Adolphe Yvon: differenze tra le versioni
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Realizzò infine anche dei quadri orientalisti, fra cui ''Scène de rue à Constantinople'' del 1873 e ''Nell'harem''.<br />
Yvon entrò a far parte del Consiglio superiore dell'[[École des beaux-arts]] nell'aprile del 1884.
[[File:Yvon - Portrait de Ferdinand Barrot (1806-1883), homme politique (P345).jpg|thumb|<div align="center">''Ritratto di Ferdinand Barrot''</div>]]
Nel 1881, Adolphe Yvon venne nominato docente di "disegno d'imitazione" presso l'[[École polytechnique]]<ref>[https://www.polytechnique.edu/bibliotheque/fr/cours-de-dessin-a-lecole-polytechnique École polytechnique, ''Cours de dessin: le dessin d'imitation à l'École polytechnique'']</ref>, ruolo che egli lascerà nel 1887 per limiti d'età. Il suo insegnamento tornò così al disegno semplice, dal vero. Inserendo il disegno nei concorsi di ammissione (prova che durerà fino al decennio 1960) e privilegiando l'arte rispetto alla geometria, Yvon{{citazione|volle dare agli allievi le nozioni di anatomia umana che giudicava indispensabili. Per mostrarne l'utilità egli li raggruppava attorno a lui e, su un cartone che veniva sistemato in un angolo della sala, disegnava a grandi linee, e in pochi minuti, uno schizzo del modello, accompagnando ogni tratto di matita con una spiegazione relativa alle proporzioni del corpo umano e ai differenti angoli che derivavano dai movimenti. Era convinto che fosse anche assai utile dar loro qualche nozione di anatomia dei cavalli. Pertanto compose delle grandi tavole esplicative. L'obiettivo che Yvon si proponeva era di insegnare, con un piccolo numero di esercizi preliminari, l'esecuzione rapida di schizzi presi dal vero.<br />"Bisogna istruire i giovani facendoli divertire", amava ripetere agli insegnanti che dipendevano da lui. E fu secondo quest'idea che immaginò di far disegnare agli allievi, al posto di modelli vestiti da zuavi o da cacciatori a piedi, un soldato a cavallo, preso da uno dei reggimenti delle caserme di Parigi.<ref>Hervé Loilier, « L'enseignement du dessin et des arts à l'École polytechnique », ''Bulletin de la Sabix'', n°52, 2013.</ref>}}
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