Oreste Baratieri: differenze tra le versioni

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Nato nella [[Contea del Tirolo]] con il cognome di '''Baratter''', decise di italianizzarlo prima in '''Barattieri''' e poi in '''Baratieri'''. Nel [[1859]] si trasferì a [[Milano]] e l'[[1860|anno successivo]] si unì ai [[Spedizione dei Mille|Mille]] di [[Giuseppe Garibaldi]], partecipando con successo alla presa di [[Capua]]. Per le imprese garibaldine ottenne il [[Grado militare|grado]] di [[capitano]] e una [[medaglia]] d'[[argento]]. Rimase affiliato alle "camicie rosse" per 6 anni, dal [[1860]] al [[1866]]. Poi divenne un comandante delle operazioni coloniali italiane in Africa, macchiatesi di crimini di guerra, aggressioni gratuite e di genocidi.
 
Il 3 gennaio [[1867]] si sposò con Lidia Ceracchini. Prese parte alla sfortunata [[battaglia di Mentana]] del 1867 contro l'[[esercito francese]] e nel [[1872]] si arruolò nel [[Regio Esercito]]<ref>Sul punto le fonti discordano: alcune lo danno nel regio esercito già 10 anni prima, come [[Angelo Del Boca]] e l'[http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=/usr/local/IsisGas/InsmliConf/Insmli.sys6.file&Obj=@Insmlie.pft&Opt=search&Field0=zzF00%20*%20cts=b Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20121114061750/http://beniculturali.ilc.cnr.it:8080/Isis/servlet/Isis?Conf=%2Fusr%2Flocal%2FIsisGas%2FInsmliConf%2FInsmli.sys6.file&Obj=%40Insmlie.pft&Opt=search&Field0=zzF00%20%2A%20cts%3Db |data=14 novembre 2012 }}, che fornisce la data del 4 maggio [[1862]]</ref>. Nel [[1874]] (o [[1875]]) partecipò alla spedizione geografica [[Orazio Antinori|Antinori]] in [[Tunisia]], per conto della [[Società Geografica Italiana]]. Fu nominato [[colonnello]] a [[Cremona]] nel [[1886]].
 
Partecipò, come colonnello dei [[bersaglieri]], alle campagne coloniali militari in [[Eritrea]] del [[1887]]-88 e nuovamente nel [[1890]] e nel [[1891]] come comandante in seconda. Eletto [[deputato]] per la [[Destra storica]] a [[Breno (Italia)|Breno]], in [[provincia di Brescia]], Baratieri ebbe confermato il suo seggio per sette legislature, dalla XIII alla XIX ([[1876]]-[[1895]]).<ref>Camera dei Deputati</ref> Nel 1891 fu comandante in capo in [[Africa]]. Il 28 febbraio [[1892]] fu designato dal re [[Umberto I d'Italia|Umberto]] [[Governatori delle colonie italiane#Eritrea|governatore]] della [[Eritrea#Periodo coloniale italiano|colonia Eritrea]] e comandante in capo del [[Regio Corpo Truppe Coloniali d'Eritrea|Regio Corpo Truppe Coloniali d'Africa]], con il grado di [[maggior generale]] e poi di generale comandante.
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Ordinatogli dal governo di [[Guerra di Abissinia|invadere l'Etiopia]], iniziò ad annettere [[Cassala]] ([[Sudan]]) il 17 luglio [[1894]], nel 1895 combatté contro i [[ras Maconnen]] e [[Ras Mangascià|Mangascià]], sconfisse il [[Ras Mangascià]] nella [[battaglia di Coatit]] il 13 gennaio 1895 e in quella di [[Senafè]], preparò l'occupazione del [[Regione di Tigrè|Tigrè]] e occupò [[Adigrat]] (in marzo), [[Axum|Aksum]] e [[Adua]].
 
A seguito dell'[[eccidio]]della di un reparto italo-eritreo di {{formatnum:1.880}} uomini, compiuto sull'[[Battaglia dell'Amba Alagi|sconfitta sull'Amba Alagi]] ildel 3 dicembre 1895, presentò le dimissioni, ma fu costretto dal primo ministro [[Francesco Crispi]], che non intendeva rinunciare alla sua politica [[colonialismo|colonialista]], a passare all'offensiva contro gli africani, nonostante essi fossero in netta superiorità numerica e logistica, a differenza di quanto ritenesse Crispi.
 
In procinto di essere esonerato dal comando e venir sostituito dal generale [[Antonio Baldissera]], Baratieri decise di cercare una battaglia risolutiva contro Menelik. L'attacco, condotto malamente, fidando su mediocri carte militari, portò rapidamente alla separazione delle varie colonne italiane, che furono quindi sorprese e distrutte, dopo una valorosa resistenza, una dopo l'altra durante la sanguinosanella [[battaglia di Adua]] del 1º marzo [[1896]], una delle disfatte più pesanti e tragiche della [[storia d'Italia]]. Baratieri diede prova, nella circostanza, di mediocri qualità militari e perse rapidamente il controllo della situazione, senza riuscire a evitare la catastrofe e scampando a sua volta a stento alla morte o alla cattura.
 
Accusato di abbandono di comando, per aver preceduto le truppe nella [[ritirata]] dopo Adua, fu ritenuto responsabile dalle autorità di [[Roma]] delle tre sconfitte italiane dell'Amba Alagi, di [[Assedio di Macallè|Macallè]] e Adua: arrestato il 21 marzo [[1897]], fu quindi sottoposto ad un umiliante processo ad [[Asmara]]; il generale sarebbe poi stato prosciolto da ogni accusa per non compromettere l'onore delle [[forze armate]], ma fu collocato a riposo e abbandonò la carriera militare.
 
Negli ultimi tempi della sua vita soggiornò ad [[Arco (Italia)|Arco]] e a [[Venezia]]; qui scrisse, come estrema autodifesa, le ''[[Memorie d'Africa]]'', nel tentativo di proclamarsi vittima del [[destino]]. In particolare, mostrando un visibile cambiamento d'opinione rispetto a quando era un capo militare nella Colonia Eritrea, nelle sue memorie tracciò un'analisi precisa del colonialismo italiano e dei metodi degli europei per sottomettere l'Africa, definiti disumani e distruttivi. Secondo l'ex generale, il destino degli africani era analogo a quello dei [[nativi d'America]] sterminati dagli europei.
 
Diresse, per diversi anni, la "''Rivista militare italiana"''. Morì improvvisamente a Vipiteno, allora nel [[Tirolo]] austro-ungarico, dove si era recato a visitare i parenti.<ref>Giovanni Trucco - [[Pietro Fedele]], Grande Dizionario Enciclopedico, [[UTET|Unione Tipografico-Editrice Torinese (UTET)]], 1934, Vol.2 p.87</ref>
 
[[Massoneria|Massone]], fu insignito del 33º e ultimo grado del [[Rito scozzese antico e accettato]]<ref>[[Giordano Gamberini]], ''Mille volti di massoni'', Roma, Ed. Erasmo, 1975, p. 164.</ref>.