Terza guerra servile: differenze tra le versioni

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== Contesto storico ==
La [[Repubblica romana]] attraversò, nel corso del [[I secolo a.C.]], un lungo periodo di crisi che la portò al definitivo crollo, e permise l'affermarsi del [[principato (storia romana)|principato]]. La situazione politica, dunque, si caratterizzò lungo tutto il corso del secolo per una costante instabilità, favorita dai continui contrasti tra la fazione dei ''[[populares]]'' e quella degli ''[[ottimati|optimates]]'': dopo la [[guerra civile tra Mario e Silla|guerra civile]] tra l<nowiki>'</nowiki>''[[homo novus]]'' [[Gaio Mario|Mario]] e l'aristocratico [[Lucio Cornelio Silla|Silla]] e la successiva [[Lucio Cornelio Silla#Dittatore a vita|dittatura sillana]], si era consolidato il predominio della fazione aristocratica, divenuta sempre più la padrona incontrastata del [[senato romano|senato]] e della politica romana.<ref>Emilio Gabba, ''Esercito e società nella tarda repubblica romana'', Firenze 1973, pp. 383 (cap. 8) e segg.; pp. 407 e segg. (cap. 9)</ref><ref>Sul rapporto tra il predominio politico della fazione aristocratico e le condizioni degli schiavi si veda [[Theodor {{cita|Mommsen]], ''Storia di Roma'', Firenze 1973, |pp. 88-94}}.</ref> Da questa situazione di conflitto si sviluppò nell'[[80 a.C.]] la rivolta del popolare [[Quinto Sertorio]]: egli radunò attorno a sé i seguaci mariani sfuggiti alle [[proscrizione|proscrizioni]] di Silla e si rifugiò in ''[[Spagna romana|Hispania]]'', dove ottenne l'alleanza dei [[Lusitani]], mai realmente sottomessi all'autorità di Roma. Contro lo Stato ribelle organizzato da Sertorio grazie al continuo afflusso di "perseguitati politici" da Roma fu inviato, nel [[76 a.C.]], [[Gneo Pompeo Magno|Gneo Pompeo]], che poté avere la meglio solo quando la confederazione guidata da Sertorio si sfaldò, nel [[72 a.C.]]<ref>{{cita|Mommsen, 1973|pp. 581 segg}}.</ref> Contemporaneamente, i Romani erano impegnati a Oriente nella [[guerre mitridatiche|terza guerra]] contro [[Mitridate VI del Ponto]], condotta dal generale [[Lucio Licinio Lucullo]]:<ref>{{cita|Mommsen, 1973|pp. 622 e segg}}.</ref> il duplice impegno militare riduceva di fatto la presenza di truppe in Italia, rendendo l'esercito inadeguato e permettendo l'iniziale successo della rivolta guidata da Spartaco.<ref>{{cita|Antonelli, 1986|pp. 96-97}}; Howard H. {{cita|Scullard, ''Storia del mondo romano'', vol. 2 ''Dalle riforme dei Gracchi alla morte di Nerone'', Milano 1992, |pp. 120-121}}; {{cita|Mommsen, 1973|pp. 656-659}}; G. {{cita|Brizzi, ''Storia di Roma. 1. Dalle origini ad Azio'', 1997|p. 348}}.</ref>
 
{{Citazione|Mancavano soldati addestrati non meno che generali sperimentati. Quinto Metello e Gneo Pompeo erano impegnati in Spagna, Marco Lucullo nella Tracia, Lucio Lucullo nell'Asia minore, e non vi erano disponibili che milizie inesperte e tutt'al più ufficiali mediocri.|[[Theodor Mommsen]], ''Storia di Roma antica'', libro V,<ref>{{cita|Mommsen 1973|pp. 657-658.}}</ref>}}
Altro stimolo alla rivolta da parte degli schiavi (rivolta peraltro generale più che regionale, al contrario della [[prima guerra servile|prima]] e della [[seconda guerra servile]]) fu certamente il successo e l'inquietudine sociale dei [[popoli italici]] (che, in precedenza, erano sempre stati considerati solo federati),<ref>André Piganiol, ''Le conquiste dei Romani'', cap. 21 ''La rivolta contro Roma. Tentativo di restaurazione del regime aristocratico. (91-71 a.C.)'', Milano 1989, pp. 385 e segg.; Antonelli, pp. 89-93; G. Brizzi, ''op. cit.'', p. 349.</ref> i quali erano riusciti ad ottenere, a prezzo di una lunga e sanguinosa "[[guerra sociale|guerra interna]]" durata ben tre anni ([[91 a.C.|91]]-[[88 a.C.]]), un'estensione dei diritti di cittadinanza.
 
