Guerra d'Italia del 1521-1526: differenze tra le versioni
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La '''guerra d'Italia del 1521-1526''', nota anche come '''guerra dei quattro anni''',<ref group=N>Il nome si riferisce al periodo di tempo trascorso fra l'inizio delle ostilità nel 1521 e la battaglia di Pavia del 1525, anche se la guerra formalmente non cessò che nel 1526.</ref> fu parte delle [[Guerre d'Italia del XVI secolo|guerre d'Italia]]. La guerra vide il [[Regno di Francia|re di Francia]] [[Francesco I di Francia|Francesco I]] e la [[Repubblica di Venezia]] affrontare una coalizione costituita dal [[Sacro Romano Impero]] di [[Carlo V d'Asburgo|Carlo V]], il [[Regno d'Inghilterra]] di [[Enrico VIII d'Inghilterra|Enrico VIII]] e lo [[Stato Pontificio]]. Il conflitto fu causato dall'animosità scaturita dall'elezione di Carlo come imperatore nel 1519-1520 e dalla necessità di [[papa Leone X]] di allearsi con Carlo contro [[Martin Lutero]].
La guerra scoppiò in tutta l'[[Europa occidentale]] alla fine del 1521, quando una spedizione francese tentò la riconquista del [[Regno di Navarra]] mentre un'armata francese invadeva i [[Paesi Bassi (regione storica)|Paesi Bassi]]. Truppe spagnole ricacciarono i francesi verso i [[Pirenei]] e le altre forze imperiali attaccarono il
Nel 1525 Francesco stesso condusse un secondo attacco su [[Milano]] che, anche se inizialmente fece indietreggiare le forze spagnole
== Preludio ==
[[File:European dominions of Charles V (1519).jpg|thumb|left|Territori controllati da Carlo V nel 1519]]
A seguito della [[battaglia di Marignano]] del 1515 in Europa si era instaurato un periodo di pace che, tuttavia, con l'inizio del 1518 andò lentamente a sfaldarsi. I rapporti fra le maggiori potenze (Francia, Inghilterra, Spagna e Sacro Romano Impero) erano formalmente cordiali, essendosi impegnati tutti, con il trattato di Londra, a venire in aiuto di uno dei firmatari che fosse stato attaccato e di coalizzarsi contro ogni Stato che avesse rotto la pace. Essi erano divisi, invece, sulla questione della successione imperiale. L'[[Imperatore del Sacro Romano Impero]], [[Massimiliano I d'Asburgo|Massimiliano I]], ritenendo che dovesse essere un [[Casa d'Asburgo|Asburgo]] a succedergli, iniziò una campagna a favore di Carlo V, mentre Francesco si presentò come candidato alternativo. Allo stesso tempo il Papato
La morte di Massimiliano, nel 1519, portò l'elezione imperiale alla ribalta della politica europea. [[Papa Leone X]], minacciato dalla presenza delle truppe spagnole a soli sessanta chilometri dai confini del suo Stato, sostenne la candidatura francese.<ref>{{Cita|Hackett, 1937|p. 209}}.</ref> I [[principe elettore|principi elettori]], con l'eccezione di [[Federico il Saggio]] che rifiutò la continuazione delle campagne, promisero supporto a entrambi i candidati. Prima della sua morte, Massimiliano aveva promesso la somma di {{formatnum:500000}} fiorini agli elettori in cambio dei loro voti, ma Francesco offrì loro tre milioni e Carlo si vendicò ottenendo un grosso prestito dai [[Fugger]].<ref>{{Cita|Hackett, 1937|p. 210}}.</ref> Il risultato finale, tuttavia, non fu determinato dalle "tangenti" esorbitanti, che comprendevano la promessa di Leone X di rendere l'[[Diocesi di Magonza|arcivescovo di Magonza]] suo [[legato pontificio|legato]] permanente.<ref>{{Cita|Hackett, 1937|pp. 210-211}}.</ref> L'indignazione generale della popolazione all'idea di un imperatore francese condizionò gli Elettori e quando Carlo piazzò delle truppe vicino a [[Francoforte sul Meno|Francoforte]], dove erano riuniti gli Elettori, essi decisero di votare per lui.<ref>{{Cita|Guicciardini|Vol. IV, pp. 58-63}}.</ref> Egli venne incoronato ad [[Aquisgrana]] [[Re dei Romani]] il 23 ottobre 1520 e a quel punto controllava sia la corona di Spagna sia le terre dei [[Paesi Bassi (regione storica)|Paesi Bassi]].<ref>{{cita|Gerosa, 1989|p. 104}}.</ref><ref>{{Cita|Hackett, 1937|p. 211}}.</ref>
