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=== La spedizione a Zara ===
[[File:D'Annunzio e l'ammiraglio Millo a bordo dell'Indomito.jpg|thumb|D'Annunzio e l'ammiraglio [[Enrico Millo]] a bordo dell'Indomito]]
Mentre ancora duravano gli incontri con Badoglio, D'Annunzio il 14 novembre prese l'iniziativa di recarsi a [[Zara]]. Infatti il 14 novembre si imbarcò sulla nave Nullo insieme a [[Guido Keller]], [[Ernesto Cabruna]], [[Giovanni Giuriati]], [[Giovanni Host-Venturi]] e [[Luigi Rizzo]]. A Zara venne benevolmente accolto dall'ammiraglio [[Enrico Millo]], divenuto governatore di quei territori occupati, che davanti al Vate prese solennemente l'impegno di non abbandonare la [[Dalmazia]] finché questa non fosse stata ufficialmente annessa all'Italia.
 
Dopo le [[Elezioni politiche italiane del 1919]] tenutesi il 16 novembre [[Francesco Saverio Nitti]] fu riconfermato al governo ([[Governo Nitti II]]).
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=== Il gabinetto De Ambris ===
{{Senza fonte|In quei giorni, anche a causa di un cambio di rotta in senso rivoluzionario e popolare impresso dallo stesso De Ambris, si iniziarono a temere in Italia ipotesi di svolte in senso repubblicano e addirittura il timore di un tentativo di [[colpo di statoStato]].}}
 
[[Filippo Turati]] (deputato del [[Partito Socialista Italiano]]) in quei giorni scrisse:
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=== Il trattato di Rapallo ===
{{vedi anche|Trattato di Rapallo (1920)}}Poche settimane dopo, il 12 novembre [[1920]], Italia e Jugoslavia firmarono il [[Trattato di Rapallo (1920)|Trattato di Rapallo]], in cui si impegnarono a rispettare l'indipendenza dello Stato libero di Fiume. Tutti i partiti politici italiani accolsero favorevolmente l'accordo stipulato. Anche Mussolini e De Ambris considerarono positivo il nuovo Trattato.<ref>Giordano Bruno Guerri, ''D'Annunzio'', Oscar Mondadori, Milano 2008 pag. 257: "Gli stessi De Ambris e Mussolini giudicarono con favore il trattato, come i fiumani e l'opinione pubblica italiana, tutti stanchi di quell'avventura".</ref> Mussolini lo difese inoltre sul [[Popolo d'Italia]], cercando di convincere la propria base.
 
Pochi giorni dopo il generale Caviglia comunicò a D'Annunzio i dettagli del trattato di Rapallo. De Ambris avvertì lo scrittore che la popolazione e gli alleati in Italia erano disposti ad accettarlo.
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{{citazione|Io rassegno nelle mani del Podestà e del Popolo di Fiume i poteri che mi furono conferiti il 12 settembre 1919 e quelli che il 9 settembre 1920 furono conferiti a me e al Collegio dei Rettori adunati in Governo Provvisorio. Io lascio il Popolo di Fiume arbitro unico della propria sorte, nella sua piena coscienza e nella sua piena volontà... Attendo che il popolo di Fiume mi chieda di uscire dalla città, dove non venni se non per la sua salute. Ne uscirò per la sua salute. E gli lascerò in custodia i miei morti, il mio dolore, la mia vittoria.|Dalla lettera scritta da D'Annunzio in cui rassegnava le dimissioni al generale Ferrario}}
 
Il 31 dicembre [[1920]], d'Annunzio firmò la resa che portò alla costituzione dello "[[Stato libero di Fiume]]". Della delegazione di ufficiali incaricati di trattare la resa del “Vate” faceva parte anche l’ardito [[Pietro Micheletti]], fedelissimo del Gen. Caviglia e reduce della [[prima guerra mondiale]].<ref>[https://www.romagnauno.it/rimini/a-maciano-di-pennabilli-saranno-intitolate-due-piazze-e-un-viale-a-tre-illustri-personalita-del-luogo/?fbclid=IwAR1OBI_6aKIMLvAPqJ4gPmK5qvYCMmRMQazfhv8Ge223I9eE1AWiBQ0NrvA>]</ref> Nel gennaio [[1921]] i legionari cominciarono a lasciare la città su vagoni ferroviari predisposti dall'esercito. D'Annunzio partì il 18 gennaio, trasferendosi a [[Venezia]].
 
In Italia, la legislatura a causa delle reazioni nel Paese si chiuse anticipatamente e le elezioni politiche si tennero nel maggio [[1921]], dopo le quali il governo di Giolitti fu sfiduciato dalla [[Camera dei deputati del Regno d'Italia|Camera dei Deputati]] e si formò un nuovo esecutivo guidato da [[Ivanoe Bonomi]].