Silent enim leges inter arma: differenze tra le versioni

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Inserito il riferimento al luogo della citazione. Inoltre, inserito paragrafo "Significato originario", perché il contesto della frase nella "Pro Milone" fa supporre un uso specifico e strumentale dell'espressione, diverso dall'uso proverbiale che se ne fa oggi
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'''''Silent enim leges inter arma''''' (letteralmente: "Tacciono infatti le leggi in mezzo alle armi") è una [[locuzioni latine|frase latina]] tratta dalla ''[[Pro Milone]]'' di [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]].<ref>''[[Pro Milone]]'', IV,10.</ref> Viene spesso citata per constatare fatalisticamente che, quando vengono usate le armi, e quindi la violenza, il diritto cessa di avere vigore, e che in tempi di guerra non valgono né le leggi né le convenzioni di uno [[stato di diritto]].
 
Va rilevato che lo stesso Cicerone è autore di un'altra più famosa massima (''[[Cedant arma togae]]''), che esprimerebbe il concetto opposto.
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== Significato originario ==
 
Sebbene a questa frase si assegni spesso il significatovalore di unaun massima[[Aforisma|aforisma]] («In tempo di guerra, Quando si usano le armi, le leggi tacciono»), in realtà il senso originario è legato strumentalmente al contesto del brano e della situazione, che è la difesa di [[Tito Annio Milone|Milone]] dall'accusa di omicidio invocando la legge non scritta della legittima difesa: di fronte a un'aggressione armata, è inevitabile difendersi anche mediante il ricorso alla violenza.<ref>''[[Pro Milone]]'', IV, 10-11: "Così, se dovessimo subire un agguato, una violenza, magari anche armata, per opera di un brigante da strada o di un avversario politico, ogni mezzo per salvare la nostra vita sarebbe lecito. Le leggi, infatti, tacciono in mezzo alle armi e non prescrivono di affidarsi a loro, perché chi decidesse in tal senso dovrebbe comunque subire una pena immeritata prima di avere giustizia. Se vogliamo, c'è una legge che tutela la legittima difesa".</ref>
 
In effetti, pur considerando il realismo politico dell'autore e la circostanza che l'espressione possa essere stata ispirata sia dalla visione dello storico greco [[Tucidide]] sulla natura violenta della guerra, sia dalla situazione politico-sociale della [[Roma]] del suo tempo ([[I secolo a.C.]]), travagliata dalle [[Guerre civili (storia romana)|guerre civili]], bisogna ritenere che la fede di Cicerone sia piuttosto quella espressa dal ''[[Cedant arma togae]]''.<ref>Si osservi anche, sul piano della grammatica, il diverso uso dei modi verbali: in ''Cedant arma togae'' il congiuntivo esprime un'esortazione o volizione, ossia una realtà auspicata come giusta; invece ''Silent leges'', al modo indicativo, esprime non una visione fatalistica e rassegnata di fronte all'ineluttabilità della storia, ma la circostanza obiettiva dell'inevitabile ricorso alle armi nel caso specifico e personale della legittima difesa.</ref> Tanto è vero che poco prima, all'esordio dell'orazione, di fronte allo spiegamento eccezionale di truppe di fronte al tribunale (a tutela del processo, o a minaccia del suo sereno svolgimento?), Cicerone stesso aveva ribadito il primato della legge civile rispetto alle pressioni del potere militare.<ref>''[[Pro Milone]]'', I, 2: «Se sapessi che si è allestito tutto questo schieramento per contrastare Milone, mi arrenderei all'evidenza dei fatti, giudici; non reputerei che vi sia spazio per un'orazione di difesa in mezzo a così tante armi. Ma mi risolleva e mi conforta un po' il progetto di Gneo Pompeo, uomo molto saggio e giusto: egli non riterrebbe consono ai suoi principi di giustizia consegnare alle armi dei soldati l'imputato che aveva affidato alle decisioni dei giudici».</ref>