote}}
* {{cita libro|Giuseppe|Guerzoni|Garibaldi, di Giuseppe Guerzoni... (Volume II) (seconda edizione)|1882|G. Barbèra|cid=Guerzoni1}}
* {{cita libro|Davide|Gnola|Il diario di bordo del capitano Giuseppe Garibaldi|2011|Mursia|isbn=978-88-425-4373-2|cid=Gnola}}
* Arrigo Petacco, ''Ho sparato a Garibaldi. La storia inedita di Luigi Ferrari, il feritore dell'eroe dei due mondi'', Mondadori, 2016. ISBN 9788804659952
 
=== Scritti di Garibaldi ===
* ''[https://books.google.it/books?id=LtsoAAAAYAAJ&pg=PA0 Memorie]'', pubblicate da A. Dumas; prima versione di L. E. Tettoni, Milano, 1860 (ora: Alexander Dumas ''Le memorie di Garibaldi'' edizione Mursia ISBN 978-88-425-2996-5)
* ''[http://www.giuseppegaribaldi.net/ Memorie]'', a cura di Alberto Burgos, Udine, Gaspari, 2004, ISBN 88-86338-78-3
* [[Il governo dei preti]] - Kaos edizioni, 2006
* ''[https://www.classicistranieri.com/liberliber/Garibaldi,%20Giuseppe/clelia_p.pdf Clelia: Il governo dei preti]'' (in formato pdf), Milano, 1870.
* ''Le memorie'', Nella redazione definitiva del 1872, a cura della reale commissione, Bologna-Rocca S. Casciano, 1932.
* ''[http://www.liberliber.it/mediateca/libri/g/garibaldi/i_mille/pdf/garibaldi_i_mille.pdf I mille]'', Torino, 1874.
* ''[http://www.liberliber.it/mediateca/libri/g/garibaldi/cantoni_il_volontario/pdf/canton_p.pdf Cantoni il volontario, romanzo storico]'', Milano, 1870, che ha come protagonista il garibaldino [[Forlì|forlivese]] [[Achille Cantoni]], eroicamente caduto a [[Battaglia di Mentana|Mentana]]
* ''Elisabetta d'Ungheria: dramma storico in cinque atti'', Roma, 1879.
* ''Manlio: romanzo contemporaneo''; a cura di Maria Grazia Miotto; introduzione di Graziano Gug, Napoli, 1982.
* ''[http://www.liberliber.it/mediateca/libri/g/garibaldi/lettere_a_speranza_von_schwartz/pdf/letter_p.pdf Lettere a Speranza von Schwartz]''
* ''[http://www.liberliber.it/mediateca/libri/g/garibaldi/poema_autobiografico/pdf/poema__p.pdf Poema autobiografico dall'autografo: Carme alla morte]''
Nell{{'}}''Edizione nazionale degli scritti di Giuseppe Garibaldi'' sono stati pubblicati 6 volumi a Bologna dall'editore Cappelli negli anni 1932-1937. La pubblicazione è ripresa a cura dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano, che negli anni 1973-2009 ha pubblicato 14 volumi dell'''Epistolario'' (volumi 7-20 dell'edizione nazionale):
* Vol. 1: ''Le memorie di Garibaldi in una delle redazioni anteriori alla definitiva del 1872'', a cura della Reale Commissione, Bologna, Cappelli, 1932, XX + 422 pagg.
* Vol. 2: ''Le memorie di Garibaldi nella redazione definitiva del 1872'', a cura della Reale commissione, Bologna, Cappelli, 1932, 670 pagg.
* Vol. 3: ''I Mille'', a cura della Reale commissione, Bologna, Cappelli, 1933, XVII + 407 pagg.
* Vol. 4: ''Scritti e discorsi politici e militari. Vol. 1. 1838-1861'', a cura della Reale commissione, Bologna, Cappelli, 1934, XVII + 431 pagg.
* Vol. 5: ''Scritti e discorsi politici e militari. Vol. 2. 1862-1867'', a cura della Reale commissione, Bologna, Cappelli, 1935, XIII + 471 pagg.
* Vol. 6: ''Scritti e discorsi politici e militari. Vol. 3. 1868-1882'', a cura della Reale commissione, Bologna, Cappelli, 1937, XII + 620 pagg.
* Vol. 7: ''Epistolario. Vol. 1. 1834-1848'', a cura di Giuseppe Fonterossi, Salvatore Candido, Emilia Morelli, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1973, X + 299 pagg.
* Vol. 8: ''Epistolario. Vol. 2. 1849'', a cura di Leopoldo Sandri, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1978, X + 253 pagg.
* Vol. 9: ''Epistolario. Vol. 3. 1850-1858'', a cura di Giancarlo Giordano, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1981, X + 235 pagg.
* Vol. 10: ''Epistolario. Vol. 4. 1859'', a cura di Massimo De Leonardis, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1982, X + 283 pagg.
* Vol. 11: ''Epistolario. Vol. 5. 1860'', a cura di Massimo de Leonardis, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1988, XI + 389 pagg.
* Vol. 12: ''Epistolario. Vol. 6. 1861-1862'', a cura di Sergio La Salvia, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1983, XI + 343 pagg.
* Vol. 13: ''Epistolario. Vol. 7. Marzo-dicembre 1862'', a cura di Sergio La Salvia, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1986, XIV + 387 pagg.
* Vol. 14: ''Epistolario. Vol. 8. 1863'', a cura di Sergio La Salvia, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1991, XII + 269 pagg.
* Vol. 15: ''Epistolario. Vol. 9, 1864'', a cura di Giuseppe Monsagrati, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1992, XVIII + 290 pagg.
* Vol. 16: ''Epistolario. Vol. 10. 1865-marzo 1866'', a cura di Giuseppe Monsagrati, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1997, XIV, 263 pagg.
* Vol. 17: ''Epistolario. Vol. 11. Aprile-dicembre 1866'', a cura di Giuseppe Monsagrati, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 2002, XVII + 406 pagg.
* Vol. 18: ''Epistolario. Vol. 12. Gennaio-dicembre 1867'', a cura di Emma Moscati, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 2006, X + 325 pagg.
* Vol. 19: ''Epistolario. Vol. 13. 1868-1869'', a cura di Emma Moscati, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 2008, X + 385 pagg.
* Vol. 20: ''Epistolario. Vol. 14. 1º gennaio 1870-14 febbraio 1871'', a cura di Emma Moscati, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 2009, X + 315 pagg.
 