Altro stimolo alla rivolta da parte degli schiavi (rivolta peraltro generale più che regionale, al contrario della [[prima guerra servile|prima]] e della [[seconda guerra servile]]) fu certamente il successo e l'inquietudine sociale dei [[popoli italici]] (che, in precedenza, erano sempre stati considerati solo federati),<ref>André {{cita|Piganiol, ''Le conquiste dei Romani'', 1989|cap. 21 ''La rivolta contro Roma. Tentativo di restaurazione del regime aristocratico. (91-71 a.C.)'', Milano 1989, pp. 385 e segg.}}; {{cita|Antonelli, 1986|pp. 89-93}}; G. {{cita|Brizzi, ''op. cit.'', 1997|p. 349}}.</ref> i quali erano riusciti ad ottenere, a prezzo di una lunga e sanguinosa "[[guerra sociale|guerra interna]]" durata ben tre anni ([[91 a.C.|91]]-[[88 a.C.]]), un'estensione dei diritti di cittadinanza.
 
=== Schiavitù nella Repubblica romana ===
{{vedi anche|Schiavitù nell'antica Roma}}
Il fenomeno della [[schiavitù]] nell'[[antica Roma]], con la conseguente disponibilità di una forza lavoro a basso costo sotto forma di schiavi, fu un elemento importante, anche se a livelli variabili nel tempo, nell'economia della [[Repubblica romana]]. Gli schiavi erano ottenuti sia tramite l'acquisto da mercanti stranieri sia attraverso la riduzione in schiavitù delle popolazioni straniere a seguito delle conquiste militari.<ref>{{cita|Smith 1890|p. 1038}}, spiega in dettaglio i mezzi civili e militari con i quali si riduceva in schiavitù un uomo.</ref> A seguito delle guerre di conquista romane del [[II secolo a.C.|II]] e del [[I secolo a.C.]], decine se non centinaia di migliaia di schiavi furono introdotti nell'economia romana da differenti zone dell'Europa e del Mediterraneo.<ref>{{cita|Smith 1890|p. 1040}}; [[Gaio Giulio Cesare|Cesare]], ii.33. Smith riporta l'acquisto di 10.000 schiavi dai pirati [[Cilicia|cilici]], mentre Cesare fornisce l'esempio della riduzione in schiavitù di 53.000 prigionieri [[Atuatuci|aduatuci]] da parte dell'[[esercito romano]].</ref> Mentre l'uso degli schiavi come servi, artigiani e valletti personali era limitato, un numero enorme era, invece, impiegato nelle miniere e nelle colture agricole della [[Sicilia (provincia romana)|Sicilia]] e dell'Italia meridionale. Solo una minima parte era quella costituita dagli schiavi provenienti per lo più dalla Grecia o da colonie greche in Italia che riuscivano, grazie alla loro cultura, a raggiungere una posizione sociale abbastanza elevata o a evitare, comunque, una posizione di completa sottomissione.<ref>{{cita|Smith 1890|p. 1039}}; Tito Livio, vi.12.</ref>
 
Agli schiavi era perlopiù riservato, durante il periodo repubblicano, un trattamento particolarmente duro: secondo la legge, uno schiavo non era una persona, ma una proprietà privata della quale il padrone poteva abusare, che poteva danneggiare o uccidere senza conseguenze legali.<ref>[[Marco Terenzio Varrone]] nei suoi ''Rerum rusticarum libri III'' (i.17.1) propone una visione secondo cui gli schiavi dovevano essere classificati come ''strumenti parlanti'', distinti dagli ''strumenti semiparlanti'', gli animali, e gli ''strumenti non parlanti'', ovvero gli attrezzi agricoli veri e propri.</ref> L'uccisione di uno schiavo era, tuttavia, un evento abbastanza raro, in quanto si concretizzava nell'eliminazione di forza lavoro produttiva. Esistevano diversi livelli nella condizione di schiavo: la peggiore e più diffusa era quella dei lavoratori nei campi e nelle miniere, soggetti ad una vita di lavoro duro.<ref>{{cita|Smith 1890|pp. 1022-39}}, dove è presentata la complessa legislazione romana sugli schiavi.</ref>
 
L'elevata concentrazione e il trattamento oppressivo della popolazione degli schiavi portò allo scoppio di varie ribellioni. Nel [[135 a.C.]] e nel [[104 a.C.]], scoppiarono rispettivamente la [[prima guerra servile|prima]] e la [[seconda guerra servile]] in [[Sicilia (provincia romana)|Sicilia]], durante le quali piccole bande di ribelli trovarono decine di migliaia di seguaci che volevano sfuggire alla vita opprimente dello schiavo romano. Sebbene fossero considerate gravi sommosse civili e necessitassero di anni di interventi militari diretti per essere sedate, non furono ritenute delle vere minacce per la Repubblica: si trattava infatti di sommosse provinciali, non ben organizzate, che non minacciarono mai la penisola italiana né tanto meno la città di [[Roma]] direttamente. Tutto ciò cambiò in occasione della terza guerra servile.
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=== Fasi iniziali (73 a.C.) ===
==== Rivolta di Capua ====
[[File:Borghese gladiator 1 mosaic dn r2 c2.jpg|thumb|left|Il ''Mosaico del gladiatore'', alla [[Galleria Borghese]].]]
 