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== Mosse iniziali ==
In giugno l'esercito imperiale, al comando di [[Enrico III di Nassau-Breda|Enrico di Nassau]], invase il
[[File:Battles in Lombardy (1521-25).png|thumb|upright=1.4|Battaglie in Lombardia (1521–25). Indicati i combattimenti a [[battaglia della Bicocca|Bicocca]], [[Battaglia di Romagnano (1524)|Sesia]] e [[battaglia di Pavia (1525)|Pavia]]]]
Da novembre 1521 la situazione dei francesi andò deteriorandosi considerevolmente. Il 10, i francesi si erano ritirati a Milano. Carlo, Enrico VIII e il papa firmarono un'alleanza contro Francesco il 28 novembre. Precedentemente, a [[Odet de Foix]], governatore francese di [[Milano]], era stato affidato il compito di resistere alle forze imperiali e papali guidate da [[Prospero Colonna (condottiero)|Prospero Colonna]], ma il 19 novembre fu costretto a lasciare Milano, uscendo da [[Porta Garibaldi (Milano)|Porta Comasina]] e a ritirarsi in una zona facilmente difendibile nei pressi di [[Monza]], lungo il fiume [[Adda]], mentre gli imperiali erano riusciti
== La Francia in difficoltà ==
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Francesco escogitò diversi metodi per raccogliere fondi ma si concentrò su una causa contro Carlo III di Borbone. Il duca di Borbone aveva ricevuto la maggior parte dei suoi possedimenti attraverso il matrimonio con [[Susanna di Borbone]], che era morta poco prima dell'inizio della guerra. [[Luisa di Savoia]], cugina di Susanna e madre del re, insistette sul fatto che i territori in questione dovessero passare a lei a causa della sua più stretta parentela con la defunta. Francesco era sicuro che il sequestro delle terre contese avrebbe migliorato la propria posizione finanziaria in maniera sufficiente per continuare la guerra e cominciò a confiscare alcune porzioni di esse in nome di Luisa. Il Borbone, irritato da questo trattamento e sempre più isolato a corte, cominciò a fare aperture verso Carlo V tradendo il re francese.<ref>{{Cita|Hackett, 1937|pp. 260-261}}.</ref><ref>{{Cita|Konstam, 2016|pp. 41-43}}.</ref>
Nel 1523, la situazione francese crollò in maniera sostanziale. La morte del [[Dogi della Repubblica di Venezia|Doge di Venezia]] [[Antonio Grimani]] portò [[Andrea Gritti]], un veterano della [[guerra della Lega di Cambrai]], al potere a Venezia. Egli iniziò rapidamente i negoziati con l'imperatore e il 29 luglio concluse il trattato di Worms, che tolse la Repubblica di Venezia dalla guerra.<ref>{{Cita|Guicciardini|Vol. IV, pp. 176-186}}.</ref><ref>{{cita|Norwich, 1989|p. 439}}.</ref> Carlo di Borbone continuò la sua schermaglia con Carlo V, offrendo l'inizio di una ribellione contro Francesco in cambio di denaro e di truppe tedesche. Quando Francesco, che era a conoscenza del complotto, lo chiamò a [[Lione]] nel mese di ottobre, finse una malattia e fuggì a [[città libera e imperiale di Besançon|Besançon]]. Infuriato, Francesco ordinò la cattura e l'esecuzione dei suoi collaboratori ma il duca stesso, dopo aver respinto
Carlo V invase quindi il
[[File:Guillaume Gouffier, Seigneur de Bonnivet.jpg|thumb|upright|[[Guillaume Gouffier de Bonnivet]], disegno di [[Jean Clouet]] (c. 1516). Bonnivet comandò diverse armate francesi durante tutto il periodo della guerra]]
