Titulus crucis: differenze tra le versioni

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==Il testo dell'iscrizione==
Nelle rappresentazioni artistiche della crocifissione si riporta tradizionalmente come ''titulus'' le sole quattro lettere «INRI», iniziali dell'espressione latina ''Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum'' (letteralmente, «Gesù il Nazareno, Re dei [[Giudea|Giudei]]»), che traduce il testo greco del vangelo di Giovanni. Similmente sui crocifissi delle [[chiesa ortodossa|chiese ortodosse]] l'iscrizione ha le lettere «INBI», utilizzando il testo [[lingua greca|greco]] equivalente ("Ἰησοῦς ὁ Ναζωραῖος ὁ Bασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων"). <br />Osserva il teologo cattolico [[Raymond Edward Brown|Raymond Brown]]<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 2'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 964-965, ISBN 978-0-300-14010-1.</ref> che "Giovanni non solo sviluppa l'iscrizione in un episodio più complesso ma ne cambia il significato" e "la formulazione di Giovanni della dicitura è la più solenne e rimarchevole, come attestato dalla tradizione artistica della croce con un «INRI», dalla supposta scritta latina ''Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum''. La solennità è incrementata dall'indicazione che la scritta era trilingue".
 
Dato che il testo dell'iscrizione era stato trasmesso per via orale per alcuni decenni le versioni riportate dai vangeli canonici sono sorprendentemente simili, anche se differiscono per due importanti particolari.
I vangeli canonici non concordano circa l'iscrizione sul cartiglio e che avrebbe riportato il motivo della condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei» riportano i sinottici ''[[Vangelo secondo Matteo]]'' ({{passo biblico|Mt|27,37}}) e ''Vangelo secondo Luca'' ({{passo biblico|Lc|23,38}}) mentre l'iscrizione è riportata come «Gesù Nazareno, re dei Giudei» nel ''[[Vangelo secondo Giovanni]]'' ({{passo biblico|Gv|19,19}}), dove si riferisce anche che era scritta in [[lingua ebraica|ebraico]], [[lingua latina|latino]] e [[lingua greca|greco]] ({{passo biblico|Gv|19,20}}). Il quarto vangelo afferma anche che, al leggerlo, i capi dei Giudei si recarono da [[Ponzio Pilato]] per chiedere che venisse corretto: secondo loro il ''titulus'' non doveva affermare che Gesù fosse il Re dei giudei, ma che si fosse autoproclamato tale. Pilato rispose ''[[Quod scripsi, scripsi]]'', e si rifiutò di modificare la scritta (''Giovanni'' {{passo biblico|Gv|19,21-22}}). Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 2'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 963-966, ISBN 978-0-300-14010-1.</ref> - nell'evidenziare come le quattro versioni evangeliche siano tutte diverse, "con divertimento se pensiamo a chi ha un approccio letterale ai vangeli" - rileva come la scritta non sembra esser stata fatta come sbeffeggiamento, ma pare sottolineare che "Gesù fu vittima di una falsa accusa" e "ancor più chiaramente che nei Sinottici, Giovanni usa Pilato per esprimere una valutazione teologica".
 
