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==Contesto storico==
I romani conoscevano l'usanza di proclamare la colpevolezza di un condannato mediante una targa appesa al collo o portata davanti a lui per umiliarlo pubblicamente e deriderlo prima della sua morte. Lo testimoniano quattro fonti romane, tra cui [[Svetonio]] per l'esecuzione di sentenze sui ribelli sotto gli imperatori [[Caligola]] e [[Domiziano]]. [[Cassio Dione]] menziona questa usanza anche nell'occasione di una crocifissione.<ref name="karrer160">{{de}} Martin Karrer, ''Jesus Christus im Neuen Testament'', Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1998, p. 160 sgg.</ref> L'apposizione di una targa sopra il crocifisso, tuttavia, è menzionata solo nel
Dalla morte di [[Erode il Grande]] (4 a.C.) fino alla fine del regno di Pilato (37 d.C.), i Romani attribuirono ai governanti ebrei il titolo di "Re dei Giudei", che tutte le varianti del testo evangelico tramandano insieme. Lo storico ebreo [[Flavio Giuseppe]] registra "re" che guidarono molti ribelli della Giudea <ref>Antiquitates Judaicae 17: 283-285</ref>. Il generale romano [[Publio Quintilio Varo]] crocifisse in gran numero ebrei ribelli che rivendicavano il titolo di re intorno al 6 d.C. <ref>Bellum Judaicum 2:75</ref>. Infatti secondo ''lex Iulia de maiestate'' emanata dall'imperatore Augusto, chi pretendeva il titolo di re nelle province romane senza il permesso imperiale si rendeva colpevole di sommossa (''seditio'', ''perduellio'') e minacciava lo stesso imperatore (''crimen laesae maiestatis''). Dai tempi di [[Tiberio]] (14-37 d.C.), questo delitto era punibile con la crocifissione.<ref>{{de}} Wolfgang Reinbold, ''Der Prozess Jesu'', Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2006, ISBN 3-525-61591-4, p. 84.</ref>
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