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[[File:Battle of Pavia.jpg|upright=1.4|thumb|Parte dell'''Arazzo di Pavia'', tessuto su disegno di [[Bernard van Orley]] (c. 1531)]]
Nel gennaio 1525 Lannoy ottenne rinforzi con l'arrivo di [[Georg von Frundsberg]] con {{formatnum:8000}}-{{formatnum:9000}} lanzichenecchi che calarono lungo la [[valle dell'Adige]] e rinnovò l'offensiva.<ref>{{cita|Pellegrini, 2009|p. 169}}.</ref> D'Avalos catturò l'avamposto francese a [[Sant'Angelo Lodigiano|Sant'Angelo]], tagliando le linee di comunicazione tra [[Pavia]] e [[Milano]], mentre una colonna separata di lanzichenecchi avanzava su [[Belgioioso]] e, pur essendo brevemente fatta arretrare da un raid condotto da Medici e Bonnivet, occupò la città.<ref>{{cita|Blockmans, 2002|p. 59}}.</ref><ref>{{Cita|Konstam, 2016|pp. 70-77}}.</ref> Dal 2 febbraio Lannoy era a pochi chilometri da [[Pavia]]. Francesco aveva accampato la maggior parte delle sue forze nel grande [[parco Visconteo]] al di fuori delle mura della città, inserendole tra la guarnigione di Leyva e le truppe di appoggio in arrivo.<ref>{{Cita|Hackett, 1937|pp. 290-291}}.</ref><ref>{{Cita|Konstam, 2016|p. 78}}.</ref> Schermaglie e sortite della guarnigione continuarono per tutto il mese di febbraio. Medici fu ferito gravemente e si ritirò a [[Piacenza]] per recuperare le forze, costringendo Francesco a richiamare gran parte della guarnigione di [[Milano]] per compensare la partenza delle Bande Nere, ma i combattimenti ebbero scarsi effetti. Il 21 febbraio, i comandanti
[[File:Musei civici pavia10.jpg|miniatura|Lastra tombale di Eitel Friedrich III, conte di Hohenzollern, capitano dei [[lanzichenecchi]] e morto nella [[Battaglia di Pavia (1525)|battaglia,]] dalla [[Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro|basilica di San Pietro in Ciel d’Oro]], [[Pavia]], [[Musei civici di Pavia|musei Civici]]
Nelle prime ore del mattino del 24 febbraio 1525, i guastatori imperiali aprirono delle brecce nelle mura del [[parco Visconteo]] consentendo alle forze di Lannoy di entrare nel [[Parco Visconteo|parco]]. Allo stesso tempo Leyva uscì da [[Pavia]] con ciò che rimaneva della guarnigione. Nella successive quattro ore della [[Battaglia di Pavia (1525)|battaglia]], la cavalleria pesante francese, che si era dimostrata così efficace contro gli svizzeri a [[Battaglia di Marignano|Marignano]] dieci anni prima, nascondendo la propria artiglieria da una rapida avanzata, venne circondata e frammentata dai lanzichenecchi e dagli archibugieri spagnoli (i celebri ''[[tercio]]s'') di d'Avalos. Nel frattempo, una serie di prolungati scontri di fanteria portò alla disfatta della fanteria svizzera e francese. I francesi subirono perdite enormi, la maggior parte delle loro forze. Bonnivet, [[Jacques de La Palice]], [[Louis de la Trémoille|La Trémoille]] e [[Richard de la Pole]] vennero uccisi, mentre [[Anne de Montmorency (duca)|Anne de Montmorency]], [[Robert de la Marck]] e lo stesso Francesco furono fatti prigionieri insieme a una serie di nobili minori.<ref>{{Cita|Hackett, 1937|pp. 292-294}}.</ref><ref>{{Cita|Konstam, 2016|pp. 89-116}}.</ref><ref>{{cita|Taylor, 1973|pp. 126-127}}.</ref><ref>{{cita|Pellegrini, 2009|pp. 170-172}}.</ref> La notte dopo la battaglia, Francesco diede a Lannoy una lettera da consegnare a sua madre a Parigi, in cui raccontò quello che gli era accaduto: "Per informarvi di come il resto della mia cattiva fortuna sta procedendo, tutto è perduto per me salvo l'onore e la vita, che è salva".