In merito all'uso di tre lingue per un semplice criminale - come riportato dal Vangelo secondo Giovanni<ref>Oltre che essere presente nel Vangelo secondo Giovanni, il riferimento alle lingue è presente in alcuni antichi manoscritti greci del Vangelo secondo Luca ({{cita passo biblico|Lc|23,38}}). Vedi Shmuel Safrai, [https://brill.com/view/book/edcoll/9789047417354/BP000013.xml "Spoken and Literary Languages in the Time of Jesus"] in R. Steven Notley, Marc Turnage, Brian Becker (a cura di), ''Jesus' Last Week, Jerusalem Studies in the Synoptic Gospels'', Volume One. BRILL, 2006, ISBN 978-9004147904, p. 225 e Peter Cresswell, [https://books.google.com/books?id=D47Pim5iozkC&dq=%22The+same+goes+for+the+note+in+Luke+23,+38%22&pg=PT106 ''The Invention of Jesus''], Watkins, 2013, cap. 5, ISBN 9781780286211 «The same goes for the note in Luke 23, 38 that the inscription on the cross was given in three languages: included by scribe A, deleted by Ca [from the [[Codex Sinaiticus]]] and absent in [[Codex Vaticanus]] and P75». Questa lezione potrebbe essere il risultato del tentativo di alcuni copisti di armonizzare il testo di Luca con quello di {{cita passo biblico|Giovanni|19,20}}. Vedi Paul D. Wegner, [https://books.google.com/books?id=kkVFOTsBOAEC&dq=%22luke+23:38%22+versions&pg=PA226 ''The Journey From Texts to Translations: The Origin and Development of the Bible''], Baker Academic, 2004 ISBN 9780801027994, p. 226</ref>- Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 2'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 965-966, ISBN 978-0-300-14010-1.</ref> evidenzia che "possiamo essere ragionevolmente certi che i soldati romani non si sarebbero preoccupati di trascrivere l'accusa ad un criminale in tre lingue. Iscrizioni multilingue erano usate nell'antichità ma solo in eventi solenni, come un proclama imperiale" e quindi "le tre lingue hanno significato simbolico. L'ebraico è la lingua sacra delle Scritture di Israele; il latino è la lingua del conquistatore romano; il greco è la lingua in cui il messaggio di Gesù viene diffuso e scritto"; alcuni antichi copisti variarono, sempre simbolicamente, l'ordine dei testi in "ebraico, greco e latino, ponendo per ultima di importanza la lingua imperiale".
 
Nel XX secolo un erudito ebreo, [[Schalom Ben-Chorin]], avanzò l'ipotesi che la scritta ebraica fosse: "Yeshua haNotzri (u)Melech haYehudim", cioè letteralmente: "Gesù il Nazareno e il Re dei Giudei". In tal caso le iniziali delle quattro parole corrisponderebbero esattamente con il [[tetragramma biblico]], il nome impronunciabile di Dio, motivando con maggior forza le proteste degli ebrei<ref>L'argomento è discusso a p. 117 del libro del papirologo e storico Carsten Peter Thiede, ''Ma tu chi sei, Gesù ?'', Paoline Editoriale, 2005.</ref>.
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InLa meritoprima all'usoè diche treGiovanni linguespecifica perche unil semplicecartello criminaleera -scritto comein riportatotre dallingue: Vangeloebraico, secondolatino Giovanni<ref>Oltree chegreco, esserementre presentei nelsinottici Vangelonon secondodichiarano Giovanniil linguaggio con cui era redatto.<ref>In realtà, il riferimento alle tre lingue è presente anche in alcuni antichi manoscritti greci del Vangelo secondo Luca ({{cita passo biblico|Lc|23,38}}). Vedi Shmuel Safrai, [https://brill.com/view/book/edcoll/9789047417354/BP000013.xml "Spoken and Literary Languages in the Time of Jesus"] in R. Steven Notley, Marc Turnage, Brian Becker (a cura di), ''Jesus' Last Week, Jerusalem Studies in the Synoptic Gospels'', Volume One. BRILL, 2006, ISBN 978-9004147904, p. 225 e Peter Cresswell, [https://books.google.com/books?id=D47Pim5iozkC&dq=%22The+same+goes+for+the+note+in+Luke+23,+38%22&pg=PT106 ''The Invention of Jesus''], Watkins, 2013, cap. 5, ISBN 9781780286211 «The same goes for the note in Luke 23, 38 that the inscription on the cross was given in three languages: included by scribe A, deleted by Ca [from the [[Codex Sinaiticus]]] and absent in [[Codex Vaticanus]] and P75». Questa lezione potrebbe essere il risultato del tentativo di alcuni copisti di armonizzare il testo di Luca con quello di {{cita passo biblico|Giovanni|19,20}}. Vedi Paul D. Wegner, [https://books.google.com/books?id=kkVFOTsBOAEC&dq=%22luke+23:38%22+versions&pg=PA226 ''The Journey From Texts to Translations: The Origin and Development of the Bible''], Baker Academic, 2004 ISBN 9780801027994, p. 226</ref>- Dato che il cartello era verosimilmente lo stesso che Gesù, secondo l'uso romano, aveva portato sul petto durante la salita al Golgota, è probabile che il testo fosse scritto in ebraico o aramaico, in modo che tutta la popolazione potesse leggerlo. I sinottici, tuttavia, non forniscono indizi, anche perché il dettaglio è certamente irrilevante. Il ricupero o l'invenzione di questo dettaglio da parte di Giovanni deve quindi avere un significato importante, fra cui anche disottolineare che il processo di Gesù non era un processo a un criminale comune. Raymond Brown<ref>Raymond E. Brown, ''The Death of the Messiah Vol. 2'', Anchor Yale Bible, 2010, pp. 965963-966, ISBN 978-0-300-14010-1.</ref> evidenzia che "possiamo essere ragionevolmente certi che i soldati romani non si sarebbero preoccupati di trascrivere l'accusa ad un criminale in tre lingue. Iscrizioni multilingue erano usate nell'antichità ma solo in eventi solenni, come un proclama imperiale" e quindi "le tre lingue hanno significato simbolico. L'ebraico è la lingua sacra delle Scritture di Israele; il latino è la lingua del conquistatore romano; il greco è la lingua in cui il messaggio di Gesù viene diffuso e scritto";. alcuniGiovanni, antichiquindi, copistiaffida variarono,al semprepotere simbolicamenteimperiale il compito di proclamare la regalità di Gesù, l'ordineil dei"figlio testidi Davide" in ottemperanza alla profezia di Ezechiele 37,25: "ebraicoDavide mio servo sarà loro re per sempre". Come afferma Raymond Brown, greco"ancor epiù latinochiaramente che nei Sinottici, ponendoGiovanni perusa ultimaPilato diper importanzaesprimere launa linguavalutazione imperialeteologica". Analogamente, pochi capitoli prima, Giovanni aveva affidato alle parole del sommo sacerdote Caifa l'enunciazione del valore redentivo del sacrificio di Gesù (Gv 11,47-52).
 