Nella [[Repubblica romana]] del [[I secolo a.C.]], i giochi [[gladiatore|gladiatorii]] erano una delle forme di intrattenimento più popolari. Allo scopo di garantire un numero sufficiente di combattenti per queste competizioni, furono costruite in tutta [[Italia romana|Italia]] diverse scuole per gladiatori, dette ''ludi''.<ref>{{cita|Smith 1890|p. 574}}.</ref> In queste scuole, i prigionieri di guerra e i criminali condannati (considerati degli schiavi) ricevevano un addestramento al termine del quale erano pronti al combattimento nell'[[Arena (architettura)|arena]].<ref>{{cita|Mommsen, ''The History of Rome'', 2004|pp. 3233–3238}}.</ref>
 
Nel [[73 a.C.]], un gruppo di circa duecento gladiatori del ''ludus'' di [[Capua antica|Capua]], appartenente a Gneo Cornelio [[Lentulo Batiato]], progettò una fuga; quando il loro piano fu scoperto, settanta di loro si impossessarono di attrezzi da cucina, e con questi si aprirono le porte della scuola, appropriandosi in seguito di diversi carri contenenti armi e armature per gladiatori.<ref>Plutarco, ''Crasso'', [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/Plutarch/Lives/Crassus*.html#8 8:1–2], che riporta 78 fuggitivi; Appiano, i.116, che conferma la cifra in "circa settanta"; Tito Livio, ''Periochae'', [http://www.livius.org/li-ln/livy/periochae/periochae091.html#95 95:2], che riporta 74 fuggitivi; Floro, ''Epitome'', [[Wikisource:Epitome of Roman History/Book 2#8|2.8]], dove la stima è i "trenta o forse più uomini".</ref>
 
Una volta liberi, i gladiatori fuggiaschi elessero tra loro dei capi, due schiavi [[Gallia|gallici]], [[Crixus]] ed [[Enomao (schiavo)|Enomao]], e [[Spartaco]], che pare fosse un [[Truppe ausiliarie dell'esercito romano|ausiliario]] [[tracia|tracio]] dell'[[esercito romano]] poi ridotto in schiavitù o forse un prigioniero di guerra.<ref name=appiano1_116>Appiano, i.116</ref><ref>Plutarco, ''Crasso'', viii.2.</ref> La nazionalità di Spartaco è dubbia, in quanto un ''[[Thraex]]'' era una tipologia di gladiatore, e dunque il titolo "Tracio" potrebbe derivare dallo stile al quale era addestrato per i giochi gladiatorii.<ref>{{cita|Smith 1890|p. 576}}.</ref>
 
Gli schiavi fuggiaschi furono capaci di sconfiggere un piccolo contingente di truppe inviato da Capua, e si impadronirono dell'equipaggiamento militare sottratto ai nemici aggiungendolo alle loro armi da gladiatore.<ref>Plutarco, ''Crasso'', ix.1.</ref> Le fonti si contraddicono riguardo ai fatti immediatamente successivi alla fuga, ma in generale concordano nel dire che i gladiatori fuggitivi saccheggiarono la zona intorno a Capua, arruolando altri schiavi tra le loro file, e si asserragliarono poi in una posizione più difendibile sul [[Vesuvio]].<ref name=appiano1_116 /><ref>Floro, ii.8. Floro e Appiano affermano che gli schiavi si ritirarono sul Vesuvio, mentre Plutarco, nel racconto dell'assedio dell'accampamento degli schiavi da parte di Glabro, parla di una collina.</ref>
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A conclusione del primo anno di guerra [[Theodor Mommsen]] scrive:
{{Citazione|''Queste schiere di schiavi, armate da poco, erano diventate lo spavento delle legioni. La serie di sconfitte ricordava i primi anni della guerra di [[Annibale]]. Non possiamo sapere cosa sarebbe successo se alla testa delle vittoriose schiere invece degli schiavi gladiatori, ci fossero stati i re dell'Alvernia o dei Balcani.''|Theodor Mommsen, ''Storia di Roma antica'', ed. orig. 1854-1856, trad. it., Firenze<ref>{{cita|Mommsen 1973, Vol. 5/1, |p. 656}}.</ref>}}
 
==== Organizzazione della rivolta ====
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Secondo [[Appiano di Alessandria|Appiano]], la [[battaglia del Gargano]] tra le forze di [[Lucio Gellio Publicola|Gellio]] e quelle di [[Crixus]] fu l'inizio di una serie di complesse manovre militari che portarono quasi all'assalto diretto su [[Roma]] da parte degli uomini di [[Spartaco]].
 
