Impero partico: differenze tra le versioni

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{{Vedi anche|Ellenismo|Achemenidi}}
[[File:ParthianWaterSpoutWithFaceOfIranianMan1-2ndCenturyCE.jpg|thumb|upright=0.7|Testa di un Partico, datata al I o al II secolo d.C.]]
Sebbene la [[cultura ellenistica]] dei Seleucidi fosse stata adottata da tutti i popoli del [[Vicino Oriente]] nel corso del [[Ellenismo|periodo Ellenistico]], il periodo partico fu segnato da una [[Cultura persiana|rinascita culturale persiana]] nella religione, nelle arti, e persino nell'abbigliamento.<ref>{{cita|Curtis 2007|pp. 14–15}}; cfr. anche {{cita|Katouzian 2009|p. 45}}</ref> Consapevoli di entrambe le radici ellenistica e persiana della loro sovranità, i re arsacidi si autoproclamarono ''[[Re dei Re]]'' (come la precedente dinastia persiana degli [[Achemenidi]]) e ''[[Filellenismo|filelleni]]'' ("amici dei Greci").<ref>{{cita|Garthwaite 2005|p. 85}}; {{cita|Curtis 2007|pp. 14–15}}</ref> La pratica di incidere la parola "filoelleno" sulle monete partiche si interruppe, tuttavia, con il regno di Artabano II,<ref name="curtis_2007_11">{{cita|Curtis 2007|p. 11}}.</ref> a causa del progressivo abbandono delle tradizioni ellenistiche dovuto alla rinascita della civiltà persiana in Partia.<ref name="curtis_2007_16">{{cita|Curtis 2007|p. 16}}.</ref> Vologase I fu il primo arsacide a far apparire sulle monete da lui fatte battere delle scritte in caratteri [[Lingua pahlavi|partici]] e in [[lingua partica]] insieme al greco, ormai non più compreso dalla maggior parte della popolazione.<ref>{{cita|Garthwaite 2005|pp. 80–81}}; cfr. anche {{cita|Curtis 2007|p. 21}} e {{cita|Schlumberger 1983|p. 1030}}</ref> Malgrado ciò, le incisioni in caratteri greci continuarono ad essere presenti sulle monete partiche fino al collasso dell'Impero.<ref>{{cita|Schlumberger 1983|p. 1030}}.</ref>
 
Sebbene la [[cultura ellenistica]] dei Seleucidi fosse stata adottata da tutti i popoli del [[Vicino Oriente]] nel corso del [[Ellenismo|periodo Ellenistico]], il periodo partico fu segnato da una [[Cultura persiana|rinascita culturale persiana]] nella religione, nelle arti, e persino nell'abbigliamento.<ref>{{cita|Curtis 2007|pp. 14–1514-15}}; cfr. anche {{cita|Katouzian 2009|p. 45}}.</ref> Consapevoli di entrambe le radici ellenistica e persiana della loro sovranità, i re arsacidi si autoproclamarono ''[[Re dei Re]]'' (come la precedente dinastia persiana degli [[Achemenidi]]) e ''[[Filellenismo|filelleni]]'' ("amici dei Greci").<ref>{{cita|Garthwaite 2005|p. 85}}; {{cita|Curtis 2007|pp. 14–1514-15}}.</ref> La pratica di incidere la parola "filoelleno" sulle monete partiche si interruppe, tuttavia, con il regno di Artabano II,<ref name="curtis_2007_11">{{cita|Curtis 2007|p. 11}}.</ref> a causa del progressivo abbandono delle tradizioni ellenistiche dovuto alla rinascita della civiltà persiana in Partia.<ref name="curtis_2007_16">{{cita|Curtis 2007|p. 16}}.</ref> Vologase I fu il primo arsacide a far apparire sulle monete da lui fatte battere delle scritte in caratteri [[Lingua pahlavi|partici]] e in [[lingua partica]] insieme al greco, ormai non più compreso dalla maggior parte della popolazione.<ref>{{cita|Garthwaite 2005|pp. 80–8180-81}}; cfr. anche {{cita|Curtis 2007|p. 21}} e {{cita|Schlumberger 1983|p. 1030}}.</ref> Malgrado ciò, le incisioni in caratteri greci continuarono ad essere presenti sulle monete partiche fino al collasso dell'Impero.<ref>{{cita|Schlumberger 1983|p. 1030}}.</ref>
L'influenza culturale ellenistica, tuttavia, non scomparve del tutto dall'Impero partico, e vi è evidenza che gli Arsacidi assistevano a [[Teatro greco|spettacoli teatrali greci]]. Quando la testa di Crasso fu portata a Orode II, egli e il re armeno Artavasde II erano impegnati ad assistere a una rappresentazione di ''[[Le Baccanti]]'' del commediografo greco [[Euripide]] (''c''.&nbsp;480–406 a.C.). Il produttore dell'opera teatrale decise di adoperare la testa di Crasso al posto della testa finta di [[Penteo]].<ref>{{cita|Bivar 1983|p. 56}}.</ref>
 
