Donatismo: differenze tra le versioni
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La sua dottrina prese le mosse da una critica intransigente nei confronti di quei [[Vescovo|vescovi]] che non avevano resistito alle persecuzioni di [[Diocleziano]] e avevano consegnato ai [[magistrati romani]] i [[Bibbia|libri sacri]]. Secondo i donatisti i [[Sacramento|sacramenti]] amministrati da tali vescovi (detti ''traditores'', in quanto avevano compiuto una ''traditio,'' ovvero la consegna dei testi sacri ai [[Religione romana|pagani]]) non sarebbero stati validi. Questa posizione presupponeva, dunque, che i sacramenti non avessero efficacia di per sé, ma che la loro validità dipendesse dalla dignità di chi li amministrava.
Il donatismo fu dichiarato [[eresia|eretico]] e non compatibile con la fede cristiana dal [[Concilio di Arles (314)|Concilio di Arles]] del 314, durante il quale, secondo gli scritti del vescovo e teologo cristiano san [[Ottato
Donato fu anche considerato [[scisma]]tico dopo le persecuzioni di Diocleziano e la condanna del donatismo fu ribadita dal [[concilio di Cartagine (411)|Concilio di Cartagine]] del [[411]] per poi estinguersi a seguito della conquista [[islam]]ica del [[Magreb]]<ref>''Dizionario della filosofia «Le garzantine»'', Garzanti, Borgaro Torinese (TO) 2002</ref>. La vicenda dei donatisti è importante non solo per le questioni teologiche, ma anche perché contiene ed esprime una certa dose di nazionalismo punico (attuali [[Tunisia]] e [[Libia]]), misto a rivendicazioni di riscatto sociale delle classi più deboli, con conseguente ostilità verso [[Impero romano|Roma]].
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