La porta sul buio: differenze tra le versioni

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L'episodio diretto da Argento è senza dubbio il più "argentiano", rispecchiando perfettamente le sue idee già ampiamente esposte nei primi tre lungometraggi. Partendo da una situazione eliminata dalla sceneggiatura originale de ''[[L'uccello dalle piume di cristallo]]'', il regista romano, che qui si firma Sirio Bernadotte, in quanto all’epoca non voleva sminuire la propria immagine apparendo come regista di telefilm, per raccontare l' indagine condotta dal simpatico commissario, fa ampio uso di tutti quegli elementi che portarono al successo i suoi primi film: inquadrature particolarmente studiate e ricercate, l' ossessione per il dettaglio (sopratutto nei confronti dei meccanismi di apertura delle porte dei mezzi pubblici e dei tic del protagonista, che si schiocca continuamente le dita mentre pensa a come risolvere il rompicapo), alcuni notevoli carrelli (in particolare, durante l'interrogatorio di Marco Roviti), l’inscindibile e martellante musica jazz di Gaslini, l'uso delle soggettive per generare curiosità e mistero, una buona dose di ironia e un intelligente umorismo di fondo che pervadono tutto il film (la descrizione dei vari sospettati, la divertente sequenza del mitomane, le gaffe di Morini, sempre bersagliato da Giordani), il "particolare" fondamentale che il protagonista non riesce a decodificare, la risoluzione di momenti drammatici con brevissime scene altamente eloquenti (il principale sospettato che, amanettato tra due carabinieri, urla la propria innocenza nell'aula giudiziaria) ed, infine, la presenza degli immancabili caratteristi [[Fulvio Mingozzi]], Gildo Di Marco, [[Tom Felleghy]], Corrado Olmi.
 
Con questo film Argento conferma di essere ancora affascinato dall'idea antonioniana dell'''ingannevolezza dello sguardo'', costruendo e sciogliendo il nodo giallo della vicenda attorno ad uno spiazzante ed inaspettato "particolare" sfuggente, che viene messo a fuoco da Giordani dopo aver percorso più volte il medesimo tragitto a bordo del tram al fine di risalire al momento del delitto, di cui nessun passeggero sembra essersi accorto. Ma, sopratutto, il regista romano dimostra di aver la padronanza dei tempi del mediometraggio televisivo, riuscendo a mantenere basso il livello di tensione nella prima mezz'ora, per poi caricarla negli ultimi venti minuti, fino a farla esplodere durante la lunga attesa, commentata da una musica ossessiva, nella tesissima sequenza finale, ambientata nell'inquietante deposito dei tram. Buona la caratterizzazione dell'ostinato commissario impressa da [[Enzo Cerusico]], il cui personaggio presenta una certa ambiguità, forse dovuta alla sua testardaggine, visto che, pur di smacherare il colpevole a tutti i costi, non si fa scrupoliesita a utilizzare come cavia la propria fidanzata (Paola Tedesco), la qualeche puntualmente rischierà la vita pur di aiutare il fidanzato poliziotto.
 
Originale e coraggiosa per l'epoca è, infine, la scelta di affidare proprio al commissario il compito di esprimere un messaggio “politico” in chiusura d’episodio: "C’è anche il criminale intelligente, magari ha belle macchine, ville, lusso, può anche sembrare una persona per bene, compie delitti anche lui, eccome, solo che quando andiamo a vedere ci mostra le mani e sono sempre bianche, pulite, immacolate".