L'influenza culturale ellenistica, tuttavia, non scomparve del tutto dall'Impero partico, e vi è evidenza che gli Arsacidi assistevano a [[Teatro greco|spettacoli teatrali greci]]. Quando la testa di Crasso fu portata a Orode II, egli e il re armeno Artavasde II erano impegnati ad assistere a una rappresentazione di ''[[Le Baccanti]]'' del commediografo greco [[Euripide]] (''c''.&nbsp;480–406480-406 a.C.). Il produttore dell'opera teatrale decise di adoperare la testa di Crasso al posto della testa finta di [[Penteo]].<ref>{{cita|Bivar 1983|p. 56}}.</ref>
Sulle sue monete, Arsace I è rappresentato con un aspetto simile ai satrapi achemenidi. Secondo A. Shahbazi, Arsace "deliberatamente diverge dalle monete seleucidi per enfatizzare le sue aspirazioni nazionalistiche e regali, e si autodefinisce Kārny/Karny (Greco: Autocratos), un titolo già impiegato dai supremi generali achemenidi, come Ciro il Giovane."<ref name=shahbazi525/> In linea con le tradizioni achemenidi, immagini in rilievo sulla roccia di re arsacidi vennero scavate sul [[Monte Behistun]], dove [[Dario I di Persia]] (r. 522–486 a.C.) aveva fatto incidere le [[Iscrizioni di Bisotun|iscrizioni regali]].<ref>{{cita|Garthwaite 2005|p. 85}}; {{cita|Brosius 2006|pp. 128–129}}</ref> Inoltre, gli Arsacidi rivendicarono una presunta discendenza da [[Artaserse II di Persia]] (''r''.&nbsp;404–358 a.C.) per rafforzare la loro legittimità sul governo di territori precedentemente achemenidi, rivendicando di essere i "legittimi successori dei re gloriosi" dell'antica Persia.<ref>{{cita|Lukonin 1983|p. 697}}.</ref> Per esempio, Artabano II chiamò uno dei suoi figli Dario e rivendicò di essere l'erede di [[Ciro il Grande|Ciro]].<ref name=shahbazi525>{{cita|Shahbazi 1987|p. 525}}.</ref> I re arsacidi scelsero nomi tipicamente zoroastriani per sé stessi, alcuni dei quali presi dallo "[[dinastia kayaniana|sfondo eroico]]" dell'[[Avestā]], secondo V.G. Lukonin.<ref>{{cita|Lukonin 1983|p. 687}}; {{cita|Shahbazi 1987|p. 525}}</ref> A conferma di come la corte arsacide riportò in auge le antiche tradizioni persiane, va osservato che i Parti abbandonarono l'uso del [[Antico calendario macedonico|calendario macedone]] introdotto in Partia dai Seleucidi, sostituendolo con il [[calendario babilonese]]: furono comunque apportate delle modifiche a quest'ultimo calendario, prendendo i nomi dei mesi dell'anno dal [[calendario persiano]] achemenide.<ref>{{cita|Duchesne-Guillemin 1983|pp. 867–868}}.</ref>
 