<ref name="Konstam_A">{{Cita|Konstam, 2016|p. 117}}.</ref><ref group=N>[[Francis Hackett]] dà una definizione simile e rileva che le fonti contemporanee accorciarono la frase in "tutto perduto salvo l'onore". In {{Cita|Hackett, 1937|p. 202}}.</ref> Poco dopo, apprese che il duca di Albany aveva perso la maggior parte delle sue truppe, fra perdite e diserzioni, ed era tornato in Francia senza mai aver raggiunto Napoli.<ref>{{Cita|Guicciardini|Vol. IV, p. 275}}.</ref> I resti sbandati delle forze francesi, a parte una piccola guarnigione lasciata a guardia del [[Castello Sforzesco]] a Milano, si ritirarono attraverso le Alpi sotto il comando nominale di [[Carlo IV di Alençon]], raggiungendo [[Lione]] nel marzo 1525.<ref name="Konstam_A" />
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[[File:Pizzighettone Torre Francesco 001.jpg|thumb|La rocca di Pizzighettone, dove Francesco I fu imprigionato da [[Carlo di Lannoy]]]]
===Pizzighettone===
Dopo Pavia, il destino del re di Francia, imprigionato nella rocca di Pizzighettone, e della Francia stessa divennero oggetto di furiose manovre diplomatiche: Carlo V, in mancanza di fondi per pagare la guerra, decise di rinunciare al matrimonio con la [[Dinastia Tudor|Casa dei Tudor]] che aveva promesso a Enrico VIII e cercò invece di sposare [[Isabella d'Aviz (1503-1539)|Isabella del Portogallo]], che avrebbe portato con sé una dote più consistente. Il duca di Borbone, nel frattempo, discuteva con Enrico di invadere e partizionare la Francia, e allo stesso tempo incoraggiava d'Avalos a prendere Napoli e a dichiararsi
Il [[trattato di Roma (1525)]], stipulato il primo aprile tra l'inviato di [[Carlo di Lannoy]]
[[Francesco Guicciardini]] così descrive il trattato:
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Francesco, convinto che avrebbe riconquistato la sua libertà se avesse potuto avere un'udienza personale con Carlo, fece pressioni su d'Avalos e Lannoy, che avevano intenzione di portare il re nel [[Maschio Angioino|Castel Nuovo]] a [[Napoli]], di mandarlo invece in Spagna. Preoccupati per gli intrighi del duca di Borbone, accettarono di portare Francesco a [[Barcellona]] il 12 giugno.<ref group=N>Guicciardini osserva che non "sa se [Francesco credeva questo] perché misurava gli uomini con la sua stessa natura, o perché gli uomini facilmente si illudono quando sono coinvolti i propri desideri". In {{Cita|Guicciardini|Vol. IV, pp. 306-308}}.</ref><ref>{{Cita|Hackett, 1937|pp. 315-316}}.</ref>
Francesco venne inizialmente tenuto in una villa a [[Benisanó]], nei pressi di [[Valencia]], ma Carlo, esortato a negoziare un accordo da Montmorency e Lannoy, che suggerirono che gli italiani si sarebbero presto rivelati infedeli alla loro alleanza imperiale, ordinò di portarlo a [[Madrid]] e imprigionarlo nella cittadella.<ref>{{cita|Knecht, 1994|p. 242}}.</ref> Tuttavia, Carlo rifiutò categoricamente di ricevere Francesco personalmente fino a quando quest'ultimo non avesse accettato un accordo.<ref name="Guicciardini">{{Cita|Guicciardini|Vol. IV, pp. 308-309}}..</ref> Nel frattempo, [[Enrico II di Navarra]], che aveva combattuto a fianco di Francesco a Pavia e anch'egli imprigionato a Madrid, riuscì a evadere. La lotta per la conquista del [[Regno di Navarra]] continuò, con Carlo che riuscì a occupare le frange meridionali della [[Bassa Navarra]] ed Enrico che ne rimase lontano.<ref>{{cita|Urzainqui, 2013|p. 21}}.</ref>
