Impresa di Fiume: differenze tra le versioni

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{{citazione|Il povero Nitti è furibondo per le indegne cose di Fiume […]. Non solo proclamano la repubblica di Fiume, ma preparano lo sbarco in [[Ancona]], due raid aviatori armati sopra l'[[Italia]] e altre delizie del genere. Fiume è diventato un postribolo, ricetto di malavita e di prostitute più o meno ''high-life''. Nitti mi parlò di una marchesa Incisa, che vi sta vestita da ardita con tanto di pugnale. Purtroppo non può dire alla Camera tutte queste cose, per l'onore d'Italia.|}}
 
Nella stessa Fiume gli ufficiali del Regio esercito vivevano con disagio la nuova situazione, tanto che lo stesso generale Caviglia pensò di sfruttare il dissidio interno tra monarchici e repubblicani. Inoltre alcune decisioni dello stesso D'Annunzio alimentavano dubbi e polemiche. Nel marzo 1920 un furto compiuto da alcuni legionari ai danni di alcuni commercianti scatenò le ire del capitano dei [[Carabinieri]] [[Rocco Vadalà]], che richiese al Vate lo scioglimento dal giuramento per poter abbandonare la città. Dopo alcune resistenze iniziali i Reali Carabinieri abbandonarono la città seguiti da alcuni ufficiali di altre armiArmi.
 
Al contempo il problema degli approvvigionamenti diventò sempre più pressante tanto che circa quattromila bambini dovettero sfollare da Fiume con il supporto dei [[Fasci Italiani di Combattimento]] e delle organizzazioni femminili.<ref>Giordano Bruno Guerri, ''D'Annunzio'', Oscar Mondadori, Milano 2008 pag. 248: "Quattromila bambini furono sfollati e mandati in varie città del Nord, grazie grazie all'organizzazione dei Fasci di Combattimento e di gruppi patriottici femminili".</ref>