Sulle sue monete, Arsace I è rappresentato con un aspetto simile ai satrapi achemenidi. Secondo A. Shahbazi, Arsace "deliberatamente diverge dalle monete seleucidi per enfatizzare le sue aspirazioni nazionalistiche e regali, e si autodefinisce Kārny/Karny (Greco: Autocratos), un titolo già impiegato dai supremi generali achemenidi, come Ciro il Giovane."<ref name=shahbazi525/> In linea con le tradizioni achemenidi, immagini in rilievo sulla roccia di re arsacidi vennero scavate sul [[Monte Behistun]], dove [[Dario I di Persia]] (r. 522–486522-486 a.C.) aveva fatto incidere le [[Iscrizioni di Bisotun|iscrizioni regali]].<ref>{{cita|Garthwaite 2005|p. 85}}; {{cita|Brosius 2006|pp. 128–129128-129}}.</ref> Inoltre, gli Arsacidi rivendicarono una presunta discendenza da [[Artaserse II di Persia]] (''r''.&nbsp;404–358404-358 a.C.) per rafforzare la loro legittimità sul governo di territori precedentemente achemenidi, rivendicando di essere i "legittimi successori dei re gloriosi" dell'antica Persia.<ref>{{cita|Lukonin 1983|p. 697}}.</ref> Per esempio, Artabano II chiamò uno dei suoi figli Dario e rivendicò di essere l'erede di [[Ciro il Grande|Ciro]].<ref name=shahbazi525>{{cita|Shahbazi 1987|p. 525}}.</ref> I re arsacidi scelsero nomi tipicamente zoroastriani per sé stessi, alcuni dei quali presi dallo "[[dinastia kayaniana|sfondo eroico]]" dell'[[Avestā]], secondo V.G. Lukonin.<ref>{{cita|Lukonin 1983|p. 687}}; {{cita|Shahbazi 1987|p. 525}}.</ref> A conferma di come la corte arsacide riportò in auge le antiche tradizioni persiane, va osservato che i Parti abbandonarono l'uso del [[Antico calendario macedonico|calendario macedone]] introdotto in Partia dai Seleucidi, sostituendolo con il [[calendario babilonese]]: furono comunque apportate delle modifiche a quest'ultimo calendario, prendendo i nomi dei mesi dell'anno dal [[calendario persiano]] achemenide.<ref>{{cita|Duchesne-Guillemin 1983|pp. 867–868867-868}}.</ref>
 
=== Letteratura ===
Nei fatti, non esiste una letteratura di lingua partica che sia sopravvissuta nella sua forma originaria, in quanto i Parti, pur possedendo un proprio sistema di scrittura caratteristico, non tramandarono la propria letteratura per iscritto, ma soltanto per via orale; pertanto, le opere sopravvissute sono pervenute soltanto in forma alterata, tramandate dapprima in forma orale e solo successivamente trascritte.<ref>{{cita|Boyce 1983|p. 1151}}.</ref> La letteratura secolare partica consisteva principalmente in poemi epici accompagnati da musica e recitati [[letteratura orale|oralmente]] dal [[menestrello]] di corte (''gōsān''); tuttavia, i loro racconti, composti in versi, non furono tramandati per iscritto fino al successivo periodo sasanide.<ref>{{cita|Brosius 2006|p. 106}}.</ref> Si ritiene che storie come il racconto romantico ''[[Vis e Rāmin]]'' e il [[poesia epica|ciclo epico]] della [[dinastia Kayaniana]] facessero parte del corpus della letteratura orale di epoca partica, sebbene compilate molto tempo dopo.<ref>{{cita|Boyce 1983|pp. 1158–11591158-1159}}.</ref> Sebbene la letteratura di lingua partica non fu tramandata in forma scritta, vi è evidenza che gli Arsacidi riconoscevano e rispettavano la [[letteratura greca]] scritta antica.<ref>{{cita|Boyce 1983|pp. 1154–11551154-1155}}; cfr. anche {{cita|Kennedy 1996|p. 74}}.</ref>
 
=== Arte ===
[[File:Duraeuropa-1-.gif|thumb|upright=1.2|left|Un murale ritraente una scena tratta dal [[Libro di Ester]] nella [[Sinagoga di Dura Europos]], datata al 245 d.C., che Curtis<ref>{{cita|Curtis 2007|p. 18}}.</ref> e Schlumberger<ref>{{cita|Schlumberger 1983|pp. 1052–10531052-1053}}.</ref> descrivono come un esempio fine di 'frontalità partica']]
{{Vedi anche|Arte partica}}
 