Dopo la sua vittoria su Crixus, Gellio si mosse verso nord, inseguendo il gruppo principale degli schiavi al comando di [[Spartaco]], che si stava dirigendo verso la [[Gallia Cisalpina]]; l'[[esercito romano|esercito]] di [[Gneo Cornelio Lentulo Clodiano|Lentulo]] si dispose in modo tale da sbarrare il passo a Spartaco, e i due consoli contavano così di intrappolare tra i loro eserciti gli schiavi ribelli. L'esercito di Spartaco incappò in quello di Lentulo e lo sconfisse; poi, capovolto il fronte di battaglia, annientò anche l'esercito di Gellio, costringendo le legioni romane alla rotta.<ref name=appiano1_117 /> Appiano afferma che Spartaco, per vendicare la morte di Crixus, mise a morte 300 soldati romani catturati, costringendoli a combattersi l'un l'altro fino alla morte, come succedeva ai gladiatori.<ref name=appiano1_117 /><ref>Floro, ii.8; {{cita|Bradley, 1989|p. 121}}; {{cita|Smith 1890|p. 574}}. Smith riporta che le competizioni di gladiatori all'interno di taluni funerali nella [[Repubblica romana]] erano considerati un grande onore; questo in accordo col passaggio di Floro che afferma «celebrò anche le esequie dei suoi ufficiali caduti in battaglia con funerali come quelli dei generali romani, e ordinò ai prigionieri di combattere presso le loro pire».</ref> Dopo questa vittoria, Spartaco si mosse verso nord con i suoi uomini (circa 120.000) alla massima velocità possibile, «avendo bruciato tutto l'equipaggiamento inutile, ucciso tutti i suoi prigionieri e macellato tutti i suoi animali da soma per rendere più rapida la sua marcia».<ref name=appiano1_117 />
 
Gli eserciti consolari sconfitti si ritirarono a [[Roma]] per riorganizzarsi, mentre i seguaci di Spartaco puntavano a settentrione; i consoli ingaggiarono nuovamente battaglia con i ribelli da qualche parte nella regione del [[Regio V Picenum|Picenum]], e furono nuovamente sconfitti.<ref name=appiano1_117 />
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Secondo lo storico greco di [[Cheronea]], dopo la battaglia tra le legioni di [[Lucio Gellio Publicola|Gellio]] e gli uomini di [[Crixus]] (che Plutarco descrive come "Germani")<ref name="plutc_9_7">Plutarco, ''Crasso'', ix.7.</ref> vicino al [[monte Gargano]], gli uomini di [[Spartaco]] ingaggiarono un combattimento con la legione comandata da [[Gneo Cornelio Lentulo Clodiano|Lentulo]], la sconfissero, e le sottrassero l'equipaggiamento e i viveri, per spingersi direttamente in Italia settentrionale. Dopo questa sconfitta, entrambi i [[console (storia romana)|consoli]] furono esautorati dal comando dei loro eserciti dal [[Senato romano]] e richiamati a [[Roma]].<ref name="plutc_10_1">Plutarco, ''Crasso'', x.1.</ref> Plutarco non accenna per nulla allo scontro tra Spartaco e la legione di Gellio, né riporta della battaglia tra gli schiavi ribelli ed entrambi gli eserciti consolari nel [[Regio V Picenum|Picenum]].<ref name="plutc_9_7" />
 
Successivamente Plutarco si dilunga nel descrivere, con dovizia di dettagli, uno scontro non menzionato da Appiano: l'esercito di Spartaco continuò ad avanzare verso nord nella regione intorno a ''Mutina'' ([[Modena]]), e lì un esercito romano di 10.000 uomini, guidato dal governatore della [[Gallia Cisalpina]], [[Gaio Cassio Longino (console 73 a.C.)|Gaio Cassio Longino]], tentò di sbarrare il passo alla sua avanzata, ma fu anche questo sconfitto.<ref name="plutc_9_7" /><ref>{{cita|Bradley, 1989|p. 96}}; Tito Livio, xcvi.6. Bradley identifica Gaio Cassio Longino con il governatore della Gallia Cisalpina dell'epoca; anche Livio parla di un Gaio Cassio, e menziona un suo collega (o sottoposto), Gneo Manlio.</ref>
 