Il secondo dettaglio che differenzia il vangelo di Giovanni dai sinottici è la specificazione di Gesù come il "nazareno", un dettaglio apparentemente marginale. Anche se fosse stato storicamente presente sul cartiglio, c'è da stupirsi che Giovanni l'abbia reinserito più che del fatto che i sinottici l'avessero omesso. Questo dettaglio letterario si comprende solo considerando un altro brano di Giovanni e l'intuizione di uno studioso ebreo:
* Il quarto vangelo afferma anche che, alla lettura del cartiglio, i capi dei Giudei si recarono da [[Ponzio Pilato]] per chiedere che venisse corretto: secondo loro il ''titulus'' non doveva affermare che Gesù fosse il Re dei giudei, ma che si fosse autoproclamato tale. Pilato rispose ''[[Quod scripsi, scripsi]]'', e si rifiutò di modificare la scritta (''Giovanni'' {{passo biblico|Gv|19,21-22}}).
* Nel XX secolo un erudito ebreo, [[Schalom Ben-Chorin]], avanzò l'ipotesi che la scritta ebraica fosse: "Yeshua haNotzri (u)Melech haYehudim", cioè letteralmente: "Gesù il Nazareno (e) il Re dei Giudei". In tal caso le iniziali delle quattro parole corrisponderebbero esattamente con il [[tetragramma biblico]], il nome impronunciabile di Dio, motivando con maggior forza le proteste degli ebrei<ref>L'argomento è discusso a p. 117 del libro del papirologo e storico Carsten Peter Thiede, ''Ma tu chi sei, Gesù ?'', Paoline Editoriale, 2005.</ref>.
 
==Il ''Titulus'' di Roma==