Carlo chiese non solo la resa della Lombardia, ma anche della Borgogna e della Provenza, costringendo così Francesco a sostenere che la legge francese gli impediva di cedere tutte le terre possedute dalla corona senza l'approvazione del [[Parlamento]], che non sarebbe stata imminente. Le richieste imperiali vennero consegnate a Francesco da Büren, ciambellano dell'imperatore, quando era ancora imprigionato nella fortezza di [[Pizzighettone]] dopo la battaglia di Pavia; Carlo aveva inizialmente previsto che il Borbone gli avrebbe dato una Provenza indipendente come ricompensa per i suoi servizi.<ref>{{Cita|Guicciardini|Vol. IV, pp. 305-307}}.</ref>
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All'inizio del 1526, Carlo ricevette delle richieste da Venezia e dal papa per restaurare [[Francesco II Sforza]] sul trono del [[Ducato di Milano]], ed era diventato ansioso di raggiungere un accordo con i francesi prima dell'inizio di un'altra guerra. Francesco, dopo aver richiesto senza alcun risultato di mantenere la Borgogna, era pronto ad arrendersi per ottenere la sua liberazione.<ref>{{Cita|Guicciardini|Vol. IV, pp. 347-350}}.</ref> Il 14 gennaio 1526 Carlo e Francesco si accordarono con il trattato di Madrid con il quale il re francese rinunciava alle sue pretese sull'Italia, [[Fiandre]] e [[Artois]], cedendo la [[Ducato di Borgogna|Borgogna]] a Carlo, accettando di inviare due suoi figli in ostaggio presso la corte spagnola, e con la promessa di sposare la sorella di Carlo, [[Eleonora d'Asburgo|Eleonora]] restituendo al duca di Borbone i territori che gli erano stati confiscati.<ref>{{cita|Blockmans, 2002|pp. 60, 68}}.</ref><ref>{{Cita|Guicciardini|Vol. IV, pp. 348-353}}.</ref><ref>{{cita|Oman, 1937|p. 211}}.</ref> Francesco, che deteneva il titolo di [[Maestà cristianissima]], accettò anche di convincere Enrico VIII a rinunciare al trono di Navarra a favore di Carlo, "al fine di sradicare gli errori della setta luterana e del resto delle sette condannate".<ref group=N>L'accordo ribadì inoltre la necessità di distruggere "gli infedeli". In {{cita|Urzainqui, 2013|p. 21}}.</ref>
Francesco venne rilasciato il 6 marzo e, scortato da Lannoy, si recò a nord di Fuenterrabia. Il 18 marzo, attraversò il [[Bidasoa]], nel
Francesco, però, non aveva alcuna intenzione di rispettare le restanti disposizioni del trattato di Madrid. Il 22 marzo, con la benedizione del papa, proclamò che non era vincolato dal trattato di Madrid perché firmato sotto costrizione. [[Papa Clemente VII]], che nel frattempo si era convinto che il crescente potere dell'imperatore era una minaccia per la propria posizione in Italia, inviò emissari a Francesco ed Enrico VIII proponendo un'alleanza contro Carlo.<ref group=N>Guicciardini ricorda che Clemente temeva che "la grandezza dell'imperatore inevitabilmente avrebbe significato la sua servitù". {{Cita|Guicciardini|p. 63}}.</ref> Enrico, non avendo ricevuto nulla dal trattato di Madrid, fu ricettivo alle offerte. Nel mese di maggio, Francesco e il papa lanciarono la [[guerra della Lega di Cognac]] nel tentativo di richiedere il territorio che i francesi avevano perso.<ref>{{cita|Pellegrini, 2009|p. 176}}.</ref> Il sovrano inglese, respinto nel suo tentativo di avere la firma dell'alleanza in madrepatria, non si sarebbe unito fino al 1527.<ref>{{Cita|Guicciardini|Vol. V, pp. 10-11, 82-83}}.</ref> La guerra si sarebbe rivelata infruttuosa, ma Francesco e il suo successore, [[Enrico II di Francia|Enrico II]], avrebbero continuato a far valere le loro pretese su Milano con il resto delle [[Guerre d'Italia del XVI secolo|guerre d'Italia]], rinunciando solo dopo la [[pace di Cateau-Cambrésis]] del 1559.<ref>{{cita|Pellegrini, 2009|p. 194}}.</ref>
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