Plutarco non menziona altri eventi fino al primo scontro tra [[Marco Licinio Crasso]] e Spartaco, nella primavera del [[71 a.C.]], tralasciando la progettata marcia su [[Roma]] e la ritirata su [[Thurii]] descritta da Appiano.<ref name="plutc_10_1"/> Comunque, dal fatto che Plutarco descrive Crasso che obbliga gli uomini di Spartaco a ritirarsi dal Picenum verso sud, si può inferire che gli schiavi ribelli si avvicinarono al Picenum da meridione agli inizi del 71 a.C., e che, di conseguenza, si ritirarono da Mutina in Italia centrale o meridionale nell'inverno 72/71 a.C.
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Il [[Senato romano]], estremamente allarmato dall'apparente invincibilità della ribellione in Italia, conferì il compito di sedarla a [[Marco Licinio Crasso]].<ref name="plutc_10_1" /> Crasso non era estraneo né alla politica né all'esercito romano: era infatti stato un sottoposto di [[Lucio Cornelio Silla]] durante la seconda guerra tra questi e [[Gaio Mario]], combattuta nell'[[82 a.C.]], e aveva continuato a servire sotto Silla durante la sua [[dittatore romano|dittatura]].<ref>Plutarco, ''Crasso'', vi; Appiano, 1.76–104. Plutarco fa un breve riassunto del coinvolgimento di Crasso nella guerra tra Mario e Silla, e in vi.6–7 presenta un esempio delle capacità del generale come abile comandante; Appiano espone più dettagliatamente le vicende dell'intera guerra tra Mario e Silla e della successiva dittatura, raccontando le gesta compiute da Crasso in quel periodo.</ref>
 
Crasso ricevette la [[pretore (storia romana)|pretura]] e sei nuove [[legioni romane|legioni]], oltre alle due legioni consolari di [[Lucio Gellio Publicola|Gellio]] e [[Gneo Cornelio Lentulo Clodiano|Lentulo]], per un totale di 40.000/50.000 uomini ben addestrati e pronti ad affrontare l'esercito dei ribelli.<ref>Appiano, i.118; {{SmithDGRAcita|articolo=ExercitusSmith 1890|url=http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.04.0063%3Aalphabetic%20letter%3DE%3Aentry%3Dexercitus-cn&force=y}}, p. 494}}; Appiano riporta il numero di legioni, mentre Smith fornisce una stima delle dimensioni di una legione durante tutta l'epoca romana, affermando che le legioni della tarda repubblica avevano da 5000 a 6200 uomini ciascuna.</ref> Crasso impose una ferrea e talvolta brutale disciplina ai suoi uomini, adoperando anche il metodo della [[decimazione]] di un'unità. [[Appiano di Alessandria|Appiano]] non racconta con sicurezza se Crasso decimò le due legioni consolari, per punirle della loro codardia, quando assunse l'''[[imperium]]'' o se, invece, sottopose alle decimazione tutto l'esercito a seguito di una sconfitta successiva (in tal caso avrebbe messo a morte fino a 4.000 legionari).<ref name=appiano1_118>Appiano, i.118</ref> [[Plutarco]] riporta solo la decimazione di cinquanta uomini di una [[coorte]] come punizione della sconfitta del suo legato Mummio nel primo scontro con Spartaco.<ref name="plutarco_10_1-3">Plutarco, ''Crasso'', x.1-3.</ref> Con queste azioni, Crasso dimostrò alle legioni che «egli era per loro molto più pericoloso del nemico», e spinse dunque i propri uomini a cercare ad ogni costo la vittoria piuttosto che incorrere nel rischio di deludere il proprio comandante.<ref name=appiano1_118 />
 
==== Crasso contro Spartaco ====
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''"... Il senato vi mandò Crasso colle legioni de' consoli, e anche altri assai nuovi cavalieri.''
 
''Questi, incontanente che co' fuggitivi incominciò la battaglia, sei migliaia di loro ne tagliò, e novecento ne prese. E poscia in prima che andasse contro Ispartaco, il quale era coll'oste a Capo del fiume Silaro''<ref>E'È da intendere presumibilmente come Foce del fiume Sele e non l'odierno Capo di fiume in Capaccio (SA) che risale quasi certamente a posteriori.</ref>'', i Galli e Germani vinse, i quali grandissimo aiuto gli davano; de' quali trenta migliaia d'uomini co' loro dogi uccise.''
 
''E al da sezzo vinse Ispartaco combattuto con lui con ordinata battaglia, e abbiende seco grandissima moltitudine di fuggitivi; nella quale battaglia sessanta migliaia de' uomini uccise, e sei migliaia ne prese, secondochè si dice; e tremila cittadini di Roma a comandamento ricevette.''
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Le fonti sono discordi sul fatto che [[Marco Licinio Crasso|Crasso]] abbia richiesto rinforzi o che il [[Senato romano]] abbia approfittato del ritorno di Pompeo in Italia, ma al generale in arrivo fu detto di non passare da [[Roma]] e di raggiungere direttamente l'Italia meridionale e portare aiuto a Crasso.<ref>Si confronti Plutarco, ''Crasso'', xi.2 con Appiano, i.119.</ref> Il Senato inviò allora altri rinforzi al comando di un certo "Lucullo", che [[Appiano di Alessandria|Appiano]] confonde col generale [[Lucio Licinio Lucullo]], impegnato all'epoca nella [[terza guerra mitridatica]], ma che in realtà sarebbe stato il [[proconsole]] di [[Macedonia (provincia romana)|Macedonia]], [[Marco Terenzio Varrone Lucullo]], fratello del precedente. Con le legioni di Pompeo che scendevano da nord e quelle di Lucullo sbarcate a [[Brundisium]], Crasso si rese conto che se non avesse posto immediatamente fine alla rivolta, il merito di aver vinto la guerra sarebbe andato al generale che fosse arrivato con i rinforzi, e decise così di spronare le proprie truppe a concludere in fretta le ostilità.<ref name="appiano1_120">Appiano, i.120.</ref><ref name="plutarco_11_2">Plutarco, ''Crasso'', xi.2.</ref>
 
