Impresa di Fiume: differenze tra le versioni

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=== Le reazioni del governo italiano ===
D'Annunzio costituì un "Gabinetto di Comando" al cui vertice pose [[Giovanni Giuriati]]. Il [[governo Nitti I]] guidato da [[Francesco Saverio Nitti]] disconobbe l'azione di d'Annunzio e incaricò il [[Commissario straordinario]] per la Venezia-Giulia, il generale [[Pietro Badoglio]], di reprimere la ribellione. Il commissario inviò un aereo su Fiume, per lanciare un proclama in cui si ordinava ai ribelli di rientrare nei ranghi, dichiarando disertori coloro che avessero persistito nell'occupazione di Fiume.
 
L'ultimatum di Badoglio non sortì effetti significativi.<ref>{{cita libro | autore= Pietro Badoglio. Roma 1946. | anno=1946 | titolo= Rivelazioni su Fiume | città=[[Roma]] | url=http://www.icsm.it/articoli/ri/regioesercitofascismo.html#4up | accesso=25 marzo 2016}}</ref> Nitti decise di porre la città sotto embargo impedendo l'afflusso di viveri per i ribelli, ma rifornendo la popolazione tramite la [[Croce Rossa Italiana|Croce Rossa]]. Nonostante ciò, d'Annunzio denunciò il blocco come un'infamia, accusando Nitti "di affamare i bambini e le donne" e invitando tutti gli alleati in Italia a raccogliere fondi per l'Impresa. Il 16 settembre inviò una polemica lettera a Mussolini, contestandogli lo scarso sostegno finanziario: