Eric Hobsbawm: differenze tra le versioni

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Studioso di formazione [[Marxismo|marxista]], Hobsbawm ha dedicato molte delle proprie ricerche alla [[Proletariato|classe operaia]] inglese e al [[proletariato]] internazionale. Da sempre alieno da posizioni dogmatiche, è stato il creatore di alcune definizioni storiche diventate punto di riferimento per la [[storiografia]], come ''[[Il secolo breve]]'' e il ''[[Lungo XIX secolo]]'', entrambi teorizzati in suoi scritti. Alla sua teorizzazione si deve anche l'enucleazione concettuale che ha dato origine a «uno dei più famosi e influenti [[Archetipo|archetipi]] storici, il [[bandito sociale]]»<ref>Voce «Banditry», in Peter Sterns (a cura di), ''Encyclopedia of Social History'', New York, Garland, 1994, pp. 76-78.</ref>. A un suo lavoro, in collaborazione con Terence Ranger, si deve la formulazione di un altro paradigma storico, l'[[invenzione della tradizione]].
 
Nelle proprie opere, Hobsbawm presenta una visione della storia "dal basso"<ref>"Le indagini di Hobsbawm si collocavano dentro una storia dal basso, percorsa non solo sul piano economico e sociale ma anche culturale e istituzionale; una storia che aveva trovato non solo nelle «[[Nouvelle Histoire|Annales]]» francesi ma anche nella storiografia britannica fra le due guerre sviluppi importanti e significativi": Anna Maria Rao, ''Transizioni. Hobsbawm nella modernistica italiana'', in "Studi storici" 4/2013, p. 783.</ref>, che, partendo da episodi minori legati alla vita delle persone riesce, mettendo insieme infiniti tasselli, a raffigurare il quadro storico dell'epoca analizzata in maniera totalmente innovativa ed affascinante. La storia così di un'epoca diventa, per Hobsbawm, la somma tendente all'infinito dei ricordi umani e della loro interazione. Al riguardo Hobsbawm ebbe modo di scrivere:
{{citazione|La memoria è vita. Essa è in perpetua evoluzione. Rimane a volte latente per lunghi periodi e poi ad un tratto rivive. La storia è la ricostruzione sempre incompleta e problematica di quello che non è più. La memoria appartiene sempre al nostro tempo e forma un eterno presente. La storia invece è rappresentazione del passato.|Eric Hobsbawm, ''[[L'Età degli imperi]]''}}
Questa visione "sociale" della storia rende lo stile narrativo dello storico estremamente scorrevole, veritiero ed affascinante e lo porta, al fine di descrivere un'epoca storica, a sconfinare dalla musica all'arte, passando per lo sport e per la moda e gli intrattenimenti dell'epoca. Tale stile, contrapposto se si vuole alla storiografia classica, rende Hobsbawm uno storico facilmente comprensibile e quasi una sorta di narratore-scrittore in prima persona.
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* ''[[Gente non comune|Gente non comune. Storie di uomini ai margini della Storia]]'', trad. S. Galli e S. Mancini, Collana Saggi stranieri, Rizzoli, Milano 2000 ISBN 88-17-86336-X; Collana Storia, BUR, Milano 2007, ISBN 88-17-01506-7.
* ''Gente che lavora. Storie di operai e contadini'', trad. M. Carpitella e S. Galli, Collana Saggi Stranieri, Milano, Rizzoli, 2001, ISBN 88-17-86891-4.
* ''Anni interessanti. Autobiografia di uno storico'', a cura di B. Lotti, trad. D. Didero e S. Mancini, Collana Saggi Stranieri, Milano, Rizzoli, 2002, ISBN 88-17-87032-3; Collana Storie e Biografie, BUR, 2004, ISBN 88-17-00067-1.
* ''L'uguaglianza sconfitta. Scritti e interviste'', trad. M. Palermi, Roma, Datanews, 2006, ISBN 88-7981-308-0.
* ''Imperialismi'', trad. D. Didero, Milano, Rizzoli, 2007, ISBN 978-88-17-01599-8.