Apparato paramilitare del PCI: differenze tra le versioni
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Le forze dell'ordine ebbero degli informatori dentro il PCI, sia a livello nazionale, sia ai livelli regionale e provinciale. Essi relazionavano periodicamente ai servizi segreti. La documentazione raccolta dal ministero, corposa, attraversa un arco di tempo ultraventennale che va dal 1945 alla fine degli anni sessanta. I dirigenti dei servizi chiesero agli informatori soprattutto verifiche e conferme delle notizie ricevute.
;Dossier del Sifar
Il primo documento in possesso del Ministero dell'Interno sull'organizzazione clandestina del PCI è un dossier del [[SIFAR]], il [[Servizio informazioni militare|servizio segreto militare]] dell'epoca. L'ampia relazione, datata 28 febbraio [[1950]], descrive nel dettaglio la struttura di comando, suddividendola per regioni<ref name="Gianni Donno PCI"/>: i capi politici che sovraintendevano all'apparato militare erano [[Luigi Longo]] (per le formazioni garibaldine), [[Sandro Pertini]] (per le brigate "Matteotti"), [[Emilio Lussu]] (per le formazioni "Giustizia e Libertà"), [[Ettore
Il ministro [[Mario Scelba]] chiese più volte di mettere fuori legge il PCI per i suoi programmi eversivi, ma nel [[Consiglio dei Ministri]] prevalse la linea morbida per non trascinare il paese nella guerra civile<ref>{{cita web|url=http://archivio.denaro.it/VisArticolo.aspx/VisArticolo.aspx?IdArt=429903&KeyW=|titolo=Le scomode verità del Comunismo italiano|autore=Gianni Donno|data=24 marzo 2006|sito=archivio.denaro.it|accesso=2 dicembre 2020|urlarchivio=https://archive.today/20130413015614/http://archivio.denaro.it/VisArticolo.aspx/VisArticolo.aspx?IdArt=429903&KeyW=|dataarchivio=13 aprile 2013|urlmorto=sì}}</ref>, come dichiarato anche da Francesco Cossiga nella sua audizione parlamentare (vedi ''infra'').
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