L'arte partica può essere suddivisa in tre fasi geo-storiche: l'arte della Partia propriamente detta; l'arte dell'[[Iran|plateau iranico]]; e l'arte della Mesopotamia partica.<ref name="brosius_2006_127">{{cita|Brosius 2006|p. 127}}.</ref> Le prime opere d'arte genuinamente partiche, rinvenute a Mithridatkert/Nisa, combinavano elementi di arte greca e persiana in linea con le tradizioni achemenidi e seleucidi.<ref name="brosius_2006_127"/> Nella seconda fase, l'arte partica trasse ispirazione dall'[[arte achemenide]], come esemplificato dal bassorilievo dell'investitura di Mitridate II sul Monte Behistun.<ref name="brosius_2006_128"/> La terza fase si sviluppò gradualmente dopo la conquista partica della Mesopotamia.<ref name="brosius_2006_128"/>
 
Motivi comuni del periodo partico comprendono scene di battute di caccia regali e di [[investitura]] di re arsacidi.<ref>{{cita|Brosius 2006|p. 127}}; cfr. anche {{cita|Schlumberger 1983|pp. 1041–10431041-1043}}.</ref> L'uso di questi motivi si estese fino a comprendere ritratti di re locali.<ref name="brosius_2006_127"/> Venivano realizzati bassorilievi sulla roccia, [[affreschi]], e persino [[graffiti (archeologia)|graffiti]].<ref name="brosius_2006_127"/> Motivi geometrici e stilizzati di piante vennero usati anche su pareti di [[stucco]] e [[gesso (materiale)|gesso]].<ref name="brosius_2006_128"/> Il motivo comune del periodo sasanide consisteva in due cavalieri impegnati in un combattimento con le lance e fece la sua prima comparsa nei bassorilievi partici sul Monte Behistun.<ref>{{cita|Brosius 2006|pp. 129, 132}}.</ref>
 
==== Scultura e pittura ====
Nei ritratti i Parti tendevano a enfatizzare la frontalità, e ciò significava che ogni persona ritratta in dipinti, sculture e rilievi sulle monete volgeva direttamente lo sguardo verso l'osservatore invece di mostrare il suo profilo.<ref>{{cita|Brosius 2006|p. 127}}; {{cita|Garthwaite 2005|p. 84}}; {{cita|Schlumberger 1983|pp. 1049–10501049-1050}}.</ref> Anche se l'uso della frontalità nei ritratti era una vecchia tecnica artistica già in uso prima del periodo partico, la frontalità partica era contraddistinta da tratti innovativi, come spiegato da [[Daniel Schlumberger]]:<ref name="schlumberger_1983_1051"/>
 
{{Citazione|La 'frontalità partica', come siamo ora soliti a definirla, differisce profondamente dalla frontalità antica greca e del Vicino Oriente, anche se, senza dubbio, deriva da quest'ultima. Per entrambe le arti Orientale e Greca, la frontalità era un trattamento eccezionale: nell'arte Orientale era un trattamento rigorosamente riservato a un piccolo numero di tradizionali personaggi di culto e del mito; nell'arte greca era un'opzione a cui si ricorreva solo per motivi ben precisi, come per richiesta del soggetto, e, in generale, molto di rado veniva impiegata. Con l'arte partica, al contrario, la frontalità divenne il trattamento normale della figura. Per i Parti la frontalità è veramente nient'altro che il costume di rappresentare, nel rilievo e nella pittura, il volto intero di tutte le figure, anche a scapito (come sembra a noi moderni) della chiarezza e dell'intelligibilità. È così sistematico quest'uso che esso equivale ''de facto'' a un divieto completo del ritratto di profilo e di tutti quelli intermedi tra i due. Questo singolare stato delle cose sembra essere stato stabilito nel corso del I secolo d.C.|Schlumberger<ref name="schlumberger_1983_1051">{{cita|Schlumberger 1983|p. 1051}}.</ref>|lingua=en|'Parthian frontality', as we are now accustomed to call it, deeply differs both from ancient Near Eastern and from Greek frontality, though it is, no doubt, an offspring of the latter. For both in Oriental art and in Greek art, frontality was an exceptional treatment: in Oriental art it was a treatment strictly reserved for a small number of traditional characters of cult and myth; in Greek art it was an option resorted to only for definite reasons, when demanded by the subject, and, on the whole, seldom made use of. With Parthian art, on the contrary, frontality becomes the normal treatment of the figure. For the Parthians frontality is really nothing but the habit of showing, in relief and in painting, all figures full-face, even at the expense (as it seems to us moderns) of clearness and intelligibility. So systematic is this use that it amounts to a complete banishment ''de facto'' of the side-view and of all intermediate attitudes. This singular state of things seems to have become established in the course of the 1st century A.D.}}
 
