Crisi del III secolo: differenze tra le versioni
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=== Crisi demografica e territoriale ===
Dopo il primo assalto avvenuto durante l'epoca di [[Marco Aurelio]], un'altra pesantissima e ancor più devastante epidemia di peste colpì i territori dell'Impero nel ventennio 250-270. Si è calcolato che il morbo abbia mietuto milioni di vittime e che alla fine la popolazione dell'Impero fosse ridotta del 30 per cento, da 70 a 50 milioni di abitanti.<ref>Giorgio Ruffolo, ''Quando l'Italia era una superpotenza'', Einaudi, 2004, p. 93.</ref> A tutto ciò si aggiunga che il prezzo da pagare per la sopravvivenza dell'Impero fu molto alto anche in termini territoriali. A partire infatti dal [[260]] gli Imperatori che si susseguirono dovettero abbandonare, in modo definitivo, i cosiddetti ''[[Agri decumates]]'' (sotto [[Gallieno]])<ref>Southern, p. 212-213.</ref> e l'intera provincia delle [[Dacia (provincia romana)|Tre Dacie]] (sotto [[Aureliano]], nel [[271]] circa),<ref>Southern, p. 226.</ref> oltre a perdere, seppure in via temporanea, la [[Mesopotamia (provincia romana)|provincia di Mesopotamia]], rioccupata solo con [[Galerio]] (verso la fine del [[III secolo]
=== Crisi economica e commerciale ===
[[File:Edict on Maximum Prices Diocletian piece in Berlin.jpg|thumb|left|Lapide con parte del testo dell'[[editto sui prezzi massimi]] di [[Diocleziano]], al
L'economia dell'impero romano nei primi due secoli si era basata sulla conquista militare di nuovi territori e sullo sfruttamento [[Schiavitù|schiavistico]] delle campagne: in mancanza di nuove conquiste e dei bottini di guerra le spese dello Stato, sempre più impellenti per poter far fronte alle pressioni esterne, furono coperte con un progressivo aumento delle [[tassa]]zioni, proprio quando la diminuzione del numero di schiavi minava le possibilità economiche dei cittadini. Gradualmente la ricchezza, l'importanza politica, sociale, istituzionale e culturale si era livellata tra il centro e le province dell'Impero romano, sebbene con disparità ancora evidenti (in genere le province orientali erano economicamente più sviluppate di quelle occidentali). Per Roma e l'Italia questo ebbe conseguenze negative, poiché ivi la forza lavoro era costituita prevalentemente dagli [[Schiavitù nell'antica Roma|schiavi]], che venivano catturati durante le guerre. Sembra che se la situazione di pace dell'epoca degli Antonini avesse prodotto, per quanto riguarda la [[Roma (città antica)|Città eterna]] e molte regioni italiane, una crescita demografica di considerevoli proporzioni, nel contempo vi aveva causato un calo produttivo acuito da una sempre più agguerrita concorrenza delle province. Il reperimento di manodopera servile a basso costo, formata soprattutto da schiavi, non aveva fino ad allora rese necessarie particolari evoluzioni tecniche.
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=== Crisi sociale ===
La crisi
Sempre più spesso gli ''humiliores'' rinunciavano volontariamente alle proprie libertà per affidarsi alla protezione dei grandi proprietari terrieri ed evitare inoltre l'arruolamento forzato nell'esercito. I piccoli artigiani e i commercianti liberi delle città, cominciarono a spostarsi verso le grandi proprietà della campagna, alla ricerca di cibo e di protezione. Molti di questi ex abitanti della città, così come molti piccoli coltivatori, furono costretti a rinunciare ai diritti basilari per ricevere la protezione dai grandi proprietari terrieri. Diventarono così una classe di cittadini semi-liberi noti come ''coloni '', legati alla terra e, grazie alle successive riforme imperiali, la loro posizione divenne ereditaria. Ciò fornì un primo modello per la [[servitù della gleba]], che avrebbe costituito la base della [[Feudalesimo|società feudale]] medioevale.
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