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L'interesse di al-Rāzī per l'alchimia e la sua convinzione nella possibilità di [[trasmutazione]] di [[metallo|metalli]] leggeri in [[argento]] e [[oro]] furono documentate circa mezzo secolo dopo la sua morte nel testo di [[Ibn al-Nadim|Ibn al-Nadīm]] ''Le pietre dei filosofi'' (''Lapis Philosophorum'' in latino). Ibn al-Nadīm ha attribuito una serie di dodici libri ad al-Rāzī, più i sette supplementari, compresa la sua confutazione alle tesi di [[al-Kindi|al-Kindī]] riguardanti le critiche alla validità dell'alchimia. Al-Kindī (801-873) aveva operato nella cosiddetta ''[[Bayt al-Ḥikma]]'', ovvero ''Casa della Saggezza'', costruita per volere del [[califfo]] [[Abbasidi|abbaside]] [[al-Maʾmūn]] a [[Baghdad]] ed era stato un filosofo avversario dell'alchimia.
La posizione di al-Rāzī nei confronti dell'alchimia, come pure nei confronti della medicina, può essere situata all'interno della corrente filosofica dell'[[Ilemorfismo|
Rifiutò l'uso delle cosiddette pozioni magiche poiché per al-Rāzī la magia non aveva spiegazioni razionali, anche se non rifiutava l'idea che i miracoli esistessero, pur concependoli come semplici fenomeni naturali non ancora spiegati.
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