Progetto Lebensborn: differenze tra le versioni

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{{Citazione|Lo stato Nazista deve considerare il bambino come il bene più prezioso della nazione|[[Adolf Hitler]], ''[[Mein Kampf]]''}}
Il '''Progetto Lebensborn''' ('''Progetto Sorgente di Vita''') fu uno dei diversi programmi avviati dal gerarca [[nazismo|nazista]] [[Heinrich Himmler]] per realizzare le [[eugenetica|teorie eugenetiche]] del [[Terzo Reich]] sulla [[razza ariana]] e portare la popolazione ariana in Germania a 120 milioni di persone entro il [[1980]].<ref>{{Cita web|url=http://www.akra.it/amis/schede.asp?id=6&idsch=72|titolo=Museo virtuale delle intolleranze e degli stermini - Progetto Lebensborn|sito=www.akra.it|accesso=12 novembre 2017}}</ref>
 
Aveva come [[motto]]:
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Alle SS si richiedevano non solo certificati attestanti la sanità di tutti i membri della famiglia, ma persino un [[albero genealogico]] risalente fino al [[1650]] che ne documentasse la purezza ariana. Nella concezione di Himmler le SS dovevano essere un centro di diffusione della purezza del sangue e, anche attraverso la [[poligamia]], di estensione della razza pura nordica.
 
La prima disposizione che aprì la strada del programma eugenetico fu l'emanazione dell’dell{{'}}''Ordine sul matrimonio'' del 31 dicembre [[1931]] secondo il quale ogni SS doveva essere autorizzato da Himmler stesso a sposarsi tramite la concessione di un certificato che documentasse la sanità mentale e fisica degli sposi e dei loro antenati.<ref>{{cita|Beccaria Rolfi-Maida, 1997|p. 129}}.</ref>
 
I dati ricavati venivano trascritti nel libro del [[clan]], il ''Sippenbuch'', segno concreto della eccezionalità razziale delle SS.
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Ebner in realtà pensava che si dovessero trasferire in Germania non solo le norvegesi incinte di soldati tedeschi, ma le donne nordiche in genere, poiché presentavano caratteristiche razziali migliori delle tedesche, specialmente di quelle della Germania meridionale.
Si optò invece il sistema più semplice per la germanizzazione: il rapimento di bambini norvegesi, “figli della guerra”, trasportati in Germania in appositi istituti per essere poi adottati e/o germanizzati,<ref name="cita-Hillel-Henry-1976"/> ma in realtà pochi furono effettivamente portati in Germania. Nei circa 500 centri Lebensborn norvegesi si registrò la nascita di circa 9.000 "figli della guerra" e uno dei primi problemi che il governo legittimo norvegese dovette affrontare nell'estate 1945 fu proprio questo, visto l'atteggiamento ostile della popolazione nei loro confronti. Il problema, nonostante le molteplici iniziative, anche radicali come alcuni trasferimenti in Svezia o addirittura in Australia, non si risolse e alla fine quasi tutti i “mocciosi tedeschi” rimasero in Norvegia.<ref>{{cita|Ericsson-Simonsen, 2007|p. 39}}.</ref> Questi però nel corso degli anni subirono “violenze simboliche” ovvero che «''il dominato applica categorie costruite dal punto di vista del dominante ai rapporti di dominazione, e in tal modo li fa sembrare naturali''».<ref>{{fr}} Pierre Bourdieu, ‘'Masculine Domination'’, p.35, Polity, 2001</ref>
 
=== Danimarca ===
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Per quanto riguarda questo paese non si conoscono dati riguardanti le donne che frequentarono soldati tedeschi durante l'occupazione, ne sul numero di bambini nati da padre tedesco, ma si hanno solo alcune cifre fornite dalla ''Nationalsozialistische Volkswohlfahrt'' (NSV) che stima sia di 8000-10000 (stima che però tiene conto solamente dei bambini da loro assistiti).<ref>{{nl}} L. de Jong, ''Het Kominkrijk der Nederlanden in de Tweede Wereldoorlog'', vol. 5, pt.1, Martinus Nijoff, 1972.</ref>
 
Il primo "Centro per le Madri e i lattanti" (''Mütter-und Säugligsheim'') sorse a Amsterdam nel febbraio 1942 che andava ad unirsi ai centri dell'NSV di Rotterdam e de L'Aia. Esistevano anche altri centri più piccoli dell'NSV come quelli a [[Valkenburg]] e [[Velp]]. Assieme alla Norvegia, anche i figli di donne olandesi venivano considerati di alto valore, al contrario di quelli del Belgio e della Francia, e le nascite venivano registrate negli archivi anagrafici tedeschi.<ref>{{cita|Ericsson-Simonsen, 2007|p. 143}}.</ref>
 
=== Francia ===