Avvisato dell'arrivo di Pompeo, Spartaco tentò di negoziare con Crasso la fine della guerra prima dell'arrivo dei rinforzi romani;<ref name="appiano1_120" /> fallite le trattative, una parte delle forze ribelli ruppe l'accerchiamento e fuggì verso le montagne a ovest di [[Petelia]] (moderna [[Strongoli]]) in [[Bruttium]], con le legioni di Crasso all'inseguimento.<ref name="appiano1_120" /><ref name="plutarco_10_6">Plutarco, ''Crasso'', x.6.</ref><ref>Non si fa menzione della sorte delle truppe che non ruppero l'accerchiamento, anche se si potrebbe trattare degli uomini agli ordini di Gannico e Casto menzionati in seguito.</ref> Le legioni riuscirono a catturare una parte dei ribelli, agli ordini di Gannico e Casto, che si erano separati dal grosso dell'esercito, uccidendone 12.300;<ref>Plutarco, ''Crasso'', xi.3; Tito Livio, xcvii.1. Plutarco riporta la stima di 12.300 ribelli uccisi, Livio afferma fossero 35.000.</ref> la vittoria romana era venuta a caro prezzo, in quanto una parte degli schiavi in fuga erano tornati indietro ad ingaggiare battaglia con le forze romane comandate dall'ufficiale di cavalleria Lucio Quinzio e dal [[questore (storia romana)|questore]] Gneo Tremellio Scrofa, mettendole in rotta.<ref>{{cita|Bradley, 1989|p. 97}}; Plutarco, ''Crasso'', xi.4.</ref> I ribelli, tuttavia, non costituivano un esercito professionale, e avevano raggiunto il loro limite. Non disposti a continuare la loro fuga, gruppi di uomini si staccavano dal grosso dell'esercito e attaccavano in maniera indipendente e non coordinata le legioni di Crasso che avanzavano.<ref name="plutarco_10_5">Plutarco, ''Crasso'', x.5.</ref> A causa dell'indebolimento della disciplina delle sue forze, Spartaco decise di voltarsi ad affrontare il nemico a piene forze: nell'ultimo scontro, gli schiavi ribelli furono definitivamente sconfitti, e la gran parte di loro rimase uccisa sul campo di battaglia.<ref name="appiano1_120" /><ref>Plutarco, ''Crasso'', xi.6–7</ref><ref>Tito Livio, xcvii.1. Livio afferma che 60.000 schiavi ribelli morirono della battaglia finale.</ref> La sorte di Spartaco non è nota, in quanto il suo corpo non fu mai ritrovato, ma gli storici affermano che morì in battaglia insieme ai suoi uomini, e forse fu occultato per non creare un mito, come si fa a volte con dei personaggi importanti, ma fortemente contrastati da un regime.<ref name="floro_2_8" /><ref name=":0" /><ref name="appiano1_120" /><ref>Plutarco (''Crasso'', xi.9-10) afferma che Spartaco prima della battaglia uccise il suo cavallo, dicendo che se fosse stato sconfitto non ne avrebbe più avuto bisogno, mentre, se avesse vinto, avrebbe potuto averne molti. Poi si lanciò nel mezzo delle schiere nemiche, con l'intenzione di uccidere Crasso; non vi riuscì, e, dopo aver ucciso due centurioni, cadde trafitto dai colpi dei nemici.</ref>
 
== Conseguenze ==
[[File:Spartacus II.JPG|thumb|Morte di Spartaco.]]
 
La ribellione fu letteralmente annientata da [[Marco Licinio Crasso|Crasso]]; le forze di [[Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] non ingaggiarono mai direttamente il nemico, ma le sue legioni, scendendo da nord, furono in grado di catturare 5.000 ribelli che fuggivano dalla battaglia e che il generale romano «uccise tutti».<ref>{{cita|Matyszak, ''The Enemies of Rome'', 2004|p. 133}}; Plutarco, ''Pompeo'', xxi.2, ''Crasso'', xi.7.</ref> Per questo motivo Pompeo inviò un messaggio al [[Senato romano]], in cui diceva che sebbene fosse stato senza dubbio Crasso a sconfiggere gli schiavi in battaglia, lui aveva "estirpato la guerra fino alle radici"<ref>Plutarco, ''Vita di Pompeo'', 21.</ref>, reclamando in questo modo gran parte del merito, e ottenendo l'ostilità di Crasso. La guerra causò, dunque, la rottura dei rapporti personali tra i due generali: a Pompeo fu infatti concesso il [[trionfo]] per la vittoria su Sertorio e sugli schiavi fuggiaschi, mentre Crasso poté ottenere soltanto l'[[ovazione]].<ref>Plutarco, ''Crasso'', xi.11.</ref> I due si riappacificarono soltanto dopo un decennio, quando costituirono assieme a [[Gaio Giulio Cesare]] il [[primo triumvirato]].
 