L'arte partica, con il suo uso caratteristico della frontalità nei ritratti, fu abbandonata a causa dei profondi cambiamenti culturali e politici introdotti dall'Impero sasanide.<ref>{{cita|Schlumberger 1983|p. 1053}}.</ref> Tuttavia, anche in seguito all'occupazione romana di Dura-Europos nel 165 d.C., l'uso della frontalità partica continuò a fiorire nella zona. Ciò è esemplificato dai murali risalenti all'inizio del III secolo d.C. della [[Sinagoga di Dura Europos]], un tempio nella stessa città dedicato a divinità palmirene, e il locale [[Mitreo]].<ref>{{cita|Curtis 2007|p. 18}}; {{cita|Schlumberger 1983|pp. 1052–10531052-1053}}.</ref>
 
==== Architettura ====
[[File:Hatra (17).jpg|thumb|Un ''[[Iwan (architettura)|iwan]]'' a volta a botte all'ingresso dell'antico sito di [[Hatra]], odierno [[Iraq]], costruito ''c''.&nbsp;nel 50 d.C. circa]]
 
L'architettura partica, pur adottando elementi dell'architettura [[architettura persiana|achemenide]] e [[Architettura greca|greca]], rimase ben distinta dalle due. Lo stile è attestato per la prima volta a Mithridatkert/Nisa.<ref name="brosius_2006_111-112">{{cita|Brosius 2006|pp. 111–112111-112}}.</ref> L'Ingresso circolare di Nisa è simile ai palazzi ellenistici, ma differente in quanto forma un cerchio e una volta dentro uno spazio quadrato.<ref name="brosius_2006_111-112"/> Tuttavia, le opere d'arte di Nisa, statue di marmo comprese, sono indubbiamente influenzate dall'arte greca.<ref>{{cita|Brosius 2006|pp. 111–112111-112, 127–128127-128}}; {{cita|Schlumberger 1983|pp. 1037–10411037-1041}}.</ref>
 
Un elemento caratteristico dell'architettura partica era l{{'}}''[[Iwan (architettura)|iwan]]'', un ingresso sostenuto da archi o volte a botte e aperto da un solo lato.<ref name="garthwaite_2005_84 brosius_2006_128 schlumberger_1983_1049">{{cita|Garthwaite 2005|p. 84}}; {{cita|Brosius 2006|p. 128}}; {{cita|Schlumberger 1983|p. 1049}}.</ref> L'uso della volta a botte sostituì l'uso ellenistico di colonne per sostenere i tetti.<ref name="brosius_2006_128">{{cita|Brosius 2006|p. 128}}.</ref> Sebbene l{{'}}''iwan'' fosse già noto persino anteriormente al periodo achemenide e adoperato in strutture più piccole e sotterranee, furono i Parti i primi a costruirli su scala monumentale.<ref name="garthwaite_2005_84 brosius_2006_128 schlumberger_1983_1049"/> I primi ''iwan'' partici sono stati rinvenuti a Seleucia, e sono datati al I secolo d.C.<ref name="brosius_2006_128"/> ''Iwan'' monumentali sono stati rinvenuti anche negli antichi templi di Hatra e furono forse modellati sullo stile partico.<ref name="brosius_2006_134-135">{{cita|Brosius 2006|pp. 134–135134-135}}.</ref> Gli ''iwan'' partici più grandi di quel sito avevano una lunghezza di 15&nbsp;m.<ref>{{cita|Schlumberger 1983|p. 1049}}.</ref>
 
==== Oreficeria ed artigianato ====
Molti oggetti del cosiddetto "''periodo partico''", ovvero prodotti durante la dominazione partica (dal [[III secolo a.C.]] al [[III secolo|III secolo d.C.]]), sia d'oreficeria che d'artigianato (compresi oggetti in metallo e ceramica), furono ampiamente influenzati sia dalle precedenti civiltà iraniche del periodo [[Impero assiro|assiro]]-[[Impero babilonese|babilonese]], sia da [[ellenismo|quella ellenistica]] giunta fino all'Indo con [[Alessandro Magno]] alla fine del [[IV secolo a.C.]]<ref>George Rawlinson, ''Parthia'', GB e USA 1893, ppp. 385-389.</ref>
 
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