Molochio: differenze tra le versioni

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Il consumismo ha contribuito alla scomparsa di tante occupazioni, con grave perdita della collettività: ''sartu, barberi, cazunaru, scarparu, ferraru, mattunaru, marmista, mulinaru, sellaru, bandiaturi, cofanaru, carbunaru…''
 
In Contrada Vitrèto, nelle vicinanze del torrente Barvi, versa in stato di abbandono un antico mulino ad acqua “a caduta”: il Molino di Campanella ( forse ancor oggi soprannominato, in dialetto locale, ''’A machina du’ Duca'' ). Ha funzionato sino al Primo ‘900. Nei pressi vi sono resti di frantoi oleari, o ''trappíti'', spinti dalla forza dell’acqua. L’acquedotto si dipartiva dal fianco della montagna soprastante (Trepitò). Mentre il primo frantoio ha il nome patronimico, il secondo ha un appellativo avicolo: ''du’ Cuccu'', “del Cuculo”, e i suoi ultimi proprietari furono i Longo. Stupefacente doveva essere il funzionamento dell’antica segheria (''Serra'') di Palata, di cui purtroppo non è rimasto nulla: fu l’arrivo dell’elettricità a provocarne il declino e poi la fine. Esiste ancora, però, un telaio meccanico, forse ancora efficiente.<ref>{{Cita libro|titolo=(it) G. Beniamino Mustica, I Paesi del Marro all'alba del mondo moderno, Polistena (RC), La Brutia Editrice, p. 66, 93}}</ref>
 
Infatti, fino alla prima metà dell’800, l’allevamento del baco da seta godé un grande sviluppo: le colture spontanee del gelso bianco e moro sono tuttora presenti nei boschi. Si narra che le operaie cantassero dei versi poetici che si rifacevano alle leggende riguardanti l’infanzia, la formazione e l’investitura di Orlando, paladino d’Aspromonte e tutore della cristianità in Occidente. Oggi custoditi negli archivi comunali, questi versi miniati costituiscono un elemento di continuità con la Canzone d’Aspromonte, importante poemetto epico-cavalleresco la cui forma attuale risale al XV secolo.<ref>{{Cita web|url=https://turismo.reggiocal.it/cultura/archeologia-e-storia/la-chanson-daspremont|titolo=La Chanson d'Aspremont, l’antico cantare ambientato in Aspromonte}}</ref>