Guerra civile romana (49-45 a.C.): differenze tra le versioni

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Da "OsimaTi" a "OsimaNi" , il nome degli abitanti di osimo
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Ma forse la cosa più grave che indusse Cesare a credere che non vi sarebbe stata alcuna possibilità per la pace, fu il rifiuto di colloquio tra lui e Pompeo. Fu così che il proconsole delle Gallie e dell'Illirico, inviò Marco Antonio con cinque [[Coorte|coorti]] da Rimini (''Ariminum'') ad Arezzo (''Arretium''), mentre egli stesso rimase a Rimini con due, organizzandovi un arruolamento. Occupò quindi [[Pesaro]] (''Pisaurum''), [[Fano]] (''Fanum Fortunae'') e [[Ancona]] con una coorte per ciascuna città.<ref name="DeBelloCiviliI,11">{{cita|Cesare, ''De bello civili''|I, 11}}.</ref><ref name="Dodge413">{{cita|Dodge 1989|p. 413}}.</ref> Avendo poi saputo che l'ex-pretore [[Quinto Minucio Termo (propretore)|Quinto Minucio Termo]] occupava [[Gubbio]] (''Iguvium'') con cinque coorti, fortificandone la sua rocca, ma che gli abitanti erano completamente favorevoli a lui, decise di inviare [[Gaio Scribonio Curione|Curione]] con le tre coorti che aveva a Pesaro e a Rimini. Appena Termo seppe dell'avanzata di Curione, preferì ritirarsi dalla città; ma durante la marcia le sue truppe lo abbandonarono, facendo ritorno alle loro abitazioni. Intanto Curione riusciva ad impadronirsi di Gubbio, tra l'entusiasmo dei suoi abitanti. Cesare sentendosi sicuro dell'appoggio dei municipi, decise di far avanzare tutte le coorti della ''legio XIII'', muovendo da tutti i presidi in direzione di [[Osimo]] (''Auximum''), che [[Publio Attio Varo]] occupava con alcune coorti, poiché stava facendo la leva in tutto il Piceno, mandando in giro dei senatori.<ref name="Dodge413"/><ref>{{cita|Cesare, ''De bello civili''|I, 12}}.</ref>
 
I decurioni di Osimo, quando vennero a sapere dell'arrivo di Cesare, rivolgendosi ad Attio Varo, dissero che i cittadini del municipio non potevano tollerare che il conquistatore della Gallia dovesse rimanere fuori dalle mura della città, «un comandante della repubblica tanto benemerito, che aveva compiuto così grandi imprese». Varo, scosso dal loro discorso, preferì condurre fuori dalla città il proprio presidio e ritirarsi, ma l'avanguardia di Cesare lo intercettò e attaccò battaglia. Varo fu, poco dopo, abbandonato dai suoi soldati, che in parte preferirono far ritorno a casa, in parte si unirono alle fila dell'esercito di Cesare. Tra questi vi era anche un certo Lucio Pupio, centurione primipilo, che in passato aveva militato nell'esercito di Gneo Pompeo. Cesare, dopo aver lodato i soldati di Attio Varo, permise a Pupio di andare via libero, mentre ringraziò gli OsimatiOsimani per questo loro gesto che non avrebbe dimenticato.<ref>{{cita|Cesare, ''De bello civili''|I, 13}}.</ref>
 
Quando a Roma si venne a sapere di questi accadimenti, si diffuse il panico. Il console Lentulo fuggì da Roma, dopo aver aperto l'erario pubblico (''aerarium sanctius'') per prelevare il denaro da consegnare a Pompeo, secondo quanto era stato stabilito nel decreto del senato. L'altro console, Marcello, e la maggior parte dei magistrati lo seguirono. Gneo Pompeo invece era già partito il giorno precedente per recarsi presso le due legioni ricevute da Cesare (''[[legio I (Pompeo)|legio I]]'' e ''[[legio XV (Cesare)|XV]]''), che si trovavano in Puglia nei quartieri invernali (''[[hiberna]]''). Vennero inoltre interrotte le leve nei paesi intorno a Roma. Solo a [[Capua (città antica)|Capua]] furono arruolati quei coloni che vi erano stati stabiliti con la [[Leges Iuliae#Lex Iulia agraria campana (59 a.C.)|legge Giulia]] del 59 a.C..<ref>{{cita|Cesare, ''De bello civili''|I, 13}}; {{cita|Velleio Patercolo|II, 44}}.</ref>