Sebbene la gran parte degli schiavi fosse morta in battaglia, circa 6.000 sopravvissuti erano stati catturati da Crasso, che li mise tutti a morte mediante [[crocifissione]] sulla strada tra Capua e [[Roma]].<ref name="appiano1_120" />
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Pompeo e Crasso seppero cogliere appieno i frutti politici della loro vittoria sui ribelli; entrambi tornarono a [[Roma]] con le loro legioni, rifiutandosi di scioglierle e accampandosi appena fuori dalle mura della città.<ref name=appiano1_116 /> I due generali si candidarono al [[console (storia romana)|consolato]] per l'anno [[70 a.C.]], anche se Pompeo non era eleggibile a causa della sua giovane età e del fatto che non aveva ancora servito come [[pretore (storia romana)|pretore]] o [[questore (storia romana)|questore]], come richiedeva, invece, il ''[[cursus honorum]]''.<ref name="appiano1_121">Appiano, i.121.</ref> Cionondimeno, entrambi furono eletti,<ref name="appiano1_121" /><ref>Plutarco, ''Crasso'', xii.2.</ref> anche a causa della minaccia implicita rappresentata dalle legioni in armi accampate fuori dalla città.<ref name="appiano1_121" />
 
Gli effetti della terza guerra servile sull'atteggiamento dei Romani verso la schiavitù e sulle relative istituzioni sono più difficili da determinare. Certamente la rivolta aveva scosso il popolo romano, che «a causa della grande paura sembrò iniziare a trattare i propri schiavi meno duramente di prima».<ref>{{cita|Davis, ''Readings in Ancient History'', 1912–1913|p. 90}}.</ref> I ricchi possessori di ''[[latifondo|latifundia]]'' iniziarono a ridurre il numero di schiavi impiegati nell'agricoltura, scegliendo di impiegare come [[mezzadria|mezzadri]] alcuni degli ex-piccoli proprietari terrieri spossessati.<ref>Smitha, Frank E. (2006). ''[http://www.fsmitha.com/h1/ch18.htm From a Republic to Emperor Augustus: Spartacus and Declining Slavery]''. Visitato il 2006-09-23.</ref> Più tardi, terminate la [[conquista della Gallia]] ad opera di [[Gaio Giulio Cesare]] nel [[52 a.C.]] e le altre grandi conquiste territoriali operate dai Romani fino al periodo del regno di [[Traiano]] (98-117), si interruppero le guerre di conquista contro nemici esterni, e con esse cessò l'arrivo in massa di schiavi catturati come prigionieri. Si incrementò, al contrario, l'impiego di lavoratori liberi in campo agricolo.
 
Anche la condizione legale e i diritti degli schiavi romani iniziarono a mutare. Più tardi, durante il regno dell'imperatore [[Claudio]] (41-54), fu promulgata una costituzione che considerava omicidio e puniva l'assassinio di uno schiavo anziano o ammalato, e che dava la libertà agli schiavi abbandonati dai loro padroni.<ref>[[Svetonio]], ''Vita di Claudio'', xxv.2.</ref> Durante il regno di [[Antonino Pio]] (138-161), i diritti degli schiavi furono ulteriormente allargati, e i padroni furono ritenuti direttamente responsabili dell'uccisione dei loro schiavi, mentre gli schiavi che dimostravano di essere stati maltrattati potevano forzare legalmente la propria vendita; fu contemporaneamente istituita un'autorità teoricamente indipendente cui gli schiavi si potevano appellare.<ref>[[Gaio]], ''Institutionum commentarius'', i.52, per i cambiamenti del diritto di un padrone di trattare a proprio piacimento gli schiavi; Seneca, ''De Beneficiis'', iii.22, per l'istituzione del diritto di uno schiavo ad essere trattato bene e per la creazione dell'"[[ombudsman]] degli schiavi".</ref> Sebbene questi cambiamenti legali abbiano avuto luogo molto tempo dopo la rivolta di Spartaco per poterne essere considerati le dirette conseguenze, sono nondimeno la traduzione in legge dei cambiamenti dell'atteggiamento dei Romani nei confronti degli schiavi evolutosi per decenni.
 
== Nella cultura di massa ==
=== Cinema e televisione ===
* ''[[Spartaco (film 1913)|Spartaco]]'' ([[1913]]), di [[Giovanni Enrico Vidali]].
* ''[[Spartaco (film 1953)|Spartaco]]'' ([[1953]]), di [[Riccardo Freda]].
* ''[[Spartacus]]'' ([[1960]]), di [[Stanley Kubrick]].
* ''[[Spartacus (film 2004)|Spartacus]]'' ([[2004]]), di [[Robert Dornhelm]].
* ''[[Spartacus (serie televisiva)|Spartacus]]'' ([[2010]]), serie TV.
 