== Voci correlate ==
{{div col|cols=2|small=no}}
* [[Anita Garibaldi]]
* [[Bibliografia su Giuseppe Garibaldi]]
* [[Cacciatori delle Alpi]]
* [[Camicie rosse]]
* [[Camillo Benso, conte di Cavour]]
* [[Clelia Garibaldi]]
* [[Compendio garibaldino]]
* [[Francesca Armosino]]
* [[Garibaldi (famiglia)]]
* [[Giuseppe Garibaldi nella cultura di massa]]
* [[Giuseppe Mazzini]]
* [[Guerra dei Farrapos]]
* [[Guerre d'indipendenza italiane]]
* [[I Mille]]
* [[Invasione del Trentino (Garibaldi - 1866)]]
* [[Mio padre (Garibaldi)]]
* [[Manlio Garibaldi]]
* [[Massoneria]]
* [[Memorialistica garibaldina]]
* [[Monumento a Giuseppe Garibaldi (Roma)]]
* [[Museo nazionale del Risorgimento italiano]]
* [[Nottingham Forest Football Club#Colori]]
* [[Questione romana]]
* [[Repubblica Romana (1798-1799)]]
* [[Repubblica Romana (1849)]]
* [[Risorgimento]]
* [[Roma o morte (frase)]]
* [[Sbarco a Marsala]]
* [[Sbarco a Melito]]
* [[Spedizione dei Mille]]
* [[Sacrario militare di Bezzecca]]
* [[Sacrario militare di Monte Suello]]
* [[Società Reale per la Protezione degli Animali]]
* [[Seconda guerra d'indipendenza italiana]]
* [[Terza guerra d'indipendenza italiana]]
* [[Trofeo Giuseppe Garibaldi]]
{{div col end}}
 
