Scipione Ammirato: differenze tra le versioni

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Nei ''Discorsi sopra Cornelio Tacito'' l'Ammirato s'accinse alla non facile impresa di una nuova confutazione della dottrina machiavellica, considerata empia ai tempi della [[Controriforma]] (l'Ammirato evita perfino di nominare il [[Niccolò Machiavelli|Machiavelli]], chiamandolo sempre «l'autor dei ''Discorsi''»). Nuova era l'idea di confutarla fondandosi sull'opera del Tacito; tanto più dopo che [[Giovanni Botero]] aveva messo sullo stesso piano Tacito e Machiavelli. «''Viaggiando nelle corti'' – dice Botero – ''mi ha recato somma meraviglia il sentir tutto dì mentovare ragione di Stato, ed in cotal materia citare ora il Machiavelli, ora Cornelio Tacito, quello perché dà precetti appartenenti al governo, questo perché esprime vivamente l'arti usate da Tiberio Cesare e per conseguire e per conservarsi l'imperio di Roma''».<ref>Giovanni Botero nella dedica introduttiva dell'opera a [[Wolf Dietrich von Raitenau]], principe vescovo di Salisburgo dal 1587 al 1612.</ref> Botero si meravigliava che un autore così malvagio e il governo di un tiranno fossero tenuti in tale considerazione da farne il modello di condotta dei governanti.<ref>«che un autore così empio e le maniere così malvagie d'un tiranno [il Tiberio descritto da Tacito, preso a modello dai teorici della monarchia assoluta] fossero stimate tanto, che si tenessero quasi per norma e per idea di quel che si deve fare nell'amministrazione e nel governo degli Stati.»</ref>
 
L'Ammirato aveva sicuramente letto Tacito già da studente, come dimostrano i riferimenti a [[Tiberio]] e [[Caligola]] che si incontrano nei suoi dialoghi giovanili. Probabilmente era a conoscenza dell'edizione delle opere di Tacito curata dal più grande critico testuale del XVI secolo, lo studioso fiammingo [[Giusto Lipsio]], e incontrò alcuni dei più importanti tacitisti italiani – [[Paolo Manuzio]], Latino Latini, [[Francesco Benci]] – che avevano accolto Lipsio a Roma proprio mentre l'Ammirato stava passando dalla città diretto a Firenze, nel 1569. In questa occasione l'Ammirato può aver consultato anche i volumi fittamente annotati dell'amico di Lipsio [[Marc-Antoine Muret]], che insegnava a Roma fin dal 1560. È infine possibile che l'Ammirato abbia consultato anche i lavori preparatori dell'edizione di Tacito dello studioso fiorentino [[Curzio Picchena]], basati sui codici ''Mediceus prior'' e ''Mediceus alter'', i più antichi testimoni delle opere di Tacito, conservati nella [[Biblioteca Laurenziana]], a Firenze. Ma fu il contatto con l<nowiki>'</nowiki>''Accademia degli Alterati'' a spingere l'Ammirato a dedicare a Tacito uno studio serio. Nel luglio del 1583 [[Bernardo Davanzati]] aveva presentato all'Accademia il primo libro della sua traduzione degli ''Annali''; da quel momento in poi gli accademici, incluso l'Ammirato, discussero regolarmente ogni libro successivo, fino all'edizione finale dell'''Opera omnia'', dedicata agli accademici e pubblicata nel 1599.<ref>{{Cita libro|autore=Eric Cochrane|titolo=Florence in the Forgotten Centuries, 1527-1800: A History of Florence and the Florentines in the Age of the Grand Dukes|url=https://books.google.it/books?id=4a7tAAAAQBAJ&pg=PA118&dq=1591#v=onepage&q&f=false|editore=University of Chicago Press|data=2001|ISBN=9780226115955|pp=118-119|citazione=Ammirato had read enough of Tacitus as a student to be able to decorate his earliest dialogues with the usual tales about Tiberius and Caligula. He was probably aware of the critical editions just then in the process of emendation and correction by the greatest of all the sixteenth-century textual critics, the Belgian scholar Justus Lipsius. He may even have run across some of the able Italian Tacitists – Paolo Manuzio, Latino Latini, Francesco Benci – who had welcomed Lipsius to Rome, just as Ammirato was passing through on his way to Florence, in 1569. He may have seen the heavily annotated volumes of Lipsius's friend and critic Marc-Antoine Muret, who had been teaching in Rome since 1560. He may have seen some of the preparatory work by the Florentine scholar Curzio Pichena, based on the most ancient of all the manuscript sources, the Mediceus I and II, which were kept just three blocks away in the Laurenziana Library. But it was the Alterati who first had drawn Ammirato's attention to Tacitus as a subject for serious study. In July 1583, Bernardo Davanzati had submitted to the academy the first book of his translation of the ''Annals''; and from then on the academicians, Ammirato included, regularly discussed each succeeding book as it came out, right down through three complete drafts to the final version of the entire ''Works'', dedicated to them in 1599.|accesso=25 agosto 2019}}</ref>
 
Sin dal 1591 l'Ammirato cominciò la composizione dei ''Discorsi''. «''Quando io posi mano a questa impresa'' – scrive a monsignor Ferrante Taverna – ''non mi feci da capo, ma secondo mi abbatteva a cosa che mi piacesse o che mi paresse opportuna ad insegnare a chi sapea meno di me n'andai facendo tanti (discorsi), che parendomi che fossero un giusto libro, li vo ora rimettendo nel lor libro secondo l'ordine dei libri del medesimo autore; il che quando sarà finito, sarà facil cosa ch'io lo dia fuora, se così ne sarò da' severi giudici confortato''».<ref>Cfr. ''Opvscoli'' dell'Ammirato, vol. 2, p. 495.<br />La lettera al Taverna non ha data, ma dev'essere stata scritta verso il 1591: l'Ammirato gli manda il discorso su quel luogo del IV libro di Tacito: «''Destrui fortunam suam Caesar''.»</ref>