Statuto dei diritti del contribuente: differenze tra le versioni

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È disciplinata la tutela dell'integrità patrimoniale all'art. 9 e l'affidamento della buona fede all'art. 10. Il comma 1 recita che ''i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della [[buona fede]]''.
 
L’art. 10-''bis'' definisce la disciplina generale dell’[[elusione fiscale]] (o abuso del diritto). Per questa s’intende una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti<ref>{{cita libro | Angelo | Contrino | ''Fondamenti di diritto tributario'' | 2020 | CEDAM | Padova}}</ref>. ÉÈ necessario il raggiungimento di un profitto indebito, che deve risultare prioritario rispetto a tutti gli altri scopi del contribuente e che consiste nell'assenza di corrispondenza dell'operazione compiuta rispetto agli obiettivi prefissati dalle leggi fiscali che la regolano<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Giuseppe Ingrao|anno=2016|titolo="L'evoluzione dell'abuso del diritto in materia tributaria: un approdo con più luci che ombre"|rivista=Diritto e Pratica tributaria}}</ref>; occorre inoltre che quest’ultimo sia riuscito ad aggirare la norma di legge. Con l’intervento della riforma del 2015<ref>{{Cita legge italiana|tipo= DLGS |anno= 2015 |mese= 08 |giorno= 05 |numero= 128 |titolo= |articolo= 1}}</ref> si esclude la sanzionabilità penale delle condotte elusive e si esplicita invece quella amministrativa: prima del 2015 si riteneva che fossero penalmente rilevanti soltanto i comportamenti elusivi e non quelli abusivi. Si trattava di una ricostruzione fondata su norme sì presenti nel nostro ordinamento, ma per fini diversi da quelli penali. Questa riforma mira quindi a superare l’ambigua distinzione tra elusione e [[abuso del diritto]] tramite un’esplicita equiparazione dei due concetti e con la conseguente abrogazione dell’art. 37 bis D.P.R 600/1973<ref>D.P.R 29/09/1973 n. 600 "Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi"</ref>. Nel quadro normativo post riforma del 2015,  i rapporti tra il campo di applicazione dell’abuso del diritto e l’intervento penale sono improntati alla “mutua esclusione”<ref>{{Cita pubblicazione|autore=F. Donelli|anno=2015|titolo=“Irrilevanza penale dell’abuso del diritto tributario: entra in vigore l’art 10 bis dello Statuto del contribuente”|rivista=Diritto penale contemporaneo}}</ref>. Ciò significa, quindi, che se la condotta ha una qualche rilevanza penale, allora non può essere contestato l’abuso del diritto, il quale potrà essere punito solo con sanzioni amministrative.
 
Con l'art. 11 viene introdotta una nuova disciplina dell'[[interpello]]. È data la possibilità a ciascun contribuente di inoltrare per iscritto all'amministrazione finanziaria, che deve rispondere entro centoventi giorni, circostanziate e specifiche istanze di interpello concernenti l'applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse. La presentazione dell'istanza non ha effetto sulle scadenze previste dalla disciplina tributaria. Qualora la risposta non pervenga al contribuente entro 120 giorni dall'inoltro della domanda - s'intende che l'amministrazione concorda con l'interpretazione o il comportamento prospettato dal richiedente.
 
L'art. 12 disciplina minuziosamente i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali. Dal tempo massimo di permanenza degli operatori civili o militari dell'amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, che non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine individuati e motivati dal dirigente dell'ufficio, ai tempi e modo di accesso, che devono avvenire durante l'orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente. È concessa la possibilità che su richiesta del contribuente, l'esame dei documenti amministrativi e contabili possa essere effettuato nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta.<ref>L'art. 12, comma 7, dispone che "Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza". La Cassazione ha più volte rimarcato come sia illegittimo l'avviso di accertamento emesso "ante tempus", e quindi prima del citato termine di 60 giorni. Ex multis, cfr. [http://Httpshttps://www.studiomarino.net/anche-nel-caso-di-accesso-presso-lo-studio-del-commercialista-deve-essere-rispettato-il-termine-minimo-di-60-giorni-per-emettere-lavviso-di-accertamento/ Cass., sent. n. 10352/2022]] </ref>
 
L'art. 13 istituisce la figura del ''[[Garante del contribuente]]''. che provvede su richiesta del contribuente ad accertare se effettivamente vi siano state violazioni perpetrate dai Funzionari civili o militari dell'amministrazione finanziaria. Sono enunciati tutti i poteri che tale figura ha per poter espletare il compito affidatogli.