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'''Grazia Deledda''' ([[Nuoro]], [[27 settembre]] [[1871]] - [[Roma]], [[15 agosto]] [[1936]]), fu una [[scrittori e poeti italiani|scrittrice]] [[Sardegna|sarda]], vincitrice del [[Premio Nobel per la letteratura]] nel [[1926]].
Nata da una [[Famiglia (società)|famiglia]] benestante, esordì giovanissima (appena diciassettenne) pubblicando alcuni [[racconto|racconti]] per una [[rivista]] di [[moda]]. L'ambiente sardo non poteva offrirle la possibilità di studi regolari e così l'adolescente Deledda si fece autodidatta, munendosi di una cultura disorganica e poco approfondita.
Riuscì a pubblicare il suo primo [[romanzo]], "Fior di Sardegna", nel [[1892]] ed un altro suo scritto, "Le vie del male" (in cui si precisano il suo stile, i suoi limiti regionali ed i suoi interessi morali), fu positivamente recensito da [[Luigi Capuana]].
Nel [[1899]], in seguito al suo [[matrimonio]] con Palmiro Madesani, modesto funzionario dello Stato, si trasferì a [[Roma]]. La distanza dalla [[Sardegna]] agì positivamente su di lei, smussandone il regionalismo e sublimando il [[folklore]] sardo dei suoi scritti in una certa atmosfera fiabesca, adattissima agli interessi psicologici e morali dell'autrice.
La vita della Deledda non fu particolarmente ricca di avvenimenti, ma fu molto feconda dal punto di vista letterario, scandita com'era dall'uscita quasi annuale dei suoi romanzi. Nel [[1926]] le fu assegnato il [[premio Nobel]] per la [[letteratura]]. Morì a [[Roma]] dieci anni dopo.
Sospese com'erano tra [[Verismo (letteratura)|Verismo]] e [[Decadentismo]], le opere della Deledda testimoniarono in maniera molto chiara di questo passaggio, sia contenutisticamente che formalmente: dall'interesse per la cultura tradizionale sarda passarono alla vera e propria analisi psicologica, al cospetto della quale l'ambiente isolano veniva trasformato in un puro e semplice sfondo.
Il figlio della scrittrice, [[Sardus Madesani]], ha tentato con moderato esito di seguire le orme letterarie materne.
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