Utente:ArchImage74/Sandbox: differenze tra le versioni
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Inoltre le rigide regole stilistiche ed i limiti tecnici dell’epoca costringevano i fotografi a scattare dalla solita angolazione della macchina da presa, riproducendo una copia delle più emblematiche scene del film. Le immagini erano documentariste e prive di qualsiasi creatività. A volte era proprio il regista a dare indicazioni al fotografo. Questo era un chiaro segnale di una non ancora riconosciuta professionalità. Spesso gli attori venivano anche richiamati sulla scena per riprodurre le pose del film. Questo tipo di fotografie vennero chiamate “posati” e sarebbero servite per manifesti e locandine. Negli anni ’50 questa tendenza diminuì, perché comparirono sui set cinematografici nuove figure di fotografi provenienti dalle agenzie di cronaca. Erano abituati a cogliere l’attimo, perciò non avrebbero avuto più bisogno dei “posati”. Fotografavano a ritmi incalzanti, vendendo i loro servizi ai giornali. Fornivano quotidianamente il lavoro svolto al regista che decideva le immagini giuste da trasformare in locandine per la promozione del film. La pubblicità dei film verso il grande pubblico attraverso la comunicazione visiva fu un’ottima strategia soprattutto dove era presente il fenomeno dell'analfabetismo.
Intorno agli anni ’60 la fotografia di scena
Ai nostri giorni la figura del fotografo di scena è centrale. Non sempre è sul set, ma la sua presenza è garantita per le scene più importanti, instaurando rapporti sociali con gli attori e la troupe. Si confronta con il regista, il quale spesso lascia carta bianca nell’utilizzo del mezzo fotografico per cogliere il messaggio del film o della rappresentazione teatrale. Il fotografo di scena può arrivare a ricoprire anche il ruolo di direttore della fotografia<ref name=":2">{{cita libro| autore1=D. Schaefer | autore2=L. Salvato | titolo=I maestri della luce. Conversazioni con i più grandi direttori della fotografia | anno=2019 |
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