Riga 868:
 
== Collegamenti esterni ==
* {{collegamentiCollegamenti esterni}}
 
;Varie
* {{cita web|url=http://www.ancientcapua.com/risorgimento-2/garibaldi-e-la-battaglia-del-volturno/?lang=it|titolo=Garibaldi e la battaglia del Volturno}}
* {{cita web|https://www.archive.org/stream/vitadigiuseppega0102mari#page/n5/mode/2up|J. W. Mario, ''Vita di Giuseppe Garibaldi'', 1910}}
* {{cita web |url=http://www.fondazionegaribaldi.it |titolo=Fondazione Giuseppe Garibaldi - Giuseppe Garibaldi Foundation |accesso=7 settembre 2018 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20100323034848/http://www.fondazionegaribaldi.it/ |urlmorto=sì}}
* [https://web.archive.org/web/20130403121350/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/garibaldi/809/default.aspx Garibaldi - Il diavolo rosso (prima parte)] La Storia siamo noi
* [https://web.archive.org/web/20121214190923/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/garibaldi/1239/default.aspx Garibaldi - Il diavolo rosso (seconda parte)] La Storia siamo noi
* {{cita web | url = http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/da-caprera-a-caprera/996/default.aspx | titolo = La Storia siamo noi - Da Caprera a Caprera, l'isola di Garibaldi | accesso = 22 ottobre 2012 | urlarchivio = https://web.archive.org/web/20170224215048/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/da-caprera-a-caprera/996/default.aspx | urlmorto = sì}}
* {{cita web|url=http://www.bridgepugliausa.it/articolo.asp?id_sez=2&id_cat=37&id_art=3544&lingua=it|titolo="Quel bronzo di Garibaldi nel Village di New York...una lunga storia.", di Tiziano Thomas Dossena, ''Bridgepugliausa.it'', 2012}}
* [https://francescopaolofrontini.blogspot.com/2011/11/come-amo-garibaldi-la-patria-di.html Come amò Garibaldi la patria], di Francesco Perez (Estratto dall'Orazione pronunziata nel Politeama di Palermo il 2 luglio 1882).
* [http://archiviostorico.corriere.it/2000/febbraio/09/VERA_STORIA_LUIGI_FERRARI_BERSAGLIERE_co_0_0002096852.shtml La storia del bersagliere Luigi Ferrari che ferì Garibaldi a una gamba], dall'archivio storico del ''Corriere della Sera''
 
;Bicentenario della nascita
* {{cita web|http://www.compendiogaribaldino.it/|Sito del comitato per il bicentenario della nascita}}
* [http://www.iltechnologies.net/garibaldi/ Garibaldi a Rosario] Sito dedicato al periodo passato da Garibaldi a Rosario (Argentina)
* {{cita web | url = http://www.ilpalindromo.it/PDF/Il%20cinema%20in%20camicia%20rossa.pdf | titolo = Garibaldi nel cinema italiano | urlmorto = sì}}
* {{cita web|http://www.carnesecchi.eu/Agostino_Carnesecchi.htm|Giuseppe Garibaldi nel basso Lazio}}
 
{{Box successione
Riga 892:
|carica = [[Gran maestro]] del [[Grande Oriente d'Italia]]
|immagine = Square compasses.svg
|periodo = 24 maggio [[1864]] – 8 agosto [[1864]]
|precedente = [[Celestino Peroglio]]
|successivo = [[Francesco De Luca (1811-1875)|Francesco De Luca]]