Liutprando di Cremona: differenze tra le versioni
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L'esempio più evidente è nell{{'}}''[[Antapodosis]]'' (che, per l'appunto, significa "contraccambio/resa dei conti"), suggeritagli da Recemondo, vescovo [[mozarabo]] di Elvira. L'opera, che per ampiezza di argomenti e cura stilistica è considerabile la maggiore opera di Liutprando, è una narrazione che copre diversi decenni del X secolo. Fine dell'opera è vendicarsi, seppur su un piano letterario, di chi nella vita gli ha fatto sgarbi, visto che, come lui afferma, la giustizia divina vince sempre, ma i suoi tempi sono differenti rispetto alle esigenze dell'uomo. I testo pare incompiuto, perciò non si sa con certezza chi sia la persona che più di ogni altra ha "offeso" Liutprando; certo è che tutta l'opera è una difesa di Ottone I e, ancor di più, una sequela di attacchi contro [[Berengario II di Ivrea|Berengario II]], sua moglie [[Willa III d'Arles|Willa]] e altri aristocratici del periodo<ref>Estremamente ilare è, a titolo di esempio, la descrizione di Burcardo, aristocratico tedesco venuto a dar manforte a Rodolfo di Borgogna per aiutarlo a riprendere il trono d'Italia. Burcardo assume subito le pose e il linguaggio del ''miles gloriosus'' dell'[[Miles gloriosus|omonima commedia]] di [[Tito Maccio Plauto|Plauto]], facendo, ovviamente, una pessima fine. L'esempio dimostra anche la conoscenza approfondita dei classici latini da parte Liutprando (persino di autori come Plauto, raramente conosciuti nel X secolo) e la sua straordinaria capacità di manipolazione della lingua.</ref>, che Liutprando copre di ingiurie e di ridicolo.
Un'altra opera senza dubbio originale è la ''Relatio de legatione
Altro ''[[pamphlet]]'' è l'opera conosciuta come ''Historia Ottonis.'' L'opera in realtà non ha un vero e proprio titolo: quello citato è il più comunemente riportato nella tradizione manoscritta, mentre è ignoto il titolo che Liutprando le abbia realmente dato. Inoltre il titolo è molto sviante: l'opera fu commissionata a Liutprando da Ottone I per giustificare la deposizione di [[papa Giovanni XII]]; non è, quindi, come il titolo lascerebbe intuire, una "storia delle gesta di Ottone" e per questo motivo Paolo Chiesa in una recente edizione critica dell'opera {{chiarire|l'ha nominata ''De Iohanne papa et Ottone imperatore''|L'ha così "nominata" per sua proposta o basandosi su un codice?}}. Lo stile è sempre il medesimo: Giovanni XII viene descritto come un depravato, vizioso, addirittura stupratore seriale, tanto che le nobildonne romane avrebbero avuto paura di uscire la sera per essere assalite dal papa; giustamente, quindi, Ottone I, come capo supremo della Chiesa, ha messo fine a questa ignominia, deponendolo. Anche qui, dunque, gli aspetti politici vengono messi in secondo piano, così come ogni presunzione di oggettività: ciò che conta è l'attacco, spesso violento e personale, ma sempre intriso di grandissima ironia e grandi capacità letterarie.
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