==Biografia==
Compiuti gli studi militari, nel [[1848]]-[[1849]] col grado di [[tenenteTenente]] d'[[artiglieriaArtiglieria]] prese parte alla [[Prima guerraGuerra di indipendenzaIndipendenza italianaItaliana|primaPrima guerraGuerra di indipendenzaIndipendenza]], in cui si schierò con le truppe del reRe [[Carlo Alberto di Savoia]]. Dopo una rapida carriera che lo portò ai vertici dell'esercitoEsercito sabaudoSabaudo, nel [[1859]] organizzò la difesa armata di Ivrea in previsione di un attacco austriaco. L'anno seguente fu nominato [[maggioreMaggiore]] della Milizia Mobile della città e venne inviato a [[Bologna]], dove appoggiò la popolazione che si ribellava allo [[Stato Pontificio]] ed organizzò il plebiscito che sancì l'unione dell'[[Emilia-Romagna]] con il [[Regno di Sardegna]].
Successivamente all'unità d'Italia, dopo l'arrivo della [[Spedizione di Borjes|spedizione]] di [[José Borjes]] fu mandato in [[Calabria]] (precisamente nel [[provincia di Cosenza|Cosentino]]) con il titoloGrado di colonnelloColonnello per domare il [[brigantaggio postunitario|brigantaggio]]. La repressione attuata da Fumel fu spietata, usando i metodi più estremi per eliminare i briganti, ricorrendo alla tortura e al terrore, senza distinzioni tra briganti e manutengoli o presunti tali e a prescindere dall'osservanza di qualsiasi garanzia legale.<ref>Franco Molfese, ''Storia del brigantaggio dopo l'Unità'', Feltrinelli, 1966, p.152</ref> Egli decimò le bande di Palma, Schipani, Ferrigno, Morrone, Franzese, Rosacozza, Molinari, Bellusci e Pinnolo.
Le esecuzioni comandate da Fumel avvenivano in pubblica piazza e lungo le strade. {{Senza fonte|Le vittime venivano decapitate e le loro teste venivano impalate come avvertimento per chi aderiva o appoggiava le bande brigantesche, altri cadaveri invece venivano gettati nei fiumi.}} L'episodio più noto della sua attività antibrigantaggio avvenne a [[Fagnano Castello]], quando ordinò la fucilazione di cento contadini inermi.<ref>Giuseppe Rizzo, Antonio La Rocca, ''La banda di Antonio Franco'', Il coscile, 2002, p.114</ref>
A [[Cirò]] il 12 febbraio del [[1862]], Fumel scrisse un proclama sulla risoluzione del problema del brigantaggioBrigantaggio:
{{Citazione|Io sottoscritto, avendo avuto la missione di distruggere il brigantaggioBrigantaggio, prometto una ricompensa di cento lire per ogni brigante, vivo o morto, che mi sarà portato. Questa ricompensa sarà data ad ogni brigante che ucciderà un suo camerataCamerata; gli sarà inoltre risparmiata la vita. Coloro che in onta degli ordini, dessero rifugio o qualunque altro mezzo di sussistenza o di aiuto ai briganti, o vedendoli o conoscendo il luogo ove si trovano nascosti, non ne informassero le truppe e la civile e militare autorità, verranno immediatamente fucilati. Tutte le capanne di campagna che non sono abitate dovranno essere, nello spazio di tre giorni, scoperchiate e i loro ingressi murati. È proibito di trasportare pane o altra specie di provvigione oltre le abitazioni dei Comuni, e chiunque disubbidirà a questo ordine sarà considerato come complice dei briganti<ref>{{cita web|url=http://www.eleaml.org/sud/briganti/pulizia_etnica.html|titolo= Inserto speciale: 1862, un anno di pulizia etnica piemontese|accesso=31 dicembre 2010}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.sanmarcoargentano.it/ottocento/DEL5062.htm|titolo= Trascrizione integrale dell'editto del 30 marzo 1862 diretto al sindaco di San Marco Argentano}}</ref>}}
L'eco di questo bando arrivò anche a [[Londra]], dove il parlamentare lord [[Alexander Baillie-Cochrane]] affermò che «un proclama più infame non aveva mai disonorato i giorni peggiori del regno del terrore in Francia».<ref>Patrick Keyes O'Clery, ''The making of Italy'', Regan Paul, Trench, Trübner, 1892, p.301.</ref> Il deputato [[Giuseppe Ricciardi (1808)|Giuseppe Ricciardi]] disse alla Camera il 18 aprile [[1863]]: «Questo colonnello Fumel si vanta d'aver fatto fucilare circa trecento briganti e non briganti».<ref>[[Giacomo Margotti]], ''[http://books.google.it/books?id=QGIvAAAAYAAJ&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false Memorie per la storia de' nostri tempi dal Congresso di Parigi nel 1856 ai primi giorni del 1863, Vol. 3]'', Stamperia dell'Unione tipografico-editrice, 1865, p.188.</ref> Anche [[Nino Bixio]], così come molti altri comandanti dell'esercito, presero le distanze dalle decisioni di Fumel.
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