== Note ==
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;Fonti secondarie
* {{cita libro | cognome=Antonelli | nome=Giuseppe | titolo=Crasso, il banchiere di Roma | editore=Newton & Compton| città=Roma | anno=1986 | isbn=88-8183-103-1 |cid=Antonelli 1986}}
* {{cita libro | cognome=Bradley | nome=Keith | titolo=Slavery and Rebellion in the Roman World | url=https://archive.org/details/slaveryrebellion00brad | editore=Indiana University Press | città=Bloomington | anno=1989 | isbn=0-7134-6561-1 | lingua=inglese |cid=Bradley 1989}}
* {{cita libro | cognome=Brizzi | nome=Giovanni | wkautore=Giovanni Brizzi | titolo=Storia di Roma.|volume=|volume 1. - Dalle origini ad Azio | editore=Pàtron |città=Bologna | anno=1997 | isbn=88-555-2419-4 |cid=Brizzi 1997}}
* {{cita libro | cognome=Broughton | nome=T. Robert S. | titolo=Magistrates of the Roman Republic | editore=Case Western University Press | città=Cleveland | anno=1968 | lingua=inglese }} Volume II.
* {{cita libro | cognome=Davis (ed.) | nomecuratore=William Stearns Davis | titolo=Readings in Ancient History|volume=Volume II: Illustrative''Rome Extracts fromand the Sources West''| editore=Allyn and Bacon | città=Boston | anno=1912–131912–1913 | lingua=inglese |cid=Davis 1912–1913}} Volume II: ''Rome and the West''.
* {{cita libro|cognome=Giardina|nome=Andrea|wkautore=Andrea Giardina|titolo=L'uomo romano|editore=Laterza|anno=1993|città=Roma-Bari|isbn=978-88-420-4352-2}}
* {{cita libro | cognome=Leach | nome=John | titolo=Pompeo, il rivale di Cesare | editore=Rizzoli | città=Milano | anno=1983 | isbn=88-17-36361-8 }}
* {{cita libro | cognome=Matyszak | nome=Philip | titolo=The enemiesEnemies of Rome | editore=Thames & Hudson | città= London| anno=2004 | isbn=0-500-25124-X | lingua=inglese |cid=Matyszak 2004}}
* {{Cita libro|autore=Theodor Mommsen|wkautore=Theodor Mommsen|titolo=Storia di Roma antica |anno=1973|editore=Sansoni|città=Firenze|cid=Mommsen 1973}}
* {{cita libro | cognome=Mommsen | nome=Theodor | titolo=The History of Rome | editore=Project Gutenberg | città= | anno=2004 | lingua=inglese | isbn=0-415-14953-3 |cid=Mommsen 2004}} Volumi I-V
* {{cita libro | cognome=Piganiol | nome=André | titolo=Le conquiste dei Romani | editore=Il Saggiatore | città=Milano | anno=1989 | isbn=88-04-32321-3 |cid=Piganiol 1989}}
* {{cita libro | cognome=Scullard | nome=Howard H. | titolo=Storia del mondo romano |volume=volume 2 - ''Dalle riforme dei Gracchi alla morte di Nerone''| editore=Rizzoli | città=Milano | anno=1992 | isbn=88-17-11575-4 |cid=Scullard 1992}} Volume II.
* {{SmithDGRA|articolo=Servus|url=http://www.perseus.tufts.edu/hopper/text?doc=S.servus-cn&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.04.0063|cid=Smith 1890}}
* {{cita libro | cognome=Strachan-Davidson (ed.) | nomecuratore=James L. Strachan-Davidson | titolo=Appian, Civil Wars: Book I | editore=Oxford University Press | città=Oxford | anno=1902 | lingua=inglese }}
 
== Filmografia ==
* ''[[Spartaco (film 1913)|Spartaco]]'' ([[1913]]), di [[Giovanni Enrico Vidali]].
* ''[[Spartaco (film 1953)|Spartaco]]'' ([[1953]]), di [[Riccardo Freda]].
* ''[[Spartacus]]'' ([[1960]]), di [[Stanley Kubrick]].
* ''[[Spartacus (film 2004)|Spartacus]]'' ([[2004]]), di [[Robert Dornhelm]].
* ''[[Spartacus (serie televisiva)|Spartacus]]'' ([[2010]]), serie TV.
 
== Voci correlate ==
{{div col}}
* [[Esercito romano]]
* [[Guerre servili]]
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=== Condottieri ribelli ===
* [[CrixusCrixo]]
* [[Enomao (schiavo)]]
* [[Spartaco]]
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* [[Marco Terenzio Varrone Lucullo]]
* [[Publio Varinio]]